SONDRIO – I finanzieri della Guardia di Finanza di Sondrio hanno eseguito, all’alba di oggi, un’ordinanza di misure cautelari nei confronti di 8 indagati, amministratori di fatto o di diritto di società nazionali ed estere, che avrebbero ricorso a tecniche evasive al fine di conseguire illecitamente cospicui guadagni da reinvestire nel circuito legale dell’economia.
Questa la tesi degli inquirenti che avrebbe trovato conferma in “gravi indizi di colpevolezza emersi a loro carico” che avrebbero spinto la procura di Sondrio ad avanzare i provvedimenti di custodia cautelare.
Per i finanzieri della Compagnia di Sondrio esisterebbe “un’associazione criminale operante tra la Valtellina ed il Bresciano” finalizzata a “commettere delitti di natura fiscale quali emissione di fatture afferenti operazioni oggettivamente o soggettivamente inesistenti per quasi 57 milioni di euro, omessa dichiarazione dei proventi illeciti così ottenuti, nonché reati di riciclaggio (anche a carattere transnazionale) e ricettazione”.
Al centro dell’inchiesta due società a responsabilità limitata con sede nella Provincia di Sondrio: nel 2016 a Teglio, una società fittizia per gli inquirenti, avente per oggetto l’attività di commercio all’ingrosso di materiali di recupero, di minerali e di metalli ferrosi. Successivamente, a partire dal 2018, gli indagati si sarebbero serviti con le stesse modalità di una seconda società con sede legale ed amministrativa a Chiuro, anch’essa avente per oggetto l’attività di commercio all’ingrosso di materiali ferrosi.
“I proventi illeciti frutto delle attività delittuose di natura fiscale, prima di essere reimmessi nell’economia nazionale – spiegano le Fiamme Gialle – sono stati sistematicamente trasferiti all’estero, con il chiaro intento di occultarne la provenienza delittuosa, attraverso centinaia di bonifici internazionali, su conti correnti croati, slovacchi e ungheresi intestati ad alcuni indagati, nonché verso i conti correnti ungheresi intestati e/o comunque riconducibili a due società di diritto ungherese, totalmente “vuote” ed inattive, di uno dei soci”.
“La maggior parte dell’ingente liquidità così confluita su tali conti correnti esteri – spiegano ancora i finanzieri – è stata reintrodotta, nel tempo, nel territorio nazionale, attraverso numerosi e frequenti viaggi in macchina oltreconfine, viaggi che di regola avevano come destinazione ultima l’abitazione del soggetto ritenuto l’organizzatore dell’associazione criminale, nonché custode e gestore del denaro contante. Il denaro contante una volta reintrodotto in Italia è stato, in parte, restituito alle società/ditte clienti destinatarie delle fatture per operazioni inesistenti, in parte utilizzato per il pagamento della merce fornita “in nero”; il profitto dell’associazione criminale è stato quantificato nel 10% dei 57 milioni di euro di fatture false.”