Osnago, Natalia Marraffini vince il concorso letterario “Lingua Madre”

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La premiazione avverrà a ottobre in occasione del salone internazionale del libro a Torino

29 anni, di origine argentine, ha colpito tutti con il suo racconto “La straniera segreta” in cui parla anche della sua esperienza di insegnante al Bertacchi

OSNAGO – “Sono una straniera, ma in incognito. Nessuno lo sa quando mi incontra. La mia pelle non lo grida, i capelli castani e lisci tacciono, l’altezza media sta zitta. Forse solo lo sguardo lo sussurra un po’. Quando racconto delle mie origini le persone indagano il mio corpo e solo vagamente negli occhi individuano una falla. Un tradimento”. E’ l’incipit, diretto e incisivo, del racconto “La straniera segreta” con cui Natalia Marraffini ha vinto la sedicesima edizione del concorso letterario nazionale “Lingua Madre. Racconti di donne straniere in Italia”, progetto permanente della Regione Piemonte e del Salone internazionale del libro di Torino.

29 anni, residente a Osnago da quando frequentava la seconda liceo a Villa Greppi, una laurea in Filosofia conseguita all’università degli Studi di Milano, Natalia parteciperà a ottobre, insieme al sindaco Paolo Brivio, alla premiazione che si terrà in occasione del salone internazionale del libro a Torino. Un appuntamento importante che si inserisce nel percorso letterario che Marraffini sta intraprendendo dopo la pubblicazione, lo scorso anno, del suo primo libro intitolato  “Off-line. Zona Rossa” per Porto Seguro Editore. “Dopo due anni di lavoro in azienda, ho capito che quella non sarebbe stata la mia strada e mi sono rituffata nelle mie passioni e i miei interessi, tra cui quello della scrittura” racconta, con sincerità, Natalia.

Il concorso, ideato nel 2005 da Daniela Finocchi, sembrava proprio calzare a pennello anche con la sua autobiografia. “Mia madre è argentina, mio padre è nato in Argentina da genitori italiani che sono poi tornati qui”. Una straniera… segreta, come appunto recita il titolo del racconto, in cui i tratti salienti della storia autobiografica  sono diventati l’impalcatura su cui costruire e raccontare un percorso, quello della scoperta del sé e della propria identità, che passa attraverso lo sguardo dell’altro e l’interpretazione che di questo sguardo viene data.

“La mia pelle non lo grida, i capelli castani e lisci tacciono, l’altezza media sta zitta. Ancora non lo avevo capito in quale luogo fossi straniera. Dentro. E l’ho capito lì. Il primo giorno di scuola. Quello in cui sono diventata professoressa. Davanti a quei ventisette sguardi stranieri a sé stessi, affamati di storie per capire chi essi stessi fossero veramente. Nei loro sguardi c’era una domanda più complessa di: “Prof. lei perché è qui?”. Una domanda, diretta e bruciante, attraverso cui Natalia, fresca di nomina come insegnante lo scorso anno al Bertacchi a Lecco per una sostituzione di maternità, si è trovata a essere il ventottesimo sguardo puntato su se stessa.

Straniera segreta… fino a quel momento a se stessa, ha trovato nell’essere riconosciuta come professoressa, la cifra del proprio essere.
“I nostri occhi parlavano la stessa lingua. I loro occhi erano i miei. Quello sguardo che ogni tanto tradisce la mia vera natura. È strano a ripensarci, eppure a darmi la risposta sono stati proprio loro solo guardandomi. I nostri sguardi si sono intesi, si sono agganciati saldamente e, reciprocamente, ci siamo tirati fuori qualcosa”.

E’ bello pensare che quel “qualcosa” sia diventato anche un racconto capace di varcare i confini lecchesi per parlare proprio della terra di mezzo vissuta da chi si muove sui confini e di chi s’interroga, anche quando l’età anagrafica è al di là dell’adolescenza, sul quesito eterno del “chi sono io?”. Ricordandoci come etichette e pregiudizi abbiano ben poco da spartire con la vita, quella vera, quella fatti di sguardi che si incontrano e si riconoscono.