“Metastasi”, in aula il caso Old Wild West. Lunedì parla Brivio

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La vetrina dell’Oldi Wild West infranta dai proiettili: era il 16 gennaio 2012

 

LECCO – Era il gennaio 2012 quando la vetrina del nuovissimo locale Old Wild West, presso il palazzetto sportivo Palataurus in Viale Giacomo Brodolini a Lecco, venne crivellata da 11 proiettili: gli allora proprietari sporsero denuncia contro ignoti.

È stato proprio il caso Old Wild West protagonista dell’udienza odierna del processo “Metastasi” che vede imputati Mario Trovato, Saverio Lilliu, Antonello Redaelli, Antonino Romeo, Massimo Nasatti (attualmente detenuti nel carcere di Voghera), Claudio Crotta e l’ex sindaco di Valmadrera Marco Rusconi.

Si è invece concluso il processo per rito abbreviato a carico degli altri tre che lo scorso 2 aprile finirono in manette, ovvero l’ex consigliere comunale Ernesto Palermo, Claudio Bongarzone e Alessandro Nania: è dello scorso venerdì infatti la sentenza in primo grado pronunciata dal Gup del Tribunale di Milano Roberto Arnaldi che ha condannato i tre imputati rispettivamente a 6 anni e 8 mesi, 3 anni e 4 mesi e 4 anni e 6 mesi. Ridotta la pena per l’insegnante galbiatese al quale, è stato revocato l’aggravante di associazione mafiosa.

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L’ingresso del Tribunale di Lecco, sede del processo “Metastasi”

 

Stando al quadro degli inquirenti sarebbero diverse le attività di estorsione condotte dalla presunta organizzazione facente capo a Mario Trovato, fratello del boss ergastolano Franco Coco Trovato. Tra queste il tentativo di offrire protezione ai gestori del ristorante aperto nel dicembre 2011 in Viale Giacomo Brodolini.

Quest’oggi in aula, di fronte al collegio presieduto dal giudice Enrico Manzi, è toccato al pubblico ministero Claudio Gittardi cercare di far luce sulla vicenda attraverso l’audizione dei due imprenditori che aprirono il ristorante, Massimo Taddei e Giovanni Porcu e di Leonardo Cadeddu, insegnante collega di Ernesto Palermo che aveva messo in contatto i due amici con l’ex consigliere comunale per trovare la giusta location per aprire il ristorante.

Ernesto Palermo
Ernesto Palermo

“Conoscevo bene Taddei e Porcu – ha raccontato al pm Leonardo Cadeddu – mi avevano detto di voler aprire un locale nell’ambito della ristorazione, chiedendomi se avevo qualche informazione su Lecco e Sondrio. Un giorno, era il giugno 2011, ero a scuola per un collegiale e parlai con alcuni colleghi di questa cosa, per vedere se qualcuno sapesse di locali in affitto. Tra loro c’era anche Ernesto Palermo, lavoravamo nelle stesse scuole medie di Galbiate, e si offrii di aiutare i miei amici. Così abbiamo organizzato un incontro con Taddei e Porcu, al Bar Cova a Lecco, ero presente anche io e in quella sede Palermo disse di avere diverse soluzioni. Dopo quell’incontro non so se loro ne ebbero altri.

“Da allora – ha proseguito –  ho cominciato a ricevere diverse telefonate da Palermo, mi chiedeva cosa avevano deciso i miei amici poi a che punto erano coi lavori…la sua insistenza iniziò a darmi fastidio. Poi un giorno ricordo bene mi telefonò per dirmi che se i miei amici avevano bisogno di una protezione lui avrebbe saputo garantirla: non chiese espressamente somme di denaro ma era chiaro che si aspettava una sorta di ‘contro prestazione’. Da quel momento mi spaventai e gli dissi che non serviva perché avrebbero saputo risolvere eventuali problemi da soli. Poi ci fu l’inaugurazione del locale, andai con la mia famiglia”.

“Poco dopo Palermo mi contattò per chiedermi se sapevo che il ristorante aveva aperto: risposi di no, avevo paura. Paura e ansia crebbero quando in un’altra telefonata mi disse che certi suoi amici si erano arrabbiati per questa apertura e che voleva parlare con Taddei e Porcu, io non ho mai dato i loro contatti. Poi arrivò quel giorno di gennaio e venni a sapere degli spari contro la vetrina del locale, naturalmente contattai i miei amici che erano preoccupati. Una o due settimane dopo mi telefonò Palermo e mi chiede se sapevo cos’era successo, negai ancora: avevo capito che dietro la sparatoria c’era lui, anche perché mi aveva detto ‘le persone sono arrabbiate, qua non si scherza’: era il 30 gennaio, chiusi la telefonata dicendogli chiaramente che non volevo più avere alcun contatto con lui. Di fatto dopo quella volta non ci siamo più sentiti per telefono ma ricevetti un sms minaccioso ‘Caro Cadeddu, ricordati che le parole spese di mantengono’ o qualcosa del genere.”

Esuberante, eccentrico, sempre al telefono, con un vasto cerchio di conoscenze: così è stato descritto più volte Ernesto Palermo nel corso della lunga deposizione.

Confermato l’incontro con Palermo per trovare un immobile dove aprire il ristorante dai due gestori Giovanni Porcu e Massimo Taddei, che hanno tuttavia negato di aver ricevuto minacce prima, durante e dopo l’apertura: “Dopo l’episodio degli spari eravamo spaventati, abbiamo sporto denuncia contro ignoti ma senza fare il nome di Palermo o di Cadeddu – ha raccontato Massimo Taddei – Ci è stato chiesto se qualcuno avesse fatto richieste particolari o se era capitato che qualche dipendente si fosse comportato male con i clienti. Abbiamo risposto di no, che non era successo niente di strano prima della sparatoria contro la vetrina. Ci è venuto in mente di Palermo quando abbiamo saputo degli arresti dell’aprile 2014.”

Terminata l’audizione dei testimoni per il caso “Old Wild West” l’udienza si è conclusa con la deposizione di Concetta Scarfò, amica di uno degli imputati Antonino Romeo. Proprio a quest’ultimo, secondo gli inquirenti,  la donna avrebbe consegnato in una busta una somma di 4.500€, prima tranche di un debito contratto dall’ex marito Fabio Conti nei confronti del commercialista Giuseppe Parisi, detentore tra gli altri dei conti di Mario Trovato. Negato dalla donna il tentativo di estorsione da parte di Romeo per conto del commercialista Parisi.

L’audizione dei testimoni della pubblica accusa proseguirà lunedì 27 aprile: ben undici i testi in programma. Oltre all’indebitato Fabio Conti, siederà in aula come testimone anche il Sindaco di Lecco Virginio Brivio, chiamato a far luce sulla vicenda cardine del processo relativa al Lido di Parè.