Donne più “attive” sul mercato del lavoro, le lecchesi sfidano la crisi

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Lavoro donnaLECCO – La crisi di questi anni non ha fatto sconti ai lavoratori e neppure alle lavoratrici, ma le donne lecchesi non si sono fatte abbattere dal difficile momento: al contrario di altre realtà territoriali, tra loro si è solo parzialmente diffuso quell’“effetto scoraggiamento” che le conduce sia a rinunciare a lavorare, sia ad intraprendere azioni attive di ricerca del lavoro.
E’ quanto emerge dell’analisi “Dinamiche economiche, scenario attuale, prospettive e ruolo della Camera di Commercio” realizzato dall’ente bicamerale in collaborazione con il Gruppo di ricerca Clas e il Consorzio Aaster presentato in questi giorni in Camera di Commercio.
La fase di recessione ha palesato i suoi effetti sull’occupazione femminile lecchese a partire dal 2010: “Le dinamiche dell’ultimo periodo – spiegano gli esperti – evidenziano situazioni di criticità sul mercato del lavoro che hanno generato come conseguenza livelli più bassi nell’occupazione e, di contro, un innalzamento della disoccupazione. Va comunque sottolineato un dato meno negativo: le difficoltà incontrate dalla componente femminile sono risultate meno evidenti rispetto a quelle che hanno investito il segmento maschile”.
La prima decade del 2000 ha segnato infatti risultati positivi per le lavoratrici lecchesi con una crescita del tasso di occupazione che dal 45,5% ha toccato il 57% nel 2008, la crisi ha poi frenato questo trend positivo e nel 2010 si è fermato al 56%.
“Nonostante le difficoltà – spiegano i ricercatori – la popolazione attiva (cioè quella che lavora o desidera lavorare cercando un lavoro) è andata infatti aumentando, ed oggi il tasso di attività femminile (tra i 15 e i 64 anni) sfiora il 62%. In tal senso anche la crescita della disoccupazione non deve essere considerata come elemento totalmente negativo, perché la ricerca di un lavoro dimostra la disponibilità delle donne a stare sul mercato del lavoro e ad esserne protagoniste”.
donne lavoroUna delle dinamiche emerse in questi anni di crisi è stato il “travaso” di posti di lavoro femminili dal settore industriale a quello dei servizi:
“Nell’industria manifatturiera e nell’edilizia la presenza femminile si è ridotta, fra il 2005 e il 2014, passando dal 28% al 24%; calo in gran parte da collegare alla chiusura o al ridimensionamento di imprese con una diffusa presenza femminile. Nello stesso arco temporale, il peso del lavoro femminile ha registrato un’espansione sia nei servizi privati (dal 46% al 48%) che nel pubblico impiego (istruzione, sanità, enti locali, ecc.) passando dal 77% all’81%.”
A complicare la situazione per le donne alla ricerca di un’occupazione è una domanda di lavoro definita come “inadeguata” a rispondere ai crescenti flussi di offerta femminile, a fronte anche di una formazione scolastica maggiore delle giovani che sempre più concludono gli studi superiori ( 6 studentesse su 10 diplomate) ed accedono all’università (nel periodo 2008-2014, il 58% degli scritti è donna).
“Le tipologie di personale richieste dalle imprese locali non sembrano però privilegiare gli indirizzi formativi preferiti dalle ragazze – proseguono i ricercatori – l’inserimento di donne laureate sul totale delle assunzioni femminili è limitato al limita al 12-15%. È sempre più evidente in provincia il “mismatch” tra domanda e offerta di lavoro con ricadute negative sull’occupazione femminile qualificata, ma soprattutto con processi di “svalutazione del capitale umano” e con flussi sempre più consistenti che trovano opportunità occupazionali fuori dal territorio lecchese”.
Un dato certamente positivo è rappresentato dalla crescita delle imprese femminili: pari a circa 4.000 unità nel 2001, sono aumentate fino a superare la soglia delle 5.150 unità a fine 2013 (+31%), manifestando una buona tenuta anche negli anni più recenti nonostante il perdurare della crisi economica. Una crescita, quella delle imprese femminili, totalmente da attribuire a quelle attive nel settore terziario, mentre è rimasto pressoché stabile il loro numero nel settore manifatturiero.