Si sperimentano anche all’ospedale di Lecco le nuove terapie contro il Covid
La dott.ssa Piconi: “Risultati molto positivi da monoclonali e antivirali”
LECCO – “Rispetto ad un anno fa, ora i medici non si trovano più a combattere senza armi questa malattia e in futuro ne avremo di ulteriori. Ci sono studi in fase avanzata che stiamo portando portando avanti anche a Lecco e che stanno dando ottimi risultati”.
E’ la dottoressa Stefania Piconi, primario di Malattie Infettive dell’azienda ospedaliera di Lecco, a riferire degli ultimi sviluppi nel trattamento dei pazienti affetti da Covid. “Una rete di cura da cui da tempo l’ASST di Lecco è collegata ed è tra i centri all’avanguardia, tra i primi ad utilizzare gli anticorpi monoclonali” come ha sottolineato il direttore generale Paolo Favini.
Terapie nuove (alcune meno recenti come l’utilizzo del plasma iperimmune che già da mesi si utilizza anche negli ospedali lecchesi) che variano a seconda dello stadio avanzato o meno della patologia.
“E’ una malattia bifasica – spiega la dott.ssa Piconi – l’andamento della prima fase è correlato alla replicazione attiva del virus nelle cellule, la seconda invece dipende da una risposta infiammatoria esagerata del corpo che è innescata dal virus stesso. Fasi che abbiamo imparato a conoscere”.
L’esperienza dei monoclonali
“Nella prima fase viene solitamente utilizzato un farmaco antivirale che riduce la riproduzione del virus – prosegue il primario – ora abbiamo in uso anche gli anticorpi monoclonali che hanno la capacità di interferire con la proteina Spike – utilizzata dal virus per ‘entrare’ nelle cellule – e fermare quindi la sua riproduzione”.
L’ospedale di Lecco ha oggi a disposizione tre differenti tipi di monoclonali, uno singolo e due combinati, questi ultimi giudicati ulteriormente efficaci nell’interrompere l’attività del virus.
“Dal 20 marzo, sono tre i pazienti che abbiamo trattato con i monoclonali, uno dei quali era affetto dalla variante inglese del Covid, tutti con situazioni cliniche molto complesse e i risultati sono stati ottimi: non hanno avuto particolari manifestazioni cliniche, solo una leggera febbre, non hanno avuto problemi di saturazione e in una settimana si sono negativizzati dal virus”.
Una terapia utile quindi e destinata a quei soggetti in condizione di fragilità che possono essere segnalati dai medici di base o dagli specialisti. “In ospedale abbiamo creato un percorso dedicato, l’importante è che i monoclonali siano somministrati nella prima fase della malattia – spiega il primario – indicativamente entro dieci giorni dalla scoperta della positività al Covid e i suoi primi sintomi”.
Lo studio sugli antivirali
L’ospedale di Lecco sta portano avanti anche la sperimentazione di nuovi antivirali “che stanno dando risultati molto significativi – spiega la dott.ssa Piconi – in particolare stiamo utilizzando un farmaco di origine israeliana che riduce sensibilmente il decorso della malattia, riducendo il ricorso al ricovero e accelerando i tempi di negativizzazione dei pazienti”.
Sono una quarantina ad oggi i malati Covid che a Lecco che sono stati trattati con due diversi antivirali. “Il nostro studio è alla fase finale, sta dando risposte cliniche efficaci – aggiunge il primario – e abbiamo chiesto di entrare nel programma di uso compassionevole del farmaco”.
Se il Covid è in stato avanzato
Per curare la seconda fase della malattia “che è quella crea più difficoltà – aggiunge la dott.ssa Piconi – viene utilizzata una terapia a base di cortisone che a volte però non basta, allora vengono somministrati altri immunomodulanti” per equilibrare la risposta del sistema immunitario.
Anche in questo caso sono in corso studi su nuovi farmaci dall’efficacia maggiore. Tanti passi avanti che rendono possibile pensare ad una cura definitiva contro il Covid? “Credo sia possibile, entro il prossimo inverno”.
Vaccinati e positivi
Come in altre aziende sanitarie, anche a Lecco ci sono stati casi di operatori già vaccinati risultati positivi al Covid. “Non deve sorprendere – spiega il primario -qualche positività post vaccino c’è stata ma si è tratto di casi dalla sintomatologia risibile. Lo stesso vale per quanti hanno contratto il Covid una seconda volta dopo essere guariti. Importante è la reazione clinica, che abbiamo visto essere quasi asintomatica nei pazienti che si sono nuovamente infettati”.