LECCO – Sei anni fa, quando la Lucchini dichiarava il fallimento, forse ben pochi avrebbero creduto che l’Arlenico avrebbe un giorno potuto riprendere la propria attività.
Oggi, invece, a due anni dalla rinascita con l’acquisizione del laminatoio lecchese da parte dei due colossi del settore, Feralpi e Duferco, i sindacati Fiom Cgil e Fim Cisl festeggiano un accordo che porta miglioramenti alle condizioni dei lavoratori e guarda al futuro dello stabilimento.
“Nel 2015, i due compratori avevano preso l’impegno al Ministero di far ripartire il Caleotto, riassumendo tutte le maestranze in forze all’ex Lucchini, mantenendo livello occupazionali alle medesime retribuzioni – ha ricordato Giuseppe Cantatore della Fiom Cgil – all’inizio non c’erano i volumi per una vera ripartenza, è stato necessario un periodo di cassa integrazione per consentire ai titolari di investire nella fabbrica. Una scelta che ha ripagato, non solo nel potenziamento dell’azienda ma anche nel miglioramento della vivibilità all’interno dello stesso stabilimento, con la sistemazione degli spogliatoi, delle coperture esterne, nuovi indumenti di lavoro e l’incremento delle misure di sicurezza”.

A fronte di questi impegni, la richiesta dei nuovi proprietari è stata quella di attendere due anni prima di ridiscutere il contratto aziendale. Due anni che sono scaduti proprio in quest’ultimo periodo. “I lavoratori hanno tenuto duro, facendo anche sacrifici. Ora è finita questa fase di emergenza – ha commentato Pierangelo Arnoldi della Fim Cisl – l’accordo precedente – che risaliva al 2007 – prevedeva il lavoro anche nelle festività, ora siamo riusciti a ridare una qualità importante anche al riposo, fondamentale se parliamo di impieghi faticosi dal punto di vista fisico. Mettiamo poi le basi per il futuro, prospettando un terzo turno lavorativo che l’azienda punta prossimamente a raggiungere”.
Ci saranno quindi nuove possibilità di occupazione per una fabbrica che oggi conta 90 maestranze e che negli ultimi anni ha assunto una ventina di nuovi dipendenti, soprattutto figure tecniche, anche in sostituzione di lavoratori avviati alla pensione.

Uno dei punti principali dell’accordo, che ha visto protagonisti della contrattazione i rappresentanti Rsu, è sicuramente il premio aziendale che dal 2008 i lavoratori non percepivano. Tre gli indicatori presi in considerazione: l’efficienza produttiva, l’indice infortunistico che impegna i lavoratori nella fruizione di tutte le misure di sicurezza individuali, e la qualità della produzione. L’importo del premio, che i dipendenti meritevoli troveranno in busta paga a dicembre, è di 1700 euro per il 2018 e salirà a 1800 euro per il 2019 e per il 2020. “Non varierà in base ai livelli contrattuali, il premio sarà il medesimo per ogni lavoratore. Crediamo lo sforzo fatto da ogni lavoratore per ottenere un risultato migliore sia identico” spiega Cantatore.

“Un accordo sudato – spiega Matteo Elio Rsu della Fiom Cgil, affiancato da Vito Armenti, Rsu della Fim Cisl – i primi tempi della ripartenza sono stati difficili. La situazione dell’azienda, rimasta ferma per tanto tempo, era complicata. In questi ultimi due anni sono fatti investimenti ed ora abbiamo firmato un accordo più che ottimo, con un premio alto e in contanti, abbiamo ottenuto risultati che da cinquant’anni non si vedevano. Non si lavorerà più in occasione delle festività, come il 25 aprile o il 2 giugno, e quando accadrà, come l’1 novembre, avremo una maggiorazione importante. La proprietà è sempre stata disponibile al confronto. I problemi paradossalmente li abbiamo avuti dalla frangia opposta del sindacato”.
Il riferimento è alla Uilm che lo scorso novembre aveva denunciato una discriminazione sindacale nei confronti della loro organizzazione e dei loro rappresentanti (vedi articolo). “Ci hanno buttato addosso una valanga di critiche – ha proseguito Elio – noi siamo andati avanti e il risultato ora è davanti agli occhi di tutti”.

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