Il presidente dei Ragni ricorda l’amico che ha perso la vita scendendo dalle Grandes Jorasses
“Abbracciami Berna da lassù, il mondo ha bisogno di persone come voi”
LECCO – “Non ci sono parole, non ci sono risposte. Ci sono solo tanti pensieri e domande, una su tutte rimbomba nella mia testa dall’ultimo momento in cui ti ho visto: “perché è successo a te e non a me?”
Comincia così il doloroso ricordo di Matteo Pasquetto, scomparso sul Monte Bianco, scritto dall’amico e compagno di cordata Matteo Della Bordella, presidente dei Ragni di Lecco. I due erano insieme quel tragico venerdì 7 agosto: stavano scendendo lungo la Cresta Reposoir dopo aver concluso una nuova via sulla parete Est delle Grandes Jorasses, con loro anche il Ragno Luca Moroni, quando è avvenuto l’incidente.
Per Matteo Della Bordella e i Ragni di Lecco la perdita di Matteo Pasquetto è un altro profondo lutto, pochi mesi dopo la scomparsa di Matteo Bernasconi.
“Quando rivedo in foto noi tre in cima alla Standhardt mi sembra tutto un brutto sogno, ma l’immagine di te che camminavi pochi passi avanti a me e di quella tragica scena stampata nella mia mente mi riportano alla realtà – scrive Della Bordella in un lungo post pubblicato sulla sua pagina facebook -. Quei momenti rimarranno impressi nella memoria come ferite profonde che a fatica si rimarginano e che non si cancellano. Il ricordo della persona e dell’amico che sei stato per me e per tanti di noi rimarrà per sempre ancora più vivo e lucido che mai”.
“Mi hai stupito fin dalla prima volta che abbiamo scalato insieme: sorriso, entusiasmo, energia, curiosità. Eri poco più che un ragazzino quando una Vigilia di Natale ci siamo legati alla stessa corda per la prima volta. Ti ho proposto di salire la via “Futura” al Poncione d’Alnasca partendo in giornata da casa in uno dei giorni più corti e freddi dell’anno, quel giorno ho capito subito che insieme avremmo potuto fare grandi cose”.
“Come alpinista eri “avanti”. Non c’è bisogno di fare classifiche o usare superlativi assoluti, ma penso che fossi una delle persone di maggiore talento che avessi mai conosciuto. Eri un passo avanti a tutti, nell’approccio alla montagna a 360 gradi: quel tuo sorriso stampato e l’immancabile voglia di sparare cazzate non toglievano spazio a una preparazione meticolosa, nel minimo dettaglio di ogni salita e ad una estrema serietà e lucidità nel prendere ogni decisione. Tutto ciò unito ad un fisico che sembrava avere energie illimitate e che spesso mi ha fatto dubitare di riuscire a starti dietro”.
“Quando un anno e mezzo fa siamo andati in Patagonia insieme, solo noi due, avevo delle ottime sensazioni e pensavo fossi il compagno giusto per quel sogno forse più grande di noi sul Cerro Torre. Con te per la prima volta ho percepito il cambio generazionale quando mi sono arenato sul primo tiro del diedro degli inglesi e sei stato tu, con il tuo buon umore e la tua calma a darmi il mitico “pugnetto” in sosta e a prendere il comando, forse non te ne sei reso conto, ma per me ha significato moltissimo. Mi hai spalancato davanti una porta ed allo stesso tempo hai dato anche a me energie nuove da investire nella nostra cordata”.
“La cosa che più di te mi ha sempre colpito, però è il tuo lato umano. Non hai mai conosciuto l’egoismo, una cosa più unica che rara nel mondo della montagna ed hai sempre messo i bisogni e le necessità dei tuoi compagni davanti alle tue, in modo per me quasi imbarazzante. Come quando dopo una giornata campale mi lasciavi la migliore piazzola da bivacco, ti offrivi di portare lo zaino più pesante oppure, testardo come un mulo, continuavi ostinato a battere la traccia nella neve con me dietro che arrancavo”.
“Teo, certe cose io non me le so spiegare, mi hai dato tantissimo, hai dato tantissimo a tutti quelli che ti hanno incrociato in questi anni. Abbracciami Berna da lassù e pensate ogni tanto a noi che siamo qua, il mondo ha bisogno di persone come voi”.