L’Arcivescovo Delpini in visita in Val San Martino per ricordare le vittime del covid

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Monsignor Delpini a Calolziocorte

“Imparare a pregare, imparare a sperare e imparare a prenderci cura gli uni degli altri”

Visita nei cimiteri di Vercurago, Calolzio, Monte Marenzo e Erve, in serata la Santa Messa a Carenno

CALOLZIOCORTE – Una visita molto sentita e apprezzata dalla cittadinanza che ha accolto con calore monsignor Mario Delpini, Arcivescovo di Milano, in visita oggi pomeriggio, 18 marzo, in Valle San Martino.

Monsignor Delpini a Vercurago

Nella Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’epidemia di Coronavirus ha voluto rendere omaggio visitando i cimiteri di cinque parrocchie di rito ambrosiano della Diocesi di Bergamo, epicentro della crisi sanitaria nella prima ondata del Covid. L’Arcivescovo ha cominciato la sua visita da Vercurago dove è stato accolto dal parroco di Pascolo e Vercurago don Andrea Pirletti, dal parroco di Somasca Padre Livio Valenti, dal sindaco Paolo Lozza, dal vice sindaco Carlo Greppi e dall’assessore Roberto Maggi.

Monsignor Delpini con monsignor Angelo Riva e don Andrea Pirletti

A Calolzio, invece, ad attenderlo c’erano tutti i parroci delle tre parrocchie, don Giancarlo Scarpellini di Calolzio, don Antonio Vitali di Foppenico e don Luca Casali di Sala, insieme al sindaco Marco Ghezzi e al vicesindaco Aldo Valsecchi presenti anche l’assessore Tina Balossi e i consiglieri Marco Bonaiti e Daniele Butti.  Ad accompagnarlo durante tutta la visita, che ha toccato anche i comuni di Monte Marenzo e Erve, è stato don Angelo Riva parroco di Carenno, paese in cui in serata, alle 20.30, monsignor Delpini celebrerà la messa in memoria di don Adriano Locatelli, sacerdote della parrocchia morto di Covid proprio il 19 marzo 2020. Presenti anche i rappresentanti delle Forze dell’Ordine del territorio e le associazioni.

“Voglio esprimere il mio partecipare al dolore di queste terre che sono legate alla terra ambrosiana e quindi mi vedono partecipe delle sofferenze che stiamo attraversando – ha detto monsignor Delpini -. Pensavo di dire una parola di condoglianze perché sento i vostri morti come i miei morti, ma sotto la croce di Gesù, un uomo giusto che ingiustamente muore, non ci sono parole di condoglianze ma parole di missione. Io, perciò, sento la responsabilità di dire parole che siano di conforto perché sono di missione, parole di consolazione non perché guardano indietro a lamentare l’assenza dei nostri cari ma perché guardano avanti a invocare il tempo della speranza”.

“Sono tre le parole che voglio pronunciare perché il nostro dolore e la nostra desolazione non ci induca a piegarci, lamentarci e deprimerci ma ci incoraggi piuttosto a vivere in un modo nuovo. La prima è impariamo a pregare, se questa tragedia della pandemia non ci insegna almeno questo vuol dire che abbiamo sofferto in vano. La seconda parola necessaria, doverosa e troppo fraintesa è impariamo a sperare. La speranza cristiana sembra bandita dalla cultura contemporanea e non è l’aspettativa che le cose vadano un po’ meglio, ma la speranza cristiana guarda più lontano e ci dice che non siamo fatti per la morte ma per la vita che va oltre la morte. La terza parola che voglio condividere è impariamo a prenderci cura degli altri, non ripieghiamoci sul nostro dolore, non pensiamo che il nostro dolore è il più grande del mondo e siccome abbiamo sofferto abbiamo diritto ad essere arrabbiati o risentiti con Dio e con il mondo. Siamo stanchi, provati ed esasperati, non rischiamo di isolarci, noi siamo chiamati a dire una parola di aiuto a chi si sente abbandonato”.