Gli scenari della Lecco futura: la ricetta del prof. Bonomi

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Il prof. Aldo Bonomi

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LECCO – “In 20 anni avete fatto molto: avete investito sul territorio, avete istituito la Camera di commercio, costruito l’ospedale, l’attraversamento, avete portato in città l’università, il CNR. Ora dovete diffidare dal fascino della continuità. Siete nel mezzo di uno scenario in cambiamento, è come se camminaste sul crinale di una montagna. E’ una fase delicatissima e servono decisioni responsabili”.

Inizia così la sua relazione il prof. Aldo Bonomi, direttore e fondatore del Consorzio AASTER, chiamato ad redigere una rapporto sugli “Scenari della Lecco futura”, così come recita il titolo della sua ricerca presentata martedì pomeriggio alla sede lecchese del Politecnico di Milano.

I vertici delle istituzioni politiche ed economiche locali erano in sala ad ascoltarlo perché, dopo aver fatto i conti aspramente con la crisi, oggi Lecco si interroga su panorama economico e sociale che il difficile periodo economico è riuscito a ridisegnare anche nell’area lecchese.

Il prof. Aldo Bonomi
Il prof. Aldo Bonomi

“Una terra e una società di mezzo”, come l’ha definita il prof. Bonomi, sintomo del cambiamento in atto, o meglio dei cambiamenti che si sono innescati in questi anni nel nostro territorio.

Quattro transizioni quelle individuate dall’illustre sociologo e giornalista del Sole 24 Ore: la metamorfosi del manifatturiero e delle neo fabbriche, del terziario e del sociale, infine il riposizionamento delle rappresentanze e degli interessi.

Per il Bonomi “il manifatturiero rappresenta un patrimonio storico e una capacità di reggere alla globalizzazione di cui Lecco non può fare a meno“ ma la “città del ferro”, il “fordismo milanese”, ora secondo il professore è il “non più”.

Secondo il professore, l’internazionalizzazione ha salvato le eccellenze industriali di Lecco ma credere che l’export sia la soluzione per uscire dalla crisi rischierebbe di “far bene a pochi e far male a molti”. Per Bonomi servono processi di riterritorializzazione in modo da evitare il rischio che le imprese migliori, piuttosto che integrarsi nel territorio, “ne restino solo ancorate”, e quindi in futuro si possano staccare dal distretto produttivo locale.
Fondamentale, secondo il professore, sarà il ruolo del Politecnico come “luogo di mediazione tra il saper fare – la manifattura – e i saperi formali” in un rapporto con le imprese che oggi “non è ancora dispiegato”.

Perché, per Bonomi, è la mancanza di un terziario che fornisca servizi alle imprese “il punto debole di Lecco” e il Politecnico può compensare a questa mancanza facendosi “il nuovo polo dei servizi alle imprese”.

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Se dal 2000 in provincia è cresciuto il commercio, soprattutto la grande distribuzione, un grande incremento è stato registrato anche per il terziario sociale, “il 4° settore per addetti” come sottolineato da Bonomi. Di fronte alle risorse sempre più stringate da parte dei Comuni in questo ambito, Bonomi invita le istituzioni lecchesi a non lasciar cadere questo patrimonio sociale e a pensare ad una “sussidiarietà dal basso”, un “welfare di comunità”.

La ricetta di Bonomi, di fronte ai cambiamenti istituzionali con il possibile addio della provincia e l’accorpamento della camera di commercio, obbligherebbero Lecco a guardare oltre al proprio territorio, ad alleanze di area vasta. Resterà da decidere con quale altra provincia: Como, Sondrio o Monza?

“Lecco può fungere da cerniera se sa svilupparsi in tutto – ha concluso il sociologo – la manifattura vi porta verso Monza ma potete comunque svilupparvi sul turismo. Restate schizofrenici. Con un occhio guardate la Brianza, con l’altro la Valtellina e la testa nel mezzo”.