Dopo due difficili operazioni sul Pizzo Alto, il premanese Carlo Bellati sottolinea l’importanza del fattore umano
“Esperienza, conoscenza dei territori e affiatamento sono valori che vanno al di là delle capacità tecniche”
PREMANA – La giornata è fredda, il piatto fumante è già in tavola. Ti siedi insieme alla tua famiglia. Quel momento di pace domenicale, però, viene interrotto da un trillo. Tutto resta sospeso per una frazione di secondo. Non hai ancora risposto al cellulare, ma hai già capito tutto, la suoneria è inconfondibile.
Quante volte è già successo? Molli il cucchiaio nella minestra, ti volti verso tua moglie che, con lo sguardo, ti dice di mangiare almeno un boccone.
Quante volte è già successo? Anche i tuoi figli hanno imparato, non dicono nulla e continuano a mangiare, ma sanno che i programmi del pomeriggio sono saltati.
Dall’altro capo del telefono ti danno poche frammentarie informazioni mentre ti infili i vestiti da soccorritore. Devi fare in fretta. Ogni secondo è prezioso.
Un cenno di saluto e ti chiudi la porta di casa dietro le spalle senza sapere quando farai ritorno…
Due interventi al Pizzo Alto in pochi mesi
Carlo Bellati, classe 1974, è nel Soccorso Alpino dal 1995, Premana è casa sua, i sentieri di quelle montagne li conosce come le sue tasche. I nomi dei lööch, dei canali, delle creste, i sentieri, le tracce li ha respirati sin da piccolo, quando trascorreva le vacanze sui mont (alpeggi) con la famiglia. Poi la passione per lo skyrunning (due vittorie al Kima nel 2001 e 2006 sono solo alcuni dei tanti risultati di prestigio) lo ha portato a conoscere ancor di più quelle cime, di giorno, di notte, d’estate, d’inverno. Dopo i due incidenti mortali degli ultimi mesi sul Pizzo Alto, però, ha provato a raccontare cosa c’è dietro a numeri e statistiche che, purtroppo, non sono in grado di dare la dimensione umana della catena dei soccorsi.
“Da 28 anni sono nel Soccorso Alpino, ho fatto centinaia di interventi, però non mi era mai capitato un incidente mortale al Pizzo Alto. E ora, in quattro mesi, sono intervenuto due volte e in entrambi i casi l’esito è stato il peggiore, prima a novembre (qui l’articolo) e poi a marzo (qui l’articolo), la cosa mi ha colpito molto e mi ha fatto riflettere. Due interventi dalla dinamica simile, entrambi svolti in condizioni difficili: il primo di notte con il ghiaccio, il secondo di giorno ma con il brutto tempo, neve e vento in quota. In entrambi i casi l’utilizzo dell’elicottero è stato fortemente condizionato dal meteo e fondamentale si sono rivelati il fattore umano e la conoscenza dei luoghi”.
Un passo indietro: 1968, la nascita della squadra di Premana
Il Pizzo Alto ha segnato la vita di Carlo Bellati: “Sono fortemente legato a quella montagna, l’ho frequentata fin da piccolo perché la baita di famiglia si trova lì sotto, a Pianc, un lööch vicini all’Alpe Premaniga. Il mio legame con la montagna e col Soccorso Alpino, però, nasce ancor prima di me: era il 5 agosto 1966, giorno della festa del Pizzo Alto, quando mia madre cadde all’altezza del camino (un tratto di sentiero che oggi non si fa più). A soccorrerla furono alpinisti e membri del Cai che, utilizzando una scala di legno come barella, riuscirono a portarla a valle. Proprio da quell’episodio, il 10 aprile 1968, nacque la squadra di Premana del Soccorso Alpino da 19 soci fondatori con Orazio Codega (titolare dell’azienda Camp) primo capostazione”.
In questi anni le tecnologie si sono evolute, sono stati fatti passi impensabili: “L’elicottero è un ausilio determinante, i piloti sono all’avanguardia, negli ultimi tre anni è cresciuta moltissimo la possibilità d’impiego anche negli interventi notturni, il livello tecnico del Soccorso Alpino in generale si è alzato, cose impensabili fino a qualche tempo fa. I due interventi sul Pizzo Alto, però, ci hanno ricordato che tutta questa tecnologia a volte può non bastare e la differenza la fa ancora l’uomo con le proprie scelte e la conoscenza del territorio“.
