L’Italia nel Bicchiere. La sboccatura: più lo spumante è fresco più è buono?

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Roberto Beccaria
Roberto Beccaria

RUBRICA – Carissimi amici, ben ritrovati, dopo la parentesi estiva in cui le occasioni per degustare vini con particolare attenzione si sono un tantino diradate, venerdì 14 settembre ho rispolverato la valigetta dei bicchieri da degustazione col gruppo storico di Garlate dando inizio alle sessioni autunnali.

Diciamo pure serata col “botto” in tutti i sensi perché il tema riguardava le bollicine Metodo Classico ed anche perché abbiamo assaggiato qualcosa come 7 spumanti uno migliore dell’altro. I prodotti degustati mi hanno dato lo spunto per fare alcune considerazioni e dare qualche indicazione sulla “sboccatura”, per gli Champagnes “dégorgement”, la fase fondamentale della spumantistica che precede la tappatura definitiva.

Questo perché recentemente ho constatato che c’è una ricerca esasperata di bottiglie che riportano la data di sboccatura sulla controetichetta il più recente possibile, mentre in diversi casi ho verificato un notevole miglioramento del prodotto anche dopo un periodo piuttosto consistente di permanenza in bottiglia, a conferma che non esiste la regola – più lo spumante è fresco più è buono –; d’ accordo non è un vino da invecchiamento però almeno fino ad un paio d’anni dopo la sboccatura ci si possono prendere ancora delle belle soddisfazioni.

Per chiarezza sintetizzo il più possibile i vari passaggi della lavorazione Metodo Classico, l’equivalente italiana dello Champenois, partendo da una vendemmia precoce delle uve e da una vinificazione differenziata delle diverse particelle di vigna. In primavera si procede con l’elaborazione della base spumante, chiamata cuvèe, assemblando tra loro questi vini arricchendoli spesso e volentieri con “vini riserva” di annate precedenti.

Le fasi successive prevedono l’aggiunta di zucchero (18 -22 gr./lt.) e fermenti selezionati, l’imbottigliamento o spillatura, la tappatura provvisoria con tappo a corona a tenuta di pressione e quindi l’accatastamento delle bottiglie in posizione orizzontale in luogo oscuro con temperatura costante. All’interno di ogni bottiglia i fermenti (o lieviti) agiscono sugli zuccheri provocando quella rifermentazione chiamata in gergo “presa di spuma”. Ad esaurimento zuccheri il residuo di fermentazione si deposita nella parte inferiore della bottiglia dando inizio al periodo di “maturazione sui lieviti”, che può durare anche diversi anni conferendo allo spumante maggior complessità e finezza. Ciò avviene in un contesto anaerobico, l’ossigeno è stato utilizzato per lo sviluppo dell’ anidride carbonica (CO2), precludendo qualsiasi processo di ossidazione a garanzia di longevità e freschezza.

Terminato il lungo periodo di maturazione sui lieviti lo spumante è pronto per essere messo in circolazione e, finalmente, dovrà essere privato del sedimento mediante la sospirata “sboccatura”. In concreto la sboccatura consiste nel prelevare le bottiglie dalle cataste dove hanno riposato per anni e, con alcuni passaggi di rimozione, portarle in posizione verticale capovolta facendo scivolare il sedimento a contatto col tappo provvisorio. Il collo delle bottiglie viene immerso per 5/6 cm. in una glicole refrigerante a – 22° C per alcuni minuti dopodiché, il ghiacciolo che si è formato imprigionando il residuo, viene espulso lasciando nella bottiglia lo spumante perfettamente limpido. I pochi cl. di spumante espulsi vengono reintegrati mediante il dosaggio con una “liqueur d’expedition” più o meno concentrata oppure, nel caso della tipologia “Pas Dosè”, con lo stesso vino.

Segue la tappatura definitiva col classico “tappo a fungo” con gabbietta annessa, e da questo momento inizia la seconda vita dello spumante perché ricominciano quei processi evolutivi tanto temuti dagli acquirenti. La quasi totalità delle bollicine italiane riportano sulla controetichetta la data relativa al periodo di sboccatura, che dovrebbe essere un riferimento semplicemente utile e non un’indicazione dogmatica, quindi non si deve esagerare nel volere solo prodotti appena messi in circolazione anzi, tanto per dare l’idea, l’ultima bollicina che mi ha emozionato è stato un Ferrari “Perlè” mill. 2009 sboc. ott. ’16 che ho dedicato e condiviso con una carissima amica, aveva già un paio d’anni di bottiglia ma ne avrebbe sopportati altrettanti.

Ultimo assaggio esaltante, ha messo tutti d’accordo per equilibrio e finezza, il Franciacorta EBB mill.2012 sboc.’16 Az. Il Mosnel assaggiato l’altra sera a Garlate: semplicemente perfetto. Per finire, se avete in casa una bollicina di qualità con data di sboccatura non recentissima vi suggerisco di godervela, senza troppa fretta, con scagliette di Parmigiano Reggiano 18/24 mesi

Assaggiare per credere
Roberto Beccaria

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