LECCO – E’ il Pm10, ovvero le polveri sottili, il principale problema dell’inquinamento ambientale nell’area lecchese: gli altri indicatori relativi alla qualità dell’aria sarebbero ben al di sotto dei limiti di guardia e in costante discesa, al contrario in provincia di Lecco viene annualmente superata la soglia giornaliera di 50 mg/m3per oltre 35 giorni all’anno.
Un problema che tocca in modo particolare la zona del meratese che, nel recente passato, ha conosciuto il picco del fenomeno tra il 2004 e il 2006 arrivando a sfiorare una media annuale di 70 µg/m3 e un picco di 180 sforamenti giornalieri, per poi iniziare negli ultimi anni una progressiva discesa con i dati del 2014 che hanno rilevato una media annuale intorno ai 30 µg/m3.
Va meglio per l’area del lago, grazie anche ad una maggiore esposizione alle correnti d’aria e per un numero maggiore di precipitazioni, sottolineano gli esperti di Arpa: tranne che nel 2002, quando si è superato il limite consentito, la media annuale di Pm10 rilevato nell’area di Lecco città è risultata essere sempre sotto la soglia d’allarme e lo stesso vale per quanto rilevato dalle centraline di Valmadrera e Moggio. Tranne che nel 2014, anno caratterizzato da una grande concentrazione di precipitazioni, dal 2001 al 2013 anche Lecco ha dovuto però fare i conti con sforamenti giornalieri superiori ai 35 consentiti.
Il trend per il 2015 vedrebbe un peggioramento del fenomeno, favorito anche da un meteo migliore rispetto ai primi tre mesi del 2014, con la concentrazione di Pm10 tornata a salire, seppur restando mediamente al di sotto dei 40 µg/m3.
Da gennaio si sono già verificati 14 superamenti del limite quotidiano a registrati dalle stazioni di rileva mento di Lecco, addirittura 31 a Merate, 20 a Valmadrera e 3 rilevati dalla stazione di Moggio.
A differenza di quello che si potrebbe pensare, le maggiori emissioni di polveri sottili non dipendono dal traffico veicolare (in Lombardia al secondo posto con il 25% sul totale delle emissioni prodotte) ma dalle combustioni non industriali, ovvero da camini e stufe a legno (44,9%). Nel lecchese, camini e stufe producono ogni anni ben 375 tonnellate di Pm10 contro le 4 tonnellate prodotte invece dall’uso di metano e GLP.
Questo è quanto emerso dal convegno “Che aria tira” organizzato dall’ASL di Lecco e che venerdì mattina ha riunito i referenti dell’azienda sanitaria locale, di Arpa, Ospedale, Legambiente e Comune di Lecco per un focus sul tema dell’inquinamento ambientale sul nostro territorio e le problematiche per la salute, coordinato del direttore sanitario di Asl Lecco, Antonio Gattinoni e inaugurato dal direttore generale di Asl , Paolo Moroni, seguito nei saluti dal direttore di Api Lecco, Mauro Gattinoni.
Un approfondimento che ha messo in luce come anche l’ozono, a pari del Pm10, rappresenti una delle principali fonti di inquinamento dell’aria che respirano i lecchesi. Anche in questo caso si parla di superamenti giornalieri della soglia prevista a tutela della salute pubblica: praticamente in tutta la provincia (ad eccezione in questo caso dell’area di Merate dove i valori risulterebbero più bassi), negli ultimi 15 anni si è andati ben oltre le 25 giornate di sforamento consentite. I dati peggiori sono rilevati dalla stazione di Moggio che tra il 2009 e il 2011 ha superato il limite mediamente 100 giorni all’anno.
“L’ozono è un inquinante secondario che si genera da reazioni fotochimiche tra composti organici volatili e ossidi di azoto – hanno spiegato Vanda Berna, direttore dei Dipartimenti Lecco e Sondrio di Arpa, e Anna De Martini, del Settore Monitoraggi Ambientali – si concentra in modo particolare nel periodo estivo e nelle aree rurali, nel lecchese quindi in Brianza e nell’area delle Prealpi”.

Un legame, quello tra salute e problematiche dell’aria, oramai noto come sottolineato dal dott. Fabrizio Limonta, Resp. Servizio Epidemiologia e Programmazione dell’ASL di Lecco: “Sono due gli effetti che le sostanze presenti nell’aria possono provocare sulla salute delle persone – ha spiegato il dottore – di tipo acuto, che si manifestano a pochi giorni dall’esposizione, oppure effetti cronici, che possono manifestarsi a distanza di diversi anni ed è il caso dei tumori, in particolare il cancro ai polmoni”.
Una meta-analisi condotta su 312.944 soggetti residenti in 17 diverse città europee mostrerebbe infatti che l’incremento di 10 µg/m3 di PM10 si associa ad un aumento del rischio di tumore polmonare (+22%).
Creare statistiche certe sul rapporto tra inquinamento e tumore ai polmoni non è cosa facile, come spiegato dallo stesso dott. Limonta, poiché nel 90% dei casi la neoplasia è associata al fumo di sigaretta.
Guardando i dati dei ricoveri ospedalieri tra la popolazione lecchese, associandola ai fattori di rischio, emergerebbe un’ incidenza di tumore al polmone sovrapponibile rispetto ai residenti dell’intera regione.
Complessivamente si parla di 2594 casi di cancro polmonare osservati nella popolazione della provincia di Lecco tra il 2002 e il 2013, un valore più basso rispetto 2817 casi attesi in base ai fattori di rischio.
“A livello mondiale l’inquinamento atmosferico ha un peso non indifferente in termini di morbosità e mortalità attribuibili – ha concluso Limonta – L’esposizione ai principali inquinanti atmosferici nel territorio provinciale si è complessivamente ridotta nel corso degli ultimi decenni e ulteriori passi devono essere fatti al fine di monitorare e minimizzare i rischi attribuibili all’inquinamento atmosferico”.

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