LECCO – “Insieme a voi vogliamo ribadire il nostro ‘no’ al terrorismo e il ‘sì’ alla possibilità di vivere assieme nelle comunità e nei territori, come già stiamo facendo. Noi pensiamo che questo sia possibile e vogliamo che voi ci aiutiate a far sì che le nostre siano comunità di pace”.
Sono le parole che il vicesindaco di Lecco, Francesca Bonacina, ha voluto esprimere alla comunità musulmana di Lecco al termine del momento di preghiera al centro islamico di Chiuso. Un momento simbolico quello che si è tenuto venerdì mattina nel rione lecchese, alla presenza anche del consigliere comunale Antonio Pattarini e di don Angelo Cupini, a seguito degli attentati della scorsa settimana a Parigi.
“Prima di ogni comunità civile e religiosa, c’è una comunità umana – ha sottolineato Bonacina – siamo tutti persone con gli stessi bisogni e lo stesso desiderio di stare bene, di fare il bene dei nostri cari. L’auspicio è che insieme, anche nel quotidiano, riusciamo a dimostrare che c’è una comunità umana oltre ogni tipo di divisione”.
La strage di venerdì nella capitale francese ha creato grande preoccupazione in tutta Europa ed anche a Lecco l’incubo terrorismo fa paura: per questo è stata recepita con grande preoccupazione la rivelazione del programma “La gabbia” di La 7 su possibili focolai di estremismo islamico nel capoluogo lecchese.
Un contesto che rischia di creare diffidenza verso la comunità musulmana che vive e che si è integrata nel territorio lecchese. Lo sa bene la guida spirituale di questa comunità, l’imam Usama El Santawy (a breve l’intervista):
“Il mondo ha puntato ancora una volta il dito su di noi, per colpa di 20 persone che, con le loro violenze, gettano discredito su un milione di musulmani che vivono in Italia e su un miliardo di musulmani nel mondo – ha detto l’imam rivolgendosi ai fedeli – ci saranno musulmani che pregheranno come noi ma il loro recitare il Corano non scenderà sotto la loro gola, diceva il nostro profeta Maometto, prevedendo tutto questo. Perché non basta celebrare il Corano o sbandierare una bandiera per dirsi musulmani. Il nostro esempio è Maometto, non vi è un atto di violenza nella sua storia. Quali sono le prove di chi compie violenza nel suo nome?”
L’imam ha invitato i musulmani lecchesi a rompere il muro della diffidenza e a mostrare “il vero volto dell’Islam, quello del fare del bene al proprio vicino, quello dell’ospitalità. Apriamoci a loro – ha proseguito – La nostra moschea è aperta a chiunque voglia conoscerci. Vogliamo il dialogo e l’amicizia”.
“Vi chiameranno terroristi, negri, vi insulteranno – ha continuato Usama – voi fategli capire chi siamo veramente. Perché non dovremo più ribadire che questi atti di violenza non ci appartengono, saranno i nostri amici non musulmani, i nostri vicini di casa, i nostri colleghi di lavoro, conscendo quello che siamo, a prendere le nostre difese”.