Alla conviviale (online) del Panathlon il racconto di Alfredo Radaelli e Maurizio Levi, vincitori dell’edizione in Brasile
LECCO – Un’avventura incredibile, a tratti una vera e propria prova di sopravvivenza: è il Camel Trophy, una delle più dure competizioni di fuoristrada al mondo patrocinata dal marchio di tabacchi Camel. La nota gara si disputò dal 1980, anno della prima edizione, al 2000, nei più selvaggi e remoti angoli del pianeta: Amazzonia, Siberia, Australia, Nuova Guinea, Sumatra, Africa e moltissimi altri.
L’edizione 1984, in Brasile, porta la firma del lecchese Alfredo Radaelli e del fotografo Maurizio Levi, equipaggio italiano che vinse la gara: 2.500 km da Santarem e Manaus, nel cuore dell’Amazzonia. Un’indimenticabile esperienza che i suoi protagonisti hanno raccontato al Panathlon Club Lecco, durante la conviviale di martedì 12 maggio. Radaelli e Levi erano stati selezionati tra 15 mila candidati, in Italia, arrivando in finale e aggiudicandosi il pass per il Brasile.
Il Camel Trophy si è svolto nel mese di aprile, dal 4 al 21: “Già dall’aereo – ha raccontato Radaelli – abbiamo avuto un assaggio di quello che avremmo vissuto per le due settimane successive: c’era acqua ovunque, le esondazioni dei fiumi erano ricorrenti, d’altronde era la stagione delle piogge. La stessa Transamazzonica, la strada che avremmo dovuto seguire durante la gara, in diversi punti era stata praticamente cancellata da acqua e fango”.
Una volta giunti in Brasile Radaelli e Levi hanno avuto la loro Jeep, una Land Rover 110: “E’ stata la nostra casa per due settimane, quando siamo giunti al traguardo era praticamente da sbattere via – hanno ricordato i due piloti – ma è stata davvero un’esperienza incredibile”.
“Gli inconvenienti non sono mancati, dopo appena 4 giorni di guida abbiamo dovuto praticamente ricostruire un ponte portato via dalla forza del fiume esondato. E’ stato un lavoro estenuante dove ci siamo dati tutti una mando tra gli equipaggi, alla fine siamo riusciti a procedere. E’ anche questo un aspetto molto bello della gara: chi devi battere è anche colui che ti aiuta ad andare avanti”. “La parte più difficile?” ha ricordato Levi “le prove per le selezioni! Ricordo questa nottata di orientamento nei boschi dell’Umbria con solo una pila, una cartina e una bussola. Erano prove davvero toste, essere riusciti a passare le selezioni era già di per sé una vittoria per noi!”.
La traversata dell’Amazzonia ha riservato all’equipaggio italiano non poche difficoltà: “Dormivamo in auto o, quando faceva più caldo, sul tetto, alle volte abbiamo sfruttato i dormitori, palafitte dove si appendevano le amache. La mattina ci svegliamo pieni di morsi di zanzare. Quando pioveva la strada diventava un pantano, alle volte un fiume, guasti e problemi erano all’ordine del giorno, ma ce l’abbiamo fatta a vincere: è stato indimenticabile”.
“Credo – ha detto Levi – che in competizioni simili valga molto di più la capacità di affrontare e risolvere un problema che una buona tecnica di guida. Forse per questo noi italiani abbiamo avuto particolare successo nelle edizioni del Trofeo, siamo di natura creativi e ingegnosi!”.
Oltre la vittoria, i due hanno portato a casa il ricordo di una terra meravigliosa e selvaggia: “Colori, natura, acqua, i tramonti, era uno spettacolo unico. Nonostante siano trascorsi parecchi anni, 36, i ricordi sono ancora vividi” hanno concluso.