Gherardo Colombo: “Pm in politica? Sì, ma a certe condizioni”

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Gherardo Colombo

LECCO – “Bisogna rivedere il rapporto tra cittadini e regole, nel tentativo di insegnare alle persone come gestire la propria libertà e come diventare responsabilmente liberi”. E sul tema dei pm candidati in politica? “Dovrebbero lasciare definitivamente la magistratura e aspettare che trascorra del tempo prima di candidarsi a tutti gli effetti”. Queste le tematiche più significative emerse durante l’incontro con l’ex magistrato Gherardo Colombo, che si è tenuto nella serata di martedì presso la sala Don Ticozzi di Lecco.

Un appuntamento, questo, promosso dal Comitato lecchese per Ambrosoli Presidente e che ha visto la presenza sul palco accanto a Colombo di Marco Deriu, capolista di Lecco nella lista civica di Ambrosoli. Tema centrale dell’intera serata, come si può immaginare visto l’ospite d’eccezione, quello delle regole e della legalità, tematiche alle quali lo stesso programma di Ambrosoli dedica grande attenzione.

Colombo, ex magistrato noto per aver contribuito a inchieste come quella sulla P2, sul delitto Giorgio Ambrosoli, su Mani pulite e sui processi Imi-Sir/Lodo Mondadori/Sme e attualmente presidente dell’associazione “Sulle regole”, ha quindi incentrato buona parte del suo intervento sull’importanza di dare vita a un migliore rapporto tra i cittadini e, appunto, le regole, queste ultime pensate “per garantire – spiega – una distribuzione equa di diritti e doveri. Prima della stesura della Costituzione i diritti e i doveri erano, infatti, distribuiti in modo discriminato: le regole servono quindi per renderci liberi, per porci tutti sullo stesso piano di fronte alla legge”.

Certo, però, in Italia capita che le regole non vengano rispettate. Un fenomeno, questo, che secondo l’ex magistrato non riguarderebbe solo le alte cariche ma anche il singolo cittadino. “Se dovessimo confrontare la situazione attuale con Tangentopoli – afferma – potrei dire che sostanzialmente poco è cambiato: credo sia un fenomeno culturale, che porta noi italiani a non rispettare le regole se possiamo averne un vantaggio. Questo succede a tutti i livelli, anche quando accettiamo che un medico non ci dia la fattura per avere uno sconto. Negli anni Novanta – continua – la questione riguardava soprattutto il finanziamento illecito ai partiti, mentre ora si tratta della tendenza ad approfittare delle situazioni, ma nella sostanza è sempre un non rispetto delle norme”.

Ma se per Colombo si tratta di una questione culturale, che sempre e comunque sembra portare il cittadino italiano ad aggirare le regole, come uscire da questa situazione? “Intervenendo sull’educazione – risponde con fermezza il presidente di “Sulle regole” – non solo intesa come istruzione ma come una serie di azioni volte a insegnare ai cittadini che cosa significa gestire con maturità la propria libertà. In Italia la scarsa fiducia nei confronti delle relazioni tra le persone è un fenomeno endemico, che ha portato a preferire a un modello culturale quello della gabbia di regole, chiaramente troppe e difficili da gestire. Se il modello diventasse, invece, culturale e se le persone capissero l’importanza del rispetto dell’altro, allora le regole potrebbero diminuire. Ritengo che l’educazione sia alla base di tutto, in quanto fornisce la conoscenza necessaria per sviluppare una buona capacità di scelta e, quindi, garantire davvero la libertà dell’individuo, il quale non delega più ad altri le scelte”.

Ma come dovrebbe essere, quindi, la Lombardia secondo la lista Ambrosoli? “Dobbiamo ripartire da dove ci siamo fermati – spiega il capolista lecchese Deriu – ossia dallo scandalo che ha svelato la presenza di un’infiltrazione malavitosa nel consiglio regionale. Vogliamo mettere mano al sistema ed eliminare qualsiasi forma di clientelismo e le corsie preferenziali in tutti gli ambiti, dalla sanità ai bandi di concorso”. “Spero che la Lombardia – aggiunge Colombo – voglia investire, come ho spiegato, sull’educazione”.

E cosa dire a tutti coloro che oggi manifestano una forte sfiducia nella politica e affermano che tutti i candidati sono uguali, senza alcuna distinzione? “Chi si tira fuori dal dibattito diventa un suddito – riprende l’ex magistrato – Democrazia significa governo del popolo, ma se quest’ultimo si distrae e si disinteressa alla politica, allora a governare ci pensa qualcun altro che ha ben chiari i suoi personali interessi. In generale credo sia più facile obbedire che partecipare in modo attivo, in quanto nel primo caso di delega ad altri e non ci si compromette, mentre nel secondo si fa fatica, si spende del tempo, bisogna informarsi e riflettere”.

Ma la vera stoccata arriva alla fine, quando il candidato lecchese al Senato per Sel Tino Magni domanda a Colombo cosa ne pensa dei magistrati che si candidano in politica. Un chiaro riferimento, questo, al leader di Rivoluzione Civile Antonio Ingroia (ma anche a Pietro Grasso, sceso in campo con il Pd). “Non voglio giudicare i miei ex colleghi. Quello che posso dire è cosa avrei fatto io al loro posto. Innanzitutto credo che una candidatura debba coincidere con le definitive dimissioni dalla magistratura. Non è pensabile occuparsi per un po’ di politica e poi tornare al proprio lavoro. In secondo luogo credo che sarebbe opportuno lasciare trascorrere del tempo dal momento delle dimissioni alla effettiva scesa in campo. Non si può essere il giorno prima magistrato e il giorno dopo candidato”.

La serata ha visto la presenza anche il sindaco di Lecco Virginio Brivio, e del presidente di Appello per Lecco Rinaldo Zanini, associazione che, come si sa, sostiene la lista di Ambrosoli.

 

 

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