RUBRICA – Ciao a tutti e ben ritrovati a condividere una giusta passione per il vino italiano, anche se il vitigno di cui vi voglio parlare non è originario del nostro Bel Paese ma è stato creato in Svizzera verso la fine dell’800. Il Muller Thurgau è in effetti un incrocio botanico tra Riesling renano e Madeleine Royale concepito in Germania da un biologo elvetico di nome Hermann Muller, cittadino di Thurgau.
Prima dell’evoluzione delle analisi genetico-molecolari sui vitigni si pensava che l’ibrido fosse composto da Riesling x Sylvaner, si pensò anche allo Chasselas, infine il responso definitivo col suddetto vitigno autoctono del Vallese.
Per le sue caratteristiche di adattamento e cospicua produttività si è rapidamente diffuso in tutta l’Europa centrale, specialmente Germania, Austria, Ungheria e nord-est d’Italia, naturalmente in Trentino e Alto Adige, dove se no?
Generalmente col Muller Thurgau si producono vini definiti gradevoli, freschi, sapidi e snelli di corpo, mai elencati nella gamma dei grandi vini bianchi italiani.
E’ facile anche imbattersi in alcune versioni di Muller Thurgau frizzanti o spumanti tra i quali, devo ammettere, non ho mai trovato prodotti degni di nota. Al contrario, ad una recente degustazione con gli amici di Lurago d’Erba, ne ho assaggiato uno talmente raffinato, equilibrato e delizioso da farmi ripensare al concetto del “grande vino” che deve aver per forza struttura, complessità e personalità.
Tutti questi requisiti un Muller Thurgau non li potrà mai avere, e non dobbiamo neanche aspettarceli, però può essere eccellente vino leggero e gradevole ideale per un aperi-cena, per una cenetta estiva in veranda o in terrazza vista mare o per uno sfizioso menù vegetariano: vi garantisco che, se ben valorizzato, non è certo un vino di serie B come ritenuto da molti.
Tra i prodotti assaggiati in questi ultimi anni ho un ricordo di notevoli differenze tra quelli prodotti in Trentino, dove la zona di elezione è la Val di Cembra, nei territori di Lavis, Cembra e Faedo e quelli prodotti nelle zone più nord in Alto Adige come Valle Isarco e Val Venosta.
Nel primo caso i vini sono più rotondetti e vellutati con note fruttate e floreali delicate e avvolgenti, nel secondo vini più sottili e freschi d’acidità ma con aromaticità più profonda fatta di sfumature spesso erbacee e agrumate.
Pur non avendone assaggiati a decine, mi sento di segnalarvi i due Muller delle cantine storiche di Cembra e di La Vis, a cui si aggiungono quelli dell’Istituto di S.Michele all’Adige (ora Fondazione Mach) e lo “Zeveri” di Cavit. Dal Trentino arriva anche il delizioso “Filii” di Pojer e Sandri, un curioso vino commercializzato in bottiglie da 0,50 lt, ottenuto con un uvaggio di Riesling renano ed i suoi 3 “figli” ibridi Muller Thurgau (Rieslig x Madeleine Royale), Kerner (Riesling x Schiava) e Incrocio Manzoni (Riesling x Pinot B.co).
Dalla zona classica della Strada del Vino in Alto Adige posso citarvi il “Graun” della Cantina Cortaccia ed il mitico “Feldmarshall” di Tiefenbrunner, un vigneto posto a 800/900 m sopra il livello del mare.
Dalla Valle Isarco il “Sass Rigais” di Manni Nossing, quello splendido vino degustato l’altra sera a Lurago d’Erba, e la selezione “Aristos”dei Produttori Valle Isarco ed infine, dalla Val Venosta la divina vendemmia tardiva “Spielerei” di Castel Juval a cui abbinerei un foi-gras o un erborinato piuttosto che un dolce.
L’ultima segnalazione arriva dalla Basilicata, tranquilli non è una bufala, ma il “Re Manfredi” b.co di Terra degli Svevi è un 70% Muller Thurgau e 30% Traminer dal prezzo onesto prodotto sui terreni di origine vulcanica del Vulture: assolutamente da provare quindi.
Assaggiare per credere
Roberto Beccaria
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