DERVIO – Lo troviamo alla Spiaggia del Pontile di Dervio, mentre in tutta calma ripone nel baule dell’auto la sua compagna di vita: la macchina fotografica. “Sono qui per fare foto ad alcuni amici col Windsurf perché mi hanno chiesto un favore, altrimenti da settembre a ottobre ho fatto solo 30 foto, non di più”.
Se non lo conoscessimo, ci verrebbe da dire: “Si, come no!”, ma schiettezza e sincerità sono sempre state prerogative di Silvio Sandonini. Poi, che abbia il suo bel caratterino è risaputo (da molti); ma avere a che fare con Silvio è un po’ come andar per more: per raccoglierle senza pungersi bisogna saperci fare.
Classe 1958, derviese doc, sposato con Patrizia dalla quale ha avuto una figlia, Noemi che da poco lo ha fatto diventare nonno del piccolo Nicolò: “E’ la cosa più importante della mia vita”, sottolinea mentre gli si illuminano gli occhi.
Fotoreporter da una vita, Sandonini ha raccontato con i suoi scatti quasi 30 anni di storia dell’Alto Lago e della bassa Valtellina, collaborando con tutte le testate giornalistiche locali, con alcune nazionali arrivando a piazzare qualche servizio anche su quelle internazionali come il New York Times.
Dal primo settembre scorso è ufficialmente in pensione. Ha lasciato il suo lavoro in punta di piedi, così com’era entrato a metà Anni ’80 iniziando a collaborare con il Giornale di Lecco.
“Fu l’amico e giornalista Francesco Orio che mi propose di iniziare, presentandomi in redazione dove incontrai in qualità di capo redattore Claudio Bottagisi”.
Come fosse un vecchio rullino Silvio riavvolge il nastro dei ricordi: “La passione per la fotografia sbocciò da giovanissimo grazie al professore Vito Plazzotta che mi insegnò a sviluppare le foto in bianco e nero e ad utilizzare l’ingranditore. Fu amore a prima vista. Iniziai a divorare libri e riviste, a frequentare corsi e il Foto Club Lecco, partecipando anche a numerosi concorsi. Ricordo ancora la mia prima macchina fotografica, una Pentax ME Super”.
Fotografo per passione, metalmeccanico di professione: “Era il 1975, avevo 17 anni, quando iniziai a lavorare come montatore presso la ditta Redaelli che aveva diverse sedi in Italia, una anche a Dervio. Ero spesso in trasferta e grazie al mio lavoro ho potuto girare il mondo, ma quando tornavo a Dervio, tra lago e monti, mi si apriva il cuore apprezzando ogni volta sempre di più le bellezze dei nostri luoghi. Alla Redaelli ci sono rimasto fino al 1998, anno in cui chiuse i battenti. A quel punto, decisi di fare il salto, diventando fotoreporter a tutti gli effetti”.
Prima al Giornale di Lecco, poi alla Gazzetta di Lecco facendo parte della squadra che fondò quello che fu il nuovo settimanale di Lecco, poi divenuto bisettimanale, chiuso nel 2015; quindi la collaborazione con il quotidiano La Provincia di Lecco con l’allora direttore Gigi Riva e successivamente a Il Giorno “dove- aggiunge Silvio – ho trovato il mio miglior compagno di lavoro, Stefano Cassinelli, con il quale non ho mai avuto uno screzio. Abbiamo sempre lavorato in simbiosi. E’ stato bello poter collaborare con una persona come lui”.
“Quando la Redaelli chiuse – prosegue Silvio – avevo già aperto la partita Iva e non ebbi modo di usufruire della disoccupazione. Fortuna volle che proprio in quel periodo stava per aprire l’edizione di Sondrio della Provincia. Grazie al direttore Riva mi diedero anche la zona della bassa Valtellina e la fotografia divenne la mia unica professione. Con la liquidazione comprai, su consiglio del collega e amico Sandro Albani, scomparso nel 2010, una macchina fotografica Nikon F5 e una Nikon F90 X con l’intero parco ottiche”.
Erano ancora i tempi dell’analogico: “Le fotografie si dovevano sviluppare in camera oscura, si usavano i rullini. Ne utilizzavo così tanti che iniziai a costruirmeli acquistando i rotoli di pellicola. A quei tempi la consegna delle foto doveva essere fatta ‘brevi manu’ e così, andavo in stazione a Dervio, consegnavo la busta con le fotografie al capotreno, il quale a Lecco le consegnava a sua volta ad un giornalista del Giornale di Lecco che lo aspettava in stazione. Altri tempi. Poi con l’avvento del digitale è cambiato tutto, sia il mondo della fotografia così come la professione del fotoreporter, figura divenuta sempre meno importante e fondamentale all’interno delle redazioni. Oggi chiunque può scattare buone foto persino con un semplice telefonino”.
Ma Sandonini ha saputo fare di necessità virtù, “Nonostante capivo che quello che stava avanzando e si stava imponendo non era il mio mondo, mi sono adattato. Con la nascita dei giornali online mi rodevo il fegato, soprattutto nel vedere il servizio del giovane giornalista e fotografo pubblicato quasi in real time, mentre i miei servizi andavano in stampa il giorno dopo sul giornale cartaceo. Poi pian piano ci ho fatto l’abitudine e nel contempo ho iniziato a collaborare anche con gli online. Devo dire, in tutta sincerità, che vedere il frutto del proprio lavoro pubblicato di lì a poco in Rete mi ha fatto ritrovare quella soddisfazione che avevo un po’ perso. L’ultima collaborazione prima della pensione è stata con voi, di Lecconotizie.com“.
