Pronto Soccorso, nel 2023 quasi 65 mila accessi

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Pronto soccorso Ospedale di Lecco

L’intervista al Direttore Luciano D’Angelo

Ancora tanti accessi inappropriati: “Facciamo buon uso di questa struttura”

LECCO – Crescono gli accessi al Pronto Soccorso di Lecco: dopo un’importante flessione causata dall’emergenza pandemica (nel 2020 si è arrivati al -25% di accessi) nel 2023 i numeri sono risaliti, con quasi 65 mila accessi complessivi, la maggior parte dei quali legati ai codici di minore urgenza (ovvero 3, 4 e 5, ex codici verdi e bianchi). Un dato che richiama, necessariamente, l’importanza di educare all’utilizzo del Pronto Soccorso, nato per la gestione dell’emergenza urgenza ma ancora troppo spesso fruito alla stregua di un ambulatorio.

A darci un quadro della situazione è stato il direttore Luciano D’Angelo, dal 2011 alla guida della struttura. Di seguito la sua intervista.

luciano d'angelo
Il dottor Luciano D’Angelo

Dottore, lei dirige il Pronto Soccorso da oramai più di 10 anni. Com’è cambiato?
Ricordo che quando sono arrivato nel 2011 non c’era nemmeno il Triage come lo conosciamo oggi. C’era ancora un’accoglienza ‘da bancone’, la valutazione era cioè data dal professionista presente. La ristrutturazione dell’accoglienza è stata sicuramente una svolta importante, è stata realizzata una postazione infermieristica per la valutazione che di fatto aiuta a “stratificare” meglio l’utenza che si presenta in Pronto Soccorso.
La struttura funziona, anche se è sotto pressione e gli spazi sono piccoli, ma presto avremo a disposizione un nuovo padiglione dove potremo trattare i pazienti più seri, per intenderci i codici 1 e 2, ovvero rossi e arancioni (emergenza-urgenza, ndr).
A proposito del triage, segnalo che è in fase di conferma in Regione un protocollo studiato per uniformare i criteri di accesso, un’operazione non indifferente recepita da tutte le aziende sanitarie lombarde che consentirà anche di confrontare le attività dei diversi ospedali.

Come sta oggi il Pronto Soccorso di Lecco?
Ha i suoi punti di forza e i suoi punti deboli. Tra i punti di forza sottolineo un organico costituito da medici d’urgenza, per cui è garantita la presenza di medici che hanno capacità e competenza per affrontare qualunque tipo di situazione sia di tipo interventistico che chirurgico. Certamente la numerosità di questi professionisti non è del tutto coerente con la casistica che richiede l’Ospedale. Il Manzoni, ricordo, è un Dea di 2° livello, ovvero in grado di trattare in maniera completa qualunque tipo di condizione, a parte cose ultra specialistiche (es. grandi  ustionati o chirurgia d’urgenza della mano, ndr). Il Pronto Soccorso, di conseguenza, è di riferimento per diverse patologie, ad esempio quella vascolare acuta, cardiaca, ictus cerebrale, emorragie, traumi gravi e patologia chirurgica maggiore. Questo per contestualizzare che il nostro Ospedale è confrontabile con i grandi Ospedali della Regione. Tornando all’organico del PS, oggi abbiamo 17 medici e una cinquantina di infermieri. Di giorno è prevista la presenza di quattro medici più uno per i codici minori mentre di notte i medici in servizio sono due. Non siamo sicuramente in numero sufficiente per il completamento della capacità di risposta, secondo i dettami della nuova Delibera di Giunta Regionale emessa la scorsa estate dobbiamo infatti acquisire nuovo personale anche per l’Osservazione Breve Intensiva e la Medicina d’Urgenza Semi Intensiva”.

Quali sono invece i punti deboli?
L’ambiente piccolo dal punto di vista della superficie ma questo aspetto migliorerà presto quando sarà disponibile la nuova area che ci consentirà di differenziare alcuni percorsi, ad esempio verso la degenza breve di medicina d’urgenza o l’area di stabilizzazione dei pazienti semi intensiva.

Ci sono delle difficoltà nel reperimento di personale per il Pronto Soccorso?
Credo che l’area Emergenza Urgenza sia quella in cui si fa più fatica a trovare professionisti. E’ un discorso complesso, legato alla storia di questi reparti che vedono, per chi ci lavora, un impegno gravoso in termini di tempo: si lavora il fine settimana, durante le festività, le notti, ma non solo. E’ un lavoro impegnativo, le persone che arrivano in Pronto Soccorso si aspettano molto, questo a volte è sfidante e sfiancante. Dal punto di vista professionale da tanto ma oggi come oggi non può non avere una contropartita sia in termini di riconoscimento di carriera che economico. Chi lavora in Pronto Soccorso fa solo quello, non può fare attività collaterali come altri professionisti.

