Parlano i titolari della Spreafico Frutta, al centro delle proteste culminate oggi sulla provinciale
“Volevano controllare tutto, clima insostenibile in azienda e lavoro bloccato dai picchetti”
LECCO – “Gli scioperi non sono motivati da questioni economiche ma sono rivendicazioni di potere, puntavano a controllare l’organizzazione dell’azienda”. Sono gli stessi proprietari della Spreafico Frutta, i fratelli Mauro, Raffaele e Cesare, a parlare dopo settimane estenuanti di proteste fuori dalla sede di Dolzago e ancor prima mesi di tensione all’interno del magazzino.
Dichiarazioni rese alla stampa direttamente dalla strada provinciale dove stanno condividendo con i loro dipendenti questa assurda giornata (vedi l’articolo precedente), all’apice di una situazione che sta logorando da troppo tempo la nota azienda di frutta e verdura.
Da una parte i lavoratori che aderiscono alla protesta dei Si Cobas per gli 89 addetti messi in cassa integrazione in modo ‘discriminatorio’ secondo i loro referenti sindacali, dall’altra gli altri lavoratori e i vertici aziendali usciti dall’azienda per manifestare il loro disagio, con le commesse esaurite in giornata a seguito del blocco dei camion ai cancelli. Nel mezzo la polizia a dividere con un cordone di sicurezza le due fazioni, con la provinciale che è rimasta chiusa per ore e riaperta solo poco prima delle 17.
Gli Spreafico raccontano di una situazione ormai diventata insostenibile: “Non potevamo più gestire nulla, né noi né le agenzie di somministrazione che ci forniscono i lavoratori: disattendevano i turni predisposti, pretendevano di decidere chi doveva fare cosa e rifiutavano normali richieste di lavoro, mettevano in difficoltà l’azienda ma anche gli altri lavoratori che dovevano sopperire alle loro mancanze. Hanno attuato scioperi pretestuosi e al limite dell’estorsione per ottenere ciò che volevano, anche solo per una risposta data in ritardo a una mail ci bloccavano i camion”.
Non solo: i proprietari spiegano anche di atti di intimidazione nei confronti di altri lavoratori: “Sono arrivati a pretendere l’apertura dei bagagliai di auto private, sputando addosso alle stesse auto e insultando i loro colleghi. Era troppo e abbiamo deciso di denunciare”.
Tutti denunciati
Ottantanove denunce per violazione di proprietà privata e altri reati oggetto di valutazione della Procura, tante quante i lavoratori che oggi sono messi in cassa integrazione: questo, spiegano gli stessi proprietari, è il motivo per cui questi addetti non sono rientrati in azienda.
“Non c’è rotazione della cassa integrazione perché questi lavoratori sono soggetti a denuncia. Per motivo oggettivo, da contratto possiamo chiedere che non rientrino, non sarebbe nemmeno giusto sottoporre altri lavoratori alla cassa integrazione per perdite di commesse causate da queste proteste”.
Meno lavoro a causa delle proteste
L’azienda infatti avrebbe subito perdite “per il 45% nelle prime settimane, ora – spiegano gli Spreafico – non stiamo evadendo nessun ordine”.
Per riportare la quiete in azienda “ci siamo comunque detti disponibili ad un loro rientro – dicono i titolari – graduale per mantenere equilibrato e sereno il clima in azienda. Oggi ne sarebbero entrati una ventina, ma i Cobas hanno rifiutato”.
Per i titolari della Spreafico Frutta “non si tratta di proteste legate ad una questione economica. Per sgombrare ogni ombra da questo, nell’incontro in Prefettura abbiamo riconosciuto ogni proposta di miglioramento salariale, venendo incontro alle richieste dei sindacati”.
Un accordo siglato dalla Filcams Cgil e poi anche dai Si Cobas che però chiedono la conversione del contratto nazionale, da multiservizi a quello della logistica e trasporto merci. Giusto la scorsa settimana si era svolto l’ultimo incontro davanti al Prefetto per il rientro graduale dei lavoratori in cassa integrazione. “L’accordo era già pronto” aggiungono gli Spreafico ma la ‘pace’ quasi ottenuta è stata nuovamente infranta lunedì con un nuovo presidio di protesta.