LECCO – Grande parata di politici sabato per festeggiare i 25 anni della scuola elementare “Pietro Scola” di Rancio. Nel convegno che si è tenuto al Teatro della Società, erano presenti, oltre alla direttrice dell’istiuto Anna Maria Formigoni e al presidente della Fondazione Don Giovanni Brandolese Plinio Agostoni, anche il ministro per i Beni e le Attività Culturali Lorenzo Ornaghi, il sindaco di Lecco Virginio Brivio, il prefetto Marco Valentini, il sentore Antonio Rusconi, l’assessore regionale alla famiglia Giulio Boscagli, l’assessore provinciale al territorio Gianluca Bezzi, il prevosto di Lecco don Franco Cecchin, l’assessore all’Istruzione del comune di Lecco Francesca Bonacina, oltre al consigliere provinciale e comunale Filippo Boscagli.
All’esterno, in Piazza Garibaldi, i bambini in festa hanno atteso la fine del convegno e all’uscita del ministro Ornaghi, hanno lanciato in aria un centinaio di coloratissimi palloncini, con all’interno un messaggio, in segno di speranza. A celebrare il ministro, oltre agli alunni della “Pietro Scola”, erano presenti anche gli studenti della scuola media “Massimiliano Kolbe”.
Il convegno che ha avuto come titolo: “Ci saranno uomini all’altezza delle sfide del nostro tempo?” è stato organizzato per celebrare dei 25 anni della scuola elementare Pietro Scola, ed è stato chiuso dall’intervento del ministro per i Beni e le attività culturali Ornaghi, già rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
Il ministro, dopo aver voluto sottolineare che aveva accettato l’invito della “Pietro Scola” quando era ancora rettore dell’università cattolica, e che mai si sarebbe immaginato di arrivarci da ministro, ha incentrato il suo discorso sul ruolo dell’educazione, ragionando sia dal lato dei giovani, sia dal lato degli educatori: «I giovani oggi vivono in una condizione di paura da una parte, e di apatia emozionale dall’altra. In questo contesto l’educazione è a maggior ragione essenziale, sebbene molto più complessa.»
«Raccogliere la sfida educativa è imporante per tutti noi, ma sopratutto per i giovani e per gli educatori. Per poter essere efficaci in questo, è fondamentale il ruolo delle motivazioni e delle convinzioni, che inevitabilmente si attingono da cuore e ragione. Come dice il Manzoni: “Certo, il cuore, chi gli dà retta, ha sempre qualche cosa da dire su quello che sarà. Ma che sa il cuore?”.
Ma non tutte le ragioni o motivazioni portano ad azioni ugualmente valide: ci sono azioni nobili e azioni meno nobili. È importante quindi che le motivazioni che spingono da una parte i ragazzi a crescere, e dall’altra gli educatori a svolgere il loro ruolo, siano le migliori.
E la linfa, la motivazione più nobile è certamente quella che ci comanda il cuore: ovvero il desiderio la bellezza.
La bellezza è in sè un valore universale, radicato nella nostra natura razionale. Per le persone di fede, la bellezza coincide nella tensione verso Dio.
Il desiderio di bellezza è in noi innato, è congenito all’uomo ed è presente in ogni irripetibile persona. Il desiderio di bellezza, può essere declinato come il bisogno di senso, la tensione naturale dell’uomo verso ciò che sta sopra di lui. A volte a questo bisogno l’uomo risponde con la religione, con la ricerca del sacro. Ma sicuramente, in senso più lato, risponde per prima cosa con la cultura. La cultura è infatti non è che uno dei modi più belli di rispondere al desiderio di bellezza.
A “cultura” possiamo dare tanti signifiticati: è l’intelligenza della mano, delle capacità tecniche; è l’inisime delle competenze che acqusiamo, attraverso lo studio; è anche l’insieme delle competenze linguistitche, che putroppo stiamo smarrendo sempre più spesso.
Noi italiani abbiamo la fotuna di vividere in un luogo dove è nata la maggior parte della cultura europea e dell’occidente. Ma ora questo luogo, e la cultura che contiene, è così fragile, e ha bisogno di attente cure.
E spesso la più grande minaccia per il nostro patrimonio culturale siamo proprio noi, con le nostre scelte di incuria da una parte, e gli scempi che quest’immenso patrimonio culturale subisce quotidianamente dall’altra. E questi non sono che figli proprio di questa in-educazione, dello smarrimento della cultura come risposta al nostro bisogno di bellezza.
Perciò educare diventa quindi anche un mezzo per salvaguardare la nostra cultura. Noi sappiamo che il pregiudizio bolla la cultura come un fardello, un costo, è minoritario. La cultura è lo specchio della nostra cività ed è l’elemento fondativo della nostra identità nazionale.»
Ma la cultura deve anche permettere ai ragazzi di guardare al futuro con speranza. Miskin, ne “L’idiota” di Dostoijvsky, dice: “La cultura salverà il mondo”. Noi dobbiamo educare i ragazzi, fornendogli quell’adeguata dimensione culturale che gli permettà di crarsi le categorie di interpretazione del presente. E se i nostri ragazzi saranno forti della loro cultura, il futuro non gli capiterà addosso, ma sarà il frutto della nostra, della loro libertà, della loro intelligenza, della loro capacità di operare con successo. È con la cultura che i ragazzi possono sconfiggere la paura per un futuro incerto, e soddisfare il loro desiderio di bellezza.»
Il ministro ha poi concluso citando papa Benedetto XVI: «La bellezza colpisce, ma proprio così richiama l’uomo al suo destino ultimo, lo rimette in marcia, lo riempie di nuova speranza, gli dona il coraggio di vivere fino in fondo il dono unico dell’esistenza.»