Una domanda personale: cosa l’ha spinta a scegliere questa strada?
E’ un lavoro bellissimo: sapere che quello che hai fatto fa la differenza in termini di sopravvivenza è qualcosa che nessuno stipendio ti può dare. Solo questo vale l’impegno. Il medico da prima di tutto un servizio e in questo ambito si realizza tanto: lavorando in Pronto Soccorso spesso succede di poter fare la differenza e questo è estremamente gratificante.

L’ingresso del PS

Spesso si ricorda di fare un buon uso del Pronto Soccorso. Qual è la situazione? Ci sono ancora tanti accessi inappropriati?
Nel 2023 abbiamo avuto 64.800 accessi, un dato importante che ci riallinea ai numeri pre Covid, ricordo che nel 2019 erano stati quasi 70 mila. Del totale degli accessi, il 4,7% è rappresentato da codici rossi, quindi effettiva emergenza. Seguono poi i codici gialli (urgenza) con il 20% e, per la maggior parte, i codici minori, verdi e bianchi. Questa condizione di inappropriatezza importante credo vada spiegata: in maniera asettica si potrebbe dire che una certa percentuale di pazienti non dovrebbe venire in Pronto Soccorso ma il condizionale è d’obbligo. La domanda conseguenziale infatti è: dove dovrebbero andare queste persone? Qual è l’alternativa sul territorio? Oggi è difficile pensare di fare un’attività di assistenza sanitaria di primo livello senza accedere a strumenti di diagnosi e a dati clinici di laboratorio e il Pronto Soccorso in questo non ha competitor, ma dobbiamo allo stesso tempo ricordarci che è una struttura pensata per rispondere all’emergenza e non a qualunque tipo di bisogno. Le richieste di soccorso invece vanno dal socio-sanitario al grande problema clinico, alla patologia cronica: una casistica variegata, a rischio di perdere efficienza sulla mission fondamentale del Pronto Soccorso, curare il paziente acuto, con sindrome d’emergenza. Se la struttura è intasata di persone che richiedono visite per motivi anche banali, ad esempio un occhio rosso, è chiaro che ci sarà efficienza minore nel dare risposte alle urgenze.

Senza dimenticare che a volte per queste non urgenze le persone attendono ore.
In Pronto Soccorso non rifiutiamo nessuno, è una regola. Tutti vengono visitati, ma alle volte i tempi di attesa sono infiniti. C’è chi arriva ad aspettare 10 ore per una visita, non ha senso. Abbiamo messo a punto dei percorsi di presa in carico anticipata a gestione infermieristica, ovvero per alcune situazioni non gravi ma comunque di sofferenza, pensiamo ad un polso rotto o ad una ritenzione acuta d’urina, condizione che interessa diversi pazienti anziani che arrivano in Pronto Soccorso, gli infermieri possono iniziare a visitare e a trattare la patologia, ad esempio dando un analgesico o immobilizzando un arto rotto. Si badi bene: questo non deve essere un incentivo a fruire il Pronto Soccorso ma è un’ulteriore scommessa che facciamo per migliorare sempre di più il servizio che offriamo.

Secondo lei l’utilizzo improprio del PS è una tendenza che si potrà mai invertire?
Credo occorreranno anni, serve un forte cambiamento nella medicina del territorio e al contempo fare educazione sanitaria ai cittadini.

C’è un periodo dell’anno in cui il Pronto Soccorso è più sotto pressione?
Direi l’estate, in particolare il mese di luglio. Dobbiamo considerare una cosa, che la popolazione stanziale della Provincia di Lecco è di circa 350 mila abitanti ma nei fine settimana la stima è che superino il milione di presenze. L’Ospedale Manzoni ha un Pronto Soccorso che presenta quello che io chiamo ‘l’effetto Rimini’: un bene per il territorio, sempre più attrattivo, ma paghiamo lo scotto di questo interesse. Sempre più persone frequentano lago e montagna, nei weekend estivi i traumatizzati rappresentano un vero disastro, ma devo dire che anche d’inverno la situazione non è differente con i tanti infortuni sulle piste da sci e in montagna. Con l’ampliamento del Pronto Soccorso riusciremo ad avere anche la strumentazione per una radiologia d’urgenza da utilizzare, questo dovrebbe snellire alcune procedure.

In conclusione, che appello si sente di lanciare?
Facciamo buon uso di questa struttura, delicata, fragile, che si regge su equilibrio instabile. Il fatto di pensare prima di accedere ad un Pronto Soccorso credo sia un atteggiamento anche civico. Ed è nell’interesse di tutti noi, operatori e pazienti, metterlo in pratica.

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