LECCO – “Due donne si incontrano per mesi, imparano a conoscersi, a capirsi, a fidarsi l’una dell’altra. Una si chiama Brigitte, arriva dal Congo, ha perso tutto e comincia a raccontare; l’altra si chiama Melania, l’ascolta a lungo e poi quella storia decide di scriverla”.
Nasce così “Io sono con te. Storia di Brigitte”, l’ultimo libro di Melania Mazzucco in cui, fra le pagine, si snoda la vita di Brigitte Zébé, rifugiata congolese, in Italia dal 2013. Un’esistenza difficile quanto toccante, una donna forte che ha trovato nella fede e nei suoi “eroi italiani” l’input per ricominciare.
Nel pomeriggio di domenica presso Palazzo Commercio in occasione del festival della lettura lecchese, Leggermente, a dialogare con l’autrice e guidare la presentazione del libro c’era Lorenzo Colombo, direttore di Lecconotizie.com.
“Brigitte aveva una vita normale, in Congo – esordisce così Melania Mazzucco, sottolineando come le generalizzazioni ed i pregiudizi – facciano apparire bizzarra ai nostri occhi un’affermazione tale”. L’esistenza a Matadi, nel Congo Kinshasa, di Brigitte, donna realizzata, nota infermiera e madre di quattro figli, viene sconvolta quando, nell’autunno del 2012, rifiuta di avvelenare sette manifestanti politici, oppositori al governo, affidati alle sue cure, in cambio di denaro. “Mi sono chiesta cosa avrei fatto al suo posto – racconta l’autrice- Brigitte è arrivata qui perché ha scelto di rimanere umana, aveva intuito che ci sarebbero state delle conseguenze, ma forse non avrebbe mai immaginato che la sua vita sarebbe stata cancellata di netto”. Sequestrata e torturata, per mesi, liberata di nascosto nella foresta nella notte di Capodanno, Brigitte, dopo una serie di vicissitudini atterra a Roma, dove come un “fantasma senza nome” comincia a vagare fra la stazione Termini e le panchine delle piazze del centro, inevitabilmente i suoi itinerari sono quelli degli abitanti e dei turisti, “era anche il mio itinerario, passavo di lì, e non l’ho vista” spiega la scrittrice.
Il dolore ed i traumi narrati in “Io sono con te” si intrecciano ad una forte spiritualità, il cui eco risuona nel titolo dell’opera, tratto da Isaia, versetto 41,10; “sono parole citate spesso dai profughi esuli in tutto il mondo, Brigitte decide di farsi aiutare, forte nel sapere che Qualcuno era con lei” chiarisce Melania Mazzucco. Non si tratta, quindi, di una credenza apotropaica, ma di un contatto ravvicinato con Dio e con la consapevolezza che la vita non appartiene agli uomini completamente. “Brigitte era terrorizzata all’idea che fossero stati i romani ad uccidere Gesù, attraverso Ponzio Pilato che ‘se n’era lavato le mani’ pur pensando che fosse innocente, ho capito più tardi il senso simbolico delle sue parole: anche noi abbiamo lasciato morire un sacco di persone in mare pensando che non avessero colpe”. In quest’ottica anche il rapporto con la morte assume connotati tanto distanti dalla concezione occidentale “finché non si rende preziosa una vita in un paese in cui si muore – evidenzia la scrittrice – non si può costringere nessuno a non salire su una barca, inseguendo una speranza”.
Il libro è anche la storia degli “eroi italiani”, in particolare l’avvocato 27enne Francesca Napoli, Padre Camillo Rigamonti, dell’ordine dei Gesuiti, ed il medico psichiatra Santone, tre professionisti che si sono incontrati nel crocevia del Centro Astalli di Roma, che accoglie richiedenti asilo e rifugiati, grazie a loro Brigitte può ricominciare a unire i tasselli della propria vita, ancor oggi in divenire.
“Io sono con te” squarcia il velo dell’indifferenza, ma anche quello dell’Italia delle contraddizioni all’interno del tanto attuale quanto delicato tema dell’immigrazione: “Brigitte per prima ha dovuto fare i conti con il razzismo, con le chiusure, soprattutto nell’ambito lavorativo, ma dall’altra parte con la sorpresa che qualcuno si sarebbe preso cura di lei, con i volontari ed i professionisti senza i quali non ce l’avrebbe fatta” continua Melania Mazzucco.
Una lettura consigliata a tutti, capace di aprire gli occhi dell’indifferenza e della frenesia, “non è un libro inutile, di questo sono certa – conclude l’autrice – è un viaggio che ho fatto con Brigitte e dopo averlo percorso, attraversando i confini, l’ho ‘vista’ ”.