Psicologia e Vita. La noia, spiacevolissima occasione di rilancio

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RUBRICA – Estate: per i giovani studenti è tempo di vacanze, bagni al lago e al mare, gite in montagna. Dopo le fatiche dell’anno scolastico è il periodo del tempo libero, delle giornate prive di impegni, dell’assoluta libertà di organizzare il proprio tempo in rapporto ai propri interessi. È qui che, talvolta, prende forma la noia, emozione oggi sempre più esorcizzata a allontanata da quel bombardamento di informazioni e pseudo-relazioni in cui siamo perennemente immersi. Eppure, per quanto spiacevole, la noia è un importante volano e stimolo, soprattutto per i giovani che si affacciano all’età adulta, per interrogarsi su di sé e dare un senso più profondo al tempo e alle relazioni, un senso più aderente al proprio specifico e unico modo di essere.

La noia sta cambiando natura – così ci suggeriscono i sociologi – La generazione degli attuali genitori (soprattutto quarantenni e cinquantenni) alle prese con figli preadolescenti e adolescenti ha sperimentato, nella propria età giovanile, una forma di noia che sollecitava un intervento attivo per il suo superamento. Le lunghe giornate estive senza impegni specifici, lontano dalla routine della scuola e da una scansione definita del tempo e degli spazi, talvolta procuravano un sottile e spiacevole senso di stanchezza misto a disinteresse, malavoglia, apatia, coperto a tratti da un velo di rabbia appena avvertibile: ecco la noia. Una sensazione profondamente spiacevole, di cui ci si doveva far carico in vista di un suo superamento. È così che ci si inventava la capanna da costruire nel bosco, il giro in bicicletta più lungo e articolato del solito, la partita a calcio o a biglie. Oppure, più oltre con l’età, la festicciola in casa, il giro al lago, la serata a base di Risiko e patatine…

La noia – per quanto ognuno la vivesse a modo suo, come qualsiasi emozione – era una condizione chiara con cui dover fare i conti e da superare.

Le ricerche psicologiche sulle nuove generazioni ci dicono invece che i preadolescenti di oggi sperimentano una “noia distratta” e indistinta, non così facilmente identificabile, e quindi difficile anche da affrontare. Un momento di noia, oggi, può essere facilmente anestetizzato e coperto attraverso il mondo virtuale che abbiamo perennemente in tasca grazie allo smartphone: facebook, instagram, news di ogni tipo per i gusti di tutti, video capaci di solleticare le più varie e specifiche curiosità, giochi virtuali.

Destreggiandoci con le dita su uno schermo di 6 pollici entriamo in contatto col mondo, ma mai in relazione con esso. Capita sempre più spesso di osservare ragazzini seduti sulle panchine per ore a scrivere, commentare, ridere o arrabbiarsi da soli; magari in compagnia, fisicamente vicini, ma ognuno alle prese con il “proprio mondo”. È così che quella spiacevole sensazione di noia (come molte altre) viene coperta, dopata, esorcizzata, edulcorata, smussata, ma mai affrontata. Ed è così che, parallelamente, si perde l’occasione di conoscere qualche aspetto importante di sé e di “superarsi” facendosi carico di un momento di vuoto e trovando le risorse per farvi fronte. Risorse che poi si avranno sempre a disposizione, nella misura in cui saranno state scoperte e vi si potrà avere accesso.

Non si tratta, ovviamente, di demonizzare questi strumenti – come già abbiamo avuto occasione di dire – ma semplicemente di regolarne l’uso cercando di osservare ciò che il loro utilizzo comporta e come cambia, a piccoli e inavvertibili passi, l’universo emotivo ed esperienziale di chi ne fa uso.

Come osservava Gustav Anders ne “L’uomo è antiquato”, “Cambiare il mondo non basta. Lo facciamo comunque. E, in larga misura, questo cambiamento avviene persino senza la nostra collaborazione. Nostro compito è anche interpretarlo. E ciò, precisamente, per cambiare il cambiamento. Affinché il mondo non continui a cambiare senza di noi. E, alla fine, non si cambi in un mondo senza di noi”.

Accogliamo, dunque, le rivoluzioni del mondo virtuale, ma “secondo misura”, cercando di fare in modo di essere noi ad usare loro, e non viceversa.

Dott. Enrico Bassani
Psicologo – Psicoterapeuta
Via Leonardo da Vinci 15, Lecco
http://www.bassanipsicologo.it – info@bassanipsicologo.it – tel. 338.5816257

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