RUBRICA – PSICOLOGIA DELLO SPORT –
“Nessun pessimista ha mai vinto una guerra”.
Sarà almeno una settimana che questa massima (forse risalibile a Churchill ma che io ho trovato in un libro che parla di… tecnologie del futuro!) mi ronza in testa. Di per sé non è che sia una frase particolarmente illuminante ma, giorno per giorno, devo avergli associato un qualche contenuto importante, qualcosa che mi sfuggiva e che mi faceve riflettere. Finchè alla fine, sono arrivato ad una conclusione: io stesso che mi ritenevo un portatore sano di entusiasmo nello sport, che miravo a far accrescere la ricerca di obbiettivi elevati ma realistici, forse non avevo ancora compreso un elemento chiave: essere ottimisti, quindi fiduciosi che le cose prenderanno la piega che noi vogliamo e otterremo il risultato che desideriamo, non può che farci arrivare ad uno step ulteriore, ad un scarto in più. Ma solo se siamo attrezzati a gestirlo.
Spesso, durante i primi incontri con gli atleti, ho la sana abitudine di prediligere il realismo. Questo per un semplice motivo: il più delle volte lo sportivo che bussa alle porte dello psicologo dello sport è un atleta in difficoltà, cioè non in grado di performare come vorrebbe. Stimolare in lui false illusioni come: “devi essere ottimista, ora vedrai che ricomincerai a fare grandi risultati” è, dal mio punto di vista, un metodo immediato per accorciare la carriera dell’atleta, il quale fa il pieno dell’entusiasmo trasmessogli e si presenta carico di illusioni alla sfida successiva: se va di fortuna egli performerà bene e sarà felice, se va male egli sentirà frustazione e rabbia. Quello che è certo è che questo sia un metodo a “rapido consumo”: l’atleta potrebbe anche performare bene per qualche gara, ma non appena incapperà nel match negativo ecco che metterà in discussione tutto il piano di lavoro mentale poiché: “è stato così facile andare bene subito… ma con altrettanta velocità si può tornare a far schifo! Ste robe psicologiche sono tutte cazz…!”. Per questo motivo il realismo, sano, veritiero, onesto è la via più giusta e corretta per iniziare un percorso. Diffitate sempre da tutti coloro che vi promettono facili risultati.
Detto questo ecco che però, nel tempo, può (e ci si auspica “deve”) subentrare una fase successiva, quella in cui l’atleta è ormai consapevole di chi è e dei propri limiti al punto tale che lo scopo primario si sposti gradualmente verso la ricerca di obiettivi “più alti” e non più alla cura di un problema. Anche in questo caso la ricerca è spesso volta verso obiettivi entusiasticamente realistici, alzando l’asticella ma con la coscienza che, con le giuste azioni ed impegno, sarà possibile raggiungere quegli obiettivi.
Ma poi ecco che si arriva ad un ulteriore limite, quello del “ok, io sono questo al massimo delle mie capacità… giusto?”. E’ a questo punto che entra in ballo il fattore ottimismo.
Dobbiamo sempre ricordarci che le facoltà mentali latenti sono là ad aspettarci e il nostro scopo è proprio quello di andarle a cercare. Verosimilmente con atleti “mentalmente rodati”, con un alto grado di resilienza ed elevata motivazione, sarà perciò possibile provare quest’ulteriore suggestione. Se con l’entusiasmo realistico puoi ottenere “solo” grandi risultati realizzabili, con l’ottimismo sarà forse possibile rendere realizzabile ciò che apparentemente sembra… irrealizzabile?
Quel che certo è che un approccio ottimista deve necessariamente essere accompagnato da una grande capacità di accettazione delle delusioni dovute ad un risultato non congruo con le aspettative. Ottimismo fa spesso coppia (in forma pessimista) con la disillusione, una delle emozioni più difficili da gestire, poiché generatrice fondamentale della demotivazione. Devo saper reggere forti sensazioni negative se decido di sfruttare quest’approccio nelle competizioni. Per questo mi sento di consigliare uno stile marcatamente ottimista solo a quegli atleti rodati che ormai si conoscono e si sanno accettare, soprattutto emotivamente. Per tutti gli altri… beh, ricordatevi che l’entusiasmo è un propulsore ideal quando usato a dovere! La voglia di divertirsi sempre deve essere il motore di ogni sportivo, a qualsiasi livello!
Nell’ottimismo, forzando le proprie credenze verso una visione oltre i confini che ci siamo (saggiamente) posti, sapremo forse fare quel passo in più, quel cm in più, quel decimo in meno?
Che sia l’Ottimismo l’ultima via per aprire gli orizzonti?
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Dott. Mauro Lucchetta – Psicologo dello Sport
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