Se gli scatti con cui Silvio ha raccontato fatti, storie, emozioni, ricordi del nostro territorio sono innumerevoli e impossibili da contare, anche gli aneddoti che hanno costellato la sua professione e la sua vita non sono pochi.
“Ricordo l’ispezione fiscale della Finanza nel 1987. Qualcuno aveva pensato di farmi un ‘regalino’ forse per invidia del doppio lavoro o chissà. Fatto sta che i Finanzieri bussarono alla porta di casa e fecero le loro indagini. Ovviamente non trovarono nulla fuori posto. Quello che invece mi fece ridere fu l’inventario del mio materiale di lavoro realizzato insieme al Tenente. Lui scriveva, io gli elencavo il materiale: un ingranditore, tre bacinelle per lo sviluppo, 5 porta negativi… ad un certo punto gli dissi: ‘Tenente, così non finiamo più, non è meglio tagliare corto e scrivere un set per lo sviluppo?’. A quel punto lui si voltò, mi guardò e mi rispose: “Sandonini, si decida, è uno o sono sette?”. Scoppiai a ridere e ancor di più dopo, quando gli dovetti spiegare il motivo della mia risata con il Tenente che chiosò: ‘Sandonini ci fu uno qui pro quo’. Un altro aneddoto divertente riguarda la riproduzione della foto tessera di un defunto. Mi recai in un paese della Valtellina, arrivai a casa del defunto e venni accolto dalla moglie. Le dissi cosa avrei dovuto fare, ma lei capì male e pensando che dovessi fare una foto alla salma, mi chiese: ‘Go de dervich i’occ?’, tradotto, devo aprirgli gli occhi?’. Anche quella volta non riuscì a trattenere la risata”.
Assieme ad aneddoti divertenti ci sono anche quelli meno simpatici: “Ricordo quella volta in cui venni insultato e preso a schiaffi da un motociclista che poi risultò essere un Carabiniere. Nel mio lavoro sono sempre stato professionale e rispettoso di tutte le situazioni e i contesti. Così fu quella volta. Ci fu un incidente in moto, purtroppo mortale. Raggiunsi il luogo del sinistro, mi avvicinai con discrezione, sfilai davanti alla salma facendomi il segno della croce e mi diressi verso la moto per scattare le foto. Era il mio lavoro. A quel punto venni aggredito. L’amico del motociclista deceduto mi insultò, mi schiaffeggiò, mi diede dello sciacallo e ci fu chi mi sputò addosso. La vicenda finì ai piani alti del mio giornale e all’Ordine dei Giornalisti di Milano, arrivando infine al Comando dei Carabinieri di Lecco, da dove ricevetti una telefonata di scuse. Da quell’episodio nacque un’amicizia che dura ancor oggi, proprio con quel Carabiniere che quel giorno sfogò su di me la rabbia e il dolore dell’amico perduto”.
Accanto agli aneddoti ci sono un’infinità di fatti e avvenimenti che Sandonini ha raccontato con i suoi scatti, come il “caso Bariffi”. “Fui il primo a sapere del ritrovamento del corpo in fondo al lago da parte dei sub. Riuscì ad avere foto uniche di quel brutto fatto di cronaca. Mi intervistarono persino due televisioni giapponesi”. E ancora, ricorda quel giorno in cui si ritrovò a documentare il drammatico incidente avvenuto proprio a Dervio, dove si scontrarono una Porsche e una moto: “Di li a poco si scoprì che sull’auto viaggiava il padre e sulla moto il figlio che morì nello scontro”.
Un lavoro, quello del fotoreporter, che Sandonini ha sempre svolto con l’anima e con il cuore: “Non c’è dubbio che si fa più fatica a lavorare in ditta, ma quando finisci e stacchi la spina ti riappropri del tuo tempo. Con questo lavoro non è così. Se fai il fotografo per un giornale non stacchi praticamente mai. Devi essere sempre pronto. Le notizie non hanno orario. Oggi che sono in pensione, mi sono accorto di essere ritornato padrone del mio tempo ed è una cosa impagabile”.
E adesso? “Adesso oltre a fare il nonno ho scoperto una nuova passione: quella per la bicicletta… rigorosamente assistita. Mi diverto un sacco. Di tanto in tanto rispolvero la mia macchina fotografica, del resto il primo amore non si scorda mai”.
Rimpianti, rimorsi Silvio non ne ha: “Tornassi indietro rifarei ancora tutto. L’unica cosa che mi ha deluso è stato forse il finale: vedere prima la mia professione bistrattata da molti, fagocitata dal digitale e da un mondo che va sempre più veloce. E poi il traguardo del pensionamento raggiunto nell’indifferenza di molti colleghi. Il mondo è cambiato anche in questi aspetti e visto da questa prospettiva posso dire di non aver alcuna nostalgia del mio lavoro. Inizio una nuova vita, quella da pensionato, e lo faccio col sorriso”.