RUBRICA – Cari amici, anche questo breve capitolo sul vino prende spunto dalle recenti (numerose) degustazioni che ho avuto l’onere ed il piacere di effettuare in questi giorni. Tra i vini che mi hanno particolarmente incuriosito ed anche sorpreso per quanto siano migliorati in questi ultimi anni, ce ne sono stati diversi provenienti dalla Sardegna, regione che sta finalmente esprimendo tutto suo il potenziale, sia per i vini tipici ottenuti dai vitigni autoctoni sia per quelli di ultima generazione realizzati con l’ausilio di nuove tecniche e la consulenza di enologi prestigiosi.
Inoltre, se fino a qualche anno fa emergevano solo alcune aziende leader come Capichera, Argiolas o Sella & Mosca (con le selezioni) , attualmente si sono aggiunti diversi piccoli produttori locali ed alcune cantine cooperative che si sono completamente rinnovate puntando alla maggior qualità; a questo proposito posso citare le Cantina di Santadi, Cantina Gallura, Cantina del Giogantinu o anche la Cantina di Jerzu che producono un’ampia gamma di vini a prezzi abbordabili affiancati da alcune eccellenze davvero interessanti.
Perciò che concerne i vini bianchi, il Vermentino la fa da protagonista assoluto, non solo a nord-est in Gallura dov’è una DOCG , ma un po in tutta l’isola. Recentemente ho assaggiato un notevole, ma raro, “Canayli “DOCG Cant. Gallura vendemmia tardiva, sempre buono anche il nuovo 2015 classico. Più a sud ottimi l’ ”Is Argiolas” ed il “Cala Silente” Cant.Santadi.
Altri vitigni a bacca bianca meno conosciuti sono il Nuragus, coltivato soprattutto nel cagliaritano, ed il Torbato nella zona di Alghero.
Discorso a parte per la Vernaccia di Oristano, storico vino bianco da invecchiamento che matura sui lieviti in botti colme. Vino tutt’altro che facile e beverino, difficile anche da accostare ai cibi, riesce però ad offrire straordinarie sensazioni d’ intensità , complessità e persistenza gustativa: da provare quelle di Contini e di Atzori, anche solo da “meditazione”.
L’ampia gamma dei vini rossi si è ulteriormente arricchita, oltre che affinata, dall’esplosione del Carignano, un vitigno un po’ trascurato in passato. Il Carignano ha origini Iberiche ed ha trovato sui terreni sabbiosi del Sulcis l’habitat ideale per produrre eccellenti vini. Diciamo pure che il merito di questa riscoperta è dovuta in gran parte alla Cantina di Santadi che si è avvalsa della collaborazione di Giacomo Tachis, l’enologo recentemente scomparso a cui si devono vini come Sassicaia, Solaia, Tignanello e tanti altri vini prestigiosi come “Mille e Una Notte” di Donnafugata da nero d’Avola o anche il “Turriga” di Argiolas a base Cannonau e piccole aggiunte di altre uve locali, da sempre inserito tra i migliori 15/20 rossi d’Italia.
Il Carignano di maggior pregio è senza dubbio il “Terre Brune” ma non è male neanche il “fratellino” minore, la riserva “Rocca Rubia”. Un altro gioiello a base Carignano si chiama “Barrua” di Agripunica, a cui si aggiungono altre diverse realtà come ad esempio l’ottimo 6Mura. Anche il Cannonau viene dalla Spagna, dove viene chiamato Alicante, ed è molto diffuso anche in tutto il sud della Francia, il Grenache. E’ il vitigno più conosciuto e diffuso un po’ in tutta l’isola, dove si è evoluto in tipicità, carattere ed eleganza. Sono ormai alle spalle quei Cannonau molto grezzi e pesanti, a volte davvero imbevibili, quindi oggi si producono vini che associano potenza e finezza.
L’ultima conferma l’ho avuta martedì scorso a Garlate allorchè ho apprezzato e condiviso con i miei “allievi” il Cannonau ris. “Inu” 2012 di Contini abbinato ad un pecorino Gavoi latte crudo di 4 mesi: connubio da urlo! Oltre a questi due “giganti rossi” la Sardegna offre anche qualche vino locale in contino miglioramento come il Cagnulari, il Monica o anche il Bovale Sardo (buvaledda).
A questo punto non mi resta che il “dulcis in fundo” … e sì perchè l’isola non difetta certo di fantastici vini dolci, Nasco di Cagliari e Malvasia di Bosa su tutti. In questo segmento di prodotti gli ultimi entusiasmanti assaggi si riferiscono a due Nasco passiti , il “Latinia” di Santadi e l’ “Angialis” di Argiolas: senza sprecare altri aggettivi, semplicemente uno più buono dell’altro!
Assaggiare per credere
Roberto Beccaria
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