Lettera. Cfpa e ristoranti: “Ma quale concorrenza sleale?”

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Lettera, penna, scrivereLECCO –Riceviamo e pubblichiamo:

“Vi invio questa lettera per ricordare al presidente di Fipe Marco Caterisano ed al direttore di Confcommercio Lecco Alberto Riva, il vero significato del termine ” concorrenza sleale” da loro utilizzato nel criticare la scelta di organizzare un pranzo di matrimonio della scuola alberghiera Cfpa di Casargo.

Con “concorrenza sleale” si indica in ambito economico-produttivo, l’utilizzo di tecniche, pratiche, comportamenti e mezzi illeciti per ottenere un vantaggio sui competitori o per arrecare loro un danno.

Quindi, di quali mezzi illeciti si tratta se la struttura alberghiera emette regolari fatture e scontrini fiscali e se dispone delle necessarie autorizzazioni? Quale danno può aver creato ad inesistenti competitori visto che in Valsassina non esistono ristoranti in grado di organizzare pranzi di matrimonio per quasi 300 persone? Quale comportamento scorretto vi è nella scelta di una scuola alberghiera di organizzarsi per poter offrire un servizio di ristorazione per soli eventi con un numero di partecipanti superiore a 200, proprio per non mancare di rispetto agli operatori locali? Per quale motivo si parla di concorrenza sleale solo quando si tratta di un pranzo privato di certe dimensioni, ed invece va tutto bene quando alla stessa struttura si chiede la collaborazione con prezzi scontati???

Non vi è forse un po’ di incoerenza??? E con quale coraggio la Confcommercio afferma di voler continuare con “piacere” i rapporti con la Cfpa se poi invita il presidente della provincia Nava a metter le cose in chiaro, sottolineando che si tratta dell’ istituzione che sovvenziona la scuola??? Perchè si va a criticare una situazione che non ha fatto altro che permettere l’investimento di denaro pulito sul notro territorio ed invece non si pensa a tutelare gli associati da altri reali fenomeni scorretti, quali ad esempio tutte quelle feste paesane e non, che da maggio a settembre invadono i comuni lecchesi e durante le quali si somministrano alimenti e bevande?

In queste circostanze , non sarebbe positivo incentivare convenzioni con bar, ristoranti e trattorie anzichè permettere che cuochi improvvisati diano da mangiare e bere a prezzi ridotti ( rispetto naturalmente a chi lavora tutto l’anno per pagare tasse, dipendenti e per rispettare le norme igienico-sanitarie)??? Non sarebbe questo un modo più corretto, leale e coerente per tutelare i propri associati??? Tengo a precisare che la mia è l’opinione di una semplice cittadina, che per anni ha lavorato nel settore del commercio, sia come dipendente sia come titolare e che attualmente non ha alcun tipo di contatto nè con la scuola di Casargo nè con la Confcommercio.

Mara Orlandi Arrigoni