Velocità, affiatamento e conoscenza del territorio
“Quando ricevi una chiamata di soccorso le informazioni a disposizione sono pochissime, l’unica cosa che sai è che ogni secondo piò essere prezioso. Il soccorso in montagna è un lavoro di squadra: una macchina complessa formata da tanti ingranaggi che devono girare alla perfezione. Nei due interventi al Pizzo Alto, proprio per le condizioni ambientali difficili, questo aspetto ha avuto un peso importante. Credo sia emblematico raccontare il rapporto che ho con Sandro Gianola (classe 1971, nel Soccorso Alpino Premana dal 1990) per far capire le variabili che nascondono interventi così complessi. In pochi possono condurre una ‘ricerca persona’ sul Pizzo Alto con neve e ghiaccio, di notte o col brutto tempo perché la differenza la fa la conoscenza del territorio. In entrambi i casi io ho condotto le squadre in vetta ma ho potuto farlo perché c’era Sandro a coordinare le operazioni. Insieme abbiamo fatto oltre 150 interventi, senza bisogno di parlare sappiamo già cosa fare. Si è costruito un rapporto di fiducia e affiatamento talmente stretto che ognuno di noi conosce in anticipo le mosse dell’altro. Dico spesso che è il mio angelo custode perché è colui che, quando mi trovo in una situazione complicata, mi aiuta a prendere decisioni difficili in pochi secondi. E’ anche colui che fa da raccordo tra le varie squadre impegnate. Sul Pizzo Alto è stato fondamentale il coordinamento con l’elicottero perché spesso il pilota ha pochissimi secondi per imbarcarti e portarti a valle”.
“Nell’ultimo intervento, ad esempio, dovevo salire sull’elicottero ma avevo le mani intorpidite e le fettucce ghiacciate, perciò non riuscivo a togliere i ramponi, così ho preso il coltello e ho tagliato tutte le fettucce perché se avessi mancato quella rotazione l’unica opzione sarebbe stata scendere a piedi. Come me, Sandro conosce benissimo i luoghi, quando siamo in contatto radio sa perfettamente dove mi trovo, conosce sentieri, canali, creste, con le informazioni a disposizione sa dove è meglio concentrare le ricerche: conoscenze frutto di lunga esperienza, che vanno al di là delle capacità tecniche e consentono di accelerare i soccorsi senza mettere a rischio inutilmente la vita dei soccorritori. E’ un rapporto umano che si costruisce col tempo (durante un soccorso in Grigna mi ha anche tirato fuori da una valanga), basti pensare che da quando ho cominciato nel 1995 tutte le persone della squadra sono cambiate tranne lui. Solo questa esperienza ti consente di gestire al meglio le risorse a disposizione, di pianificare una strategia logica di ricerca e di prenderti la responsabilità delle decisioni. Ovviamente niente di tutto ciò sarebbe possibile senza avere alle spalle la struttura del Soccorso Alpino e quindi l’impegno della squadra di Premana guidata da Antonio Pomoni, della stazione Valsassina-Valvarrone guidata da Alessandro Spada e della XIX Delegazione Lariana guidata da Marco Anemoli“.
Il fattore umano
“Nonostante i quasi 30 anni di esperienza, questi due incidenti mortali in sequenza al Pizzo Alto mi hanno fatto pensare molto – conclude Bellati -. Esperienza, conoscenza del territorio, rapporti umani sono stati determinanti. L’interrogativo è sempre lo stesso: come prevenire gli incidenti in montagna? E’ giusto l’uso della tecnologia perché ci semplifica la vita, ma quando andiamo a fare una escursione, soprattutto se impegnativa, vale la pena consultarsi anche con chi ne sa di più. Purtroppo stiamo assistendo a una crescita esponenziale degli incidenti in montagna, spesso le persone si affidano a informazioni non meglio identificate trovate in rete, proprio per questo credo che il fattore umano possa diventare un punto fondamentale per fare prevenzione. E poi c’è la conoscenza: per un soccorritore è doveroso conoscere in modo approfondito il territorio dove opera, un escursionista deve cercare di pianificare bene l’uscita considerando tutte le variabili. Anche per andare in montagna serve cultura e credo che la cultura passi prima di tutto dai rapporti umani”.
2023 la stazione Valsassina-Valvarrone festeggia 40 anni
Era il 1983 quando le squadre di Premana, Barzio e Dervio, su proposta di Daniele Chiappa, si unirono in uno stesso gruppo. “E’ sicuramente un bel traguardo frutto di un gran lavoro di squadra e tanti sacrifici – ha aggiunto il capostazione Alessandro Spada -. Non dobbiamo mai dimenticare che il Soccorso Alpino è fatto di donne e di uomini che credono in qualcosa e sono spinti da una grande passione.
Carlo Bellati, per tutti noi il Ceka, è un esempio di questo impegno ma soprattutto dell’importanza di poter contare su grandi competenze individuali che, messe a sistema, posso davvero far la differenza in situazioni critiche. Esperienza e umanità, ma soprattutto la grande capacità di fare gruppo, sono il motore che ci ha spinto in questi primi 40 anni. La Stazione della Valsassina-Valvarrone conta 72 tecnici, di cui 25 hanno fatto il loro ingresso negli ultimi i 5 anni. Il successo di questo sistema credo stia proprio in questo: da una parte l’ingresso di tanti giovani (tra cui anche ragazze), dall’altra la capacità dei ‘senatori’ della Stazione di favorire l’integrazione tra i gruppi, esempio di maturità e serietà. Sono sicuro che persone come Carlo Bellati possano essere da stimolo per tutti i volontari, a prescindere dalla casacca che indossano, che ogni giorno dell’anno mettono gratuitamente a disposizione la loro professionalità e umanità a favore della collettività. Come cittadini possiamo solo essere orgogliosi”.