LECCO – Non sono certo pochi spiccioli quelli che il gioielliere lecchese Carlo Riva dovrebbe restituire agli amici che avrebbe truffato. Tra richieste di prestito e proposte di investimento con alto tasso di interesse mai applicati il gioielliere avrebbe lasciato insoluti debiti per oltre 700 mila euro (747 mila per l’esattezza). E si parla ‘solo’ di alcune delle vittime del presunto truffatore che hanno sporto denuncia.
Le loro storie sono sfilate questa mattina davanti al giudice monocratico del Tribunale di Lecco Nora Lisa Passoni nell’ambito del nuovo processo a carico del gioielliere 42enne, accusato di truffa aggravata.
Per truffa e appropriazione indebita di monili due anni fa Riva era stato condannato, patteggiando una pena di 1 anno e 4 mesi di reclusione oltre che 600 mila euro di multa. Essendo incensurato però la pena era stata sospesa.
La vicenda del gioielliere-truffatore, si ricorderà, era stata al centro di un servizio del programma televisivo Le Iene: a mettersi sulle tracce di Carlo Riva, noto gioielliere e orafo (tra le sue firme persino una croce impreziosita con dei diamanti indossata da Papa Ratzinger) era stato Luigi Pelazza, ‘incaricato’ da alcuni creditori dell’orafo, esasperati dalla situazione. Era il 2012 e Riva, dopo essere scappato dalla Iena Pelazza, aveva promesso ai microfoni – affiancato dal suo legale Ruggero Panzeri – che avrebbe saldato tutti i suoi debiti: “Credete in me – aveva dichiarato nel servizio – restituirò tutto”.
Di anni per Simone Piana, uno dei creditori, ne sono passati quasi 10 ma dei suoi 482 mila euro ancora neanche l’ombra. Almeno questo è quanto ha raccontato davanti al giudice Passoni e al Pubblico Ministero Pietro Bassi. Ripercorrendo la sua storia Piana non ha nascosto il disagio: “Oggi ho 38 anni e sono sul lastrico, costretto a vivere con mia madre, anch’essa truffata da Riva. In totale ci deve 482 mila euro. E sì che era mio amico”. I due infatti si conoscevano da diverso tempo, come spiegato.
“La parte brutta della storia è cominciato nel 2007 – ha raccontato al giudice – abbiamo venduto una casa per 300 mila euro e lui frequentando me e la mia famiglia lo sapeva. Ha iniziato a proporci investimenti, all’inizio utilizzando dei diamanti, promettendo che avremmo potuto disinvestirli in ogni momento. Li ho acquistati per 75 mila euro e dopo alcuni anni, nel 2009, ho deciso di restituirglieli. I soldi pattuiti però, 88 mila euro in totale, non mi sono mai tornati indietro”. A nulla sarebbero valsi incontri e promesse di piani di rientro: “Quando dovevamo incontrarci Riva trovava sempre una scusa per non presentarsi”.
La richiesta di soldi sarebbe poi proseguita nei confronti della madre, anch’essa ascoltata dal giudice e dal pm: “Volevo comprare una casa in Olanda, paese da cui provengo, con i soldi di una seconda vendita di immobile – ha spiegato – l’avevo già acquistata su carta ma i lavori non erano ancora cominciati, ci sarebbe voluto un anno circa. Riva mi propose un investimento di 300 mila euro con interesse al 10%: all’inizio pagava con dei cambiali poi pian piano ha smesso e non ho più visto un euro”.
“Sempre nel 2009 – ha proseguito Piana – Riva mi aveva chiesto un assegno a garanzia di un acquisto di materiale per il suo lavoro, gliel’ho dato, erano 80 mila euro, non avrebbe dovuto incassarlo ma lo ha fatto e anche quei soldi si sono volatilizzati”. In totale ammonta a 482 mila euro il debito che il gioielliere avrebbe contratto con Simone Piana e sua madre. “Oggi siamo sul lastrico, abbiamo perso tutto” ha commentato amareggiato.
Stefano Bonifacino è un altro creditore che insieme a Piana ha denunciato la truffa. Carlo Riva come raccontato in Aula era un suo compagno di scuola, amico da oltre 30 anni. “Prestargli dei soldi quando è venuto a chiedermeli per i problemi finanziari che mi aveva confidato è stato naturale per me. Eravamo amici da una vita, conoscevo la sua famiglia, seguivo anche con entusiasmo il suo exploit professionale come gioielliere. Gli ho prestato i soldi, 50 mila euro, senza pensarci e senza fretta di riaverli”. “Per il periodo appena successivo al prestito continuava a chiamarmi e invitarmi, anche in negozio, per vedere le sue creazioni. Ricordo aveva dei sacchi di plastica nel suo ufficio pieni di contanti. Mi diceva che presto mi avrebbe rimborsato ma allora io non avevo davvero fretta”.
Nel 2010 però le cose cambiano come raccontato: “Avevo deciso di fare il fotovoltaico, costava 27 mila euro. A quel punto gli chiesi i soldi, lui mi disse che non c’erano problemi e mi fece avere tre assegni firmati da un suo amico gemmologo. Mi disse però di aspettare a incassarli perché l’amico aveva problemi economici. Il fatto è che io dovevo recuperare non solo il mio credito ma quello di altri miei amici, di mio suocero e anche di mio padre che avevo convinto a fare degli investimenti e dei prestiti. Non arrivando da lui il saldo ci ho pensato io, restituendo i soldi alle persone che avevo coinvolto. Morale ho dovuto accendere un mutuo per pagare il fotovoltaico, ho provato a incassare gli assegni, tutti e tre son risultati impagati, ho rischiato pure di perdere il posto di lavoro in banca”.
A nulla sarebbero valsi i tentativi di farsi restituire i soldi: “Gli ho detto più volte che mi stava mettendo i difficoltà, ho anche un figlio disabile e mia moglie non può lavorare. Lui mi rispondeva pacifico, ‘stai tranquillo, ci penso io a te, non ti lascerò solo’. Una volta mi disse che pure Berlusconi gli stava dando una mano per recuperare i soldi. Non lo so. So solo che ingenuamente all’ennesima promessa che mi avrebbe restituito tutto gli ho dato 100 mila euro in assegni. Mai tornati indietro, naturalmente. O meglio tornavano indietro ma a firma non sua. Avrò ricevuto almeno 12 assegni firmati da gente che per altro conoscevo anche”. Tra di loro, come spiegato, anche la mamma di Simone Piana, che Riva aveva fatto passare per una cliente russa. Sembrerebbe quindi che gli assegni ricevuti venissero fatti girare tra i vari creditori: la stessa famiglia Piana avrebbe ricevuto da Riva degli assegni firmati da Bonifacino Stefano.
“Oggi la mia situazione è davvero disperata, sto vendendo casa perché non riesco a starci dietro, ho un buco di 237 mila euro che non so se rivedrò. Al lavoro dopo la faccenda degli assegni mi hanno detto ‘stai in cassa e non farti vedere, sii invisibile”, è già tanto che io possa ancora lavorare in banca” ha concluso Bonifacino che come raccontato avrebbe sentito Riva poche settimane fa: “Ogni tanto mi chiama, dice che sta sistemando le cose”.
Proprio l’imputato dovrebbe essere il protagonista della prossima udienza, in programma il 9 maggio, per cercare di spiegare a giudice e accusa la sua posizione.