MANDELLO – La sua storia è certamente commovente, anche perché la sua vita è finita tragicamente un giorno di maggio di tre anni fa su una strada dell’Afghanistan. Lui è Luigi Pascazio, caporalmaggiore degli alpini, una delle due vittime della bomba fatta esplodere a Herat un mattino di primavera del 2010.
Con lui, pugliese di Bari, in quell’attentato alla colonna di mezzi del contingente italiano Isaf aveva perso la vita anche il sergente Massimiliano Ramadù, trentatreenne di Velletri, in provincia di Roma, mentre altri due militari erano rimasti gravemente feriti.
Pascazio si trovava su un blindato Lince che faceva parte di una colonna di automezzi in fase di spostamento nel Nord-est del Paese, in un’area controllata dalle forze italiane, quando un’esplosione aveva investito il mezzo posizionato nel nucleo di testa. Il blindato si stava spostando con altri veicoli di diverse nazionalità in direzione di Bala Murghab, nel Nord dell’Afghanistan.
La notizia della morte del caporale Pascazio era arrivata in Puglia poco dopo la tragedia, comunicata al padre, un poliziotto in servizio alla Questura di Bari al momento dell’attentato. Luigi era originario di Bitetto, cittadina di 11.000 abitanti, e viveva appunto con il padre, con mamma Maria e con la sorella Valentina. Il sottufficiale, venticinquenne, era di stanza a Torino. Aveva vinto nel 2006 il concorso da volontario in ferma prefissata di quattro anni e faceva parte della Brigata Taurinense con base presso la caserma Garibaldi di corso IV Novembre.
Per Pascazio si trattava della prima missione all’estero, mentre in precedenza aveva partecipato a tre missioni in Italia: per due volte nell’operazione “Domino” e una volta in un’operazione di sicurezza in pattuglie miste. Era partito per il Medio Oriente nel marzo del 2010, dunque soltanto due mesi prima dell’attentato.
La vita e il nome di Luigi Pascazio si legano a filo doppio agli alpini del gruppo di Mandello. Nel 1993, quando il futuro caporale delle penne nere aveva soltanto 8 anni, si trovava infatti con i genitori a Bitetto, come detto suo paese d’origine, proprio assieme ai “veci” e ai “bocia” mandellesi quell’anno in trasferta in Puglia per l’annuale adunata nazionale dell’Ana. Un alpino di Mandello gli mise in testa il proprio cappello e gli scattò alcune foto. Luigi di quel cappello e di quella penna si innamorò da subito, al punto da fargli dire che da grande avrebbe fatto l’alpino. E così andò.
Abbandonata la ferma obbligatoria, Pascazio scelse di fare il militare di professione e chiese espressamente di far parte delle truppe alpine. E da quel giorno del 1993 la sua famiglia è sempre rimasta in contatto con gli alpini di Mandello e lunedì prossimo sarà sul Lario per ricordare Luigi e raccontare la sua storia, così tragicamente conclusa in Afghanistan come detto esattamente tre anni fa.
Il gruppo mandellese dell’Ana ha infatti organizzato appunto per lunedì 3 giugno, al Teatro San Lorenzo di via XXIV Maggio, una serata dal significativo titolo “Storia di Luigi Pascazio, il ragazzo nato con l’uniforme”. L’ingresso sarà libero a tutti. A condurre la serata sarà Emiliano Invernizzi.