Studenti testimoni di legalità: al Parini inaugurata la mostra Chiuso per mafia

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Un’installazione per rendere memoria a uomini coraggiosi che non si sono piegati alla mafia

A Lecco anche Antonella e Pasquale Borsellino: “La lotta alla mafia si fa con i piccoli gesti quotidiani di ognuno di noi”

LECCO – Donato Diego Maria Boscia, Carmelo Iannì, Gaetano Giordano, Giovanni Panunzio, Paolo e Giuseppe Borsellino, Libero Grassi, Mario Diana, Mimmo Noviello, Luigi Coluccio: sono i nomi di nove imprenditori “liberi” che non hanno abbassato la testa di fronte alla mafia.

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Antonella e Pasquale Borsellino

Gli studenti della 4^A e 4^B professionale Servizi Commerciali dell’istituto Parini hanno voluto ricordare le loro storie in una bellissima mostra allestita presso la scuola a conclusione di un articolato progetto di educazione civica dal titolo “Mafia, antimafia ed economia”. La mostra “Chiuso per mafia” è stata realizzata con il supporto degli studenti del corso Operatore edile e Operatore grafico ipermediale della Fondazione Clerici di Lecco.

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I ragazzi dei due istituti, coordinati dalla professoressa Greco, hanno lavorato sodo per realizzare l’installazione che intende rendere memoria a uomini coraggiosi che hanno svolto il loro lavoro con passione e dedizione senza piegarsi alle aggressioni della criminalità organizzata. La mostra è stata presentata stamattina durante un evento a tratti molto emozionante a cui hanno partecipato anche Antonella e Pasquale Borsellino, fratelli di Paolo e figli di Giuseppe Borsellino, piccoli imprenditori del settore del calcestruzzo uccisi dalla mafia nell’aprile e nel dicembre 1992.

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Pasquale Borsellino

“Nel 1992 furono tre i Borsellino a morire per mano della mafia: oltre al giudice Paolo Borsellino, a luglio, nella strage di via D’Amelio, il 21 aprile fu ucciso nostro fratello Paolo a soli 31 anni e a dicembre toccò a nostro padre Giuseppe – raccontano Antonella e Pasquale Borsellino -. Erano piccoli imprenditori del calcestruzzo nel piccolo paesino siciliano di Lucca Sicula che non si sono piegati alla mafia. Dopo la morte di nostro fratello, ucciso con un colpo di lupara a canne mozze, nostro padre lottò come un guerriero e per otto mesi non si diede pace. Lui stesso iniziò delle indagini, girava le informazioni ai magistrati ma quelle rivelazioni che faceva in gran segreto poche ore dopo erano già in mano ai boss. Nostro padre fu ucciso nella piazza del paese alle 4 del pomeriggio con 34 proiettili di kalashnikov”.

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“Noi siamo qui per una sorta di preghiera laica – hanno continuato Antonella e Pasquale -. La mafia è come un tumore: si tratta di gruppi di persone che si impadroniscono delle risorse della comunità. Fare memoria serve a rafforzare il nostro sistema immunitario perché nessuno è immune dalla mentalità mafiosa. Tutte le mattine, voi ragazzi, vi guardate allo specchio e potete decidere da che parte stare. Anche un atto che potrebbe sembrare di scarso rilievo come il prendere in giro un compagno avviene perché c’è gente che si gira dall’altra parte quando qualcosa. Non accettate mai le ingiustizie, anche se piccole. La lotta alla mafia si fa con i piccoli gesti quotidiani di ognuno di noi“.

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Pasquale, poi, è perentorio: “C’è tanto da preoccuparsi: a me spaventa l’idea che da qualche anno le mafie agiscano in maniera sommersa e si muovano in maniera sotterranea. Non ascoltate chi dice che la mafia è morta con l’arresto di Matteo Messina Denaro, sono baggianate, bisogna stare allerta. I figli dei boss hanno studiato nelle migliori università e oggi muovono grandissimi capitali. Oggi siamo qui perché don Ciotti ci disse che la rabbia che avevamo dentro dovevamo trasformarla in testimonianza, una testimonianza utile a fare in modo che certe cose non debbano più accadere”.

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Dopo la forza dirompente di queste parole, i ragazzi hanno accompagnato i presenti a visitare la mostra. All’inaugurazione erano presenti il Prefetto Sergio Pomponio e il Questore di Lecco Ottavio Aragona, il sindaco di Lecco Mauro Gattinoni, la presidente della Provincia Alessandra Hoffman; il provveditore Adamo Castelnuovo, oltre al presidente del consiglio comunale Roberto Nigriello, all’assessore Emanuele Manzoni e alle autorità militari.

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I ragazzi hanno ricreato nell’atrio della scuola la via di un’ipotetica città sulla quale si affacciano le attività dei nove imprenditori ammazzati dalla mafia. I ragazzi ne hanno raccontato con emozione le storie prima di accompagnare i visitatori in un secondo spazio dove è stato ricreato l’ufficio della Lucca Sicula Calcestruzzi di Paolo e Giuseppe Borsellino. Un’ambientazione curata nei minimi particolari che consente al visitatore di fare un tuffo indietro al 1992, l’anno delle stragi. Lì è possibile visionare tre filmati molto significativi e svolgere l’attività proposta.

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Poche parole ma un grosso applauso per un lavoro di memoria molto prezioso da cui emerge il forte coinvolgimento di questi studenti che si sono confrontati con un pezzo di storia d’Italia per essere loro stessi testimoni di legalità.

Chiuso per mafia

  • Donato Boscia (1957-1988), direttore dei lavori dell’impresa edile Ferrocemento di Roma che operava per la realizzazione dell’acquedotto di Palermo;
  • Carmelo Iannì (1934-1980), proprietario di un albergo in una località di mare vicino a Palermo;
  • Gaetano Giordano (1937-1992), commerciante che gestiva una profumeria a Gela;
  • Giovanni Panunzio (1941-1992), imprenditore edile che operava a Foggia, sua città natale;
  • Paolo e Giuseppe Borsellino (1961-1992 / 1936-1992), di Lucca Sicula, proprietari di una piccola azienda di calcestruzzo;
  • Libero Grassi (1924-1991), notissimo industriale tessile palermitano
  • Mario Diana (1936-1985), operativo nel campo degli autotrasporti nel casertano;
  • Domenico Mimmo Noviello (1943-2008) a capo di una società di autoscuole in provincia di Caserta;
  • Luigi Coluccio (1972-1995), titolare del bar La Lanterna a Gioiosa Ionica