Al Mandic di Merate introdotto il protocollo ERAS in Chirurgia colo-rettale

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Ospedale di Merate
L'Ospedale Mandic di Merate

L’Ospedale di Merate è entrato a far parte della Peri-Operative Italian Society

Si tratta del “capitolo italiano” della ERAS Society presente in 26 Paesi in tutto il mondo

MERATE – Da novembre 2019 l’Ospedale San Leopoldo Mandic di Merate ha adottato per la prima volta il protocollo di gestione dei pazienti sottoposti a chirurgia colo-rettale ERAS, acronimo di Enhanced Recovery After Surgery, ovvero miglior recupero dopo un intervento chirurgico.

Andrea Costanzi, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Chirurgia, ha introdotto, in collaborazione con l’Unità Complessa di Anestesia e Rianimazione, tutti i ventuno pilastri di questo percorso virtuoso che vengono spiegati ai pazienti nel corso del Day Hospital di pre-ricovero, il più rilevante dei quali è l’utilizzo della chirurgia mini-invasiva video-laparoscopica. Il protocollo era già stato presentato nel corso degli aggiornamenti clinici del Mandic nel 2017.

Otto sono i pazienti che sono stati trattati fino ad oggi a Merate, dai 40 agli 86 anni, affetti da tumori del colon o da malattia diverticolare. L’ultimo caso trattato con particolare successo riguarda una 46enne calabrese affetta da un tumore al colon sinistro che è stata dimessa 48 ore dopo l’intervento pochi giorni prima delle festività di Natale, che ha potuto trascorrere a casa. Si tratta di un piccolo record a livello nazionale.

“Grazie ad ERAS – dichiara Paolo Favini, Direttore Generale dell’ASST di Lecco – l’intervento chirurgico risulta meno invasivo sull’attività biologica consentendo al paziente di ritornare in tempi più rapidi alla propria vita quotidiana. Un altro aspetto di grande rilevanza del protocollo è costituito dal lavoro in team multidisciplinare, medico-infermiere, chirurgo- anestesista”.

Il paziente si sveglia senza sondino naso-gastrico e senza drenaggio, mantiene il catetere e la flebo solo durante la prima notte, ma è già invitato a sedersi in poltrona a poche ore di distanza dall’intervento. Beve appena si sente in grado di farlo e la sua funzione intestinale, appetito, digestione e canalizzazione, non è mai interrotta tanto che fa colazione e pranza a meno di 24 ore dall’operazione.

Si esegue un’anestesia spinale prima dell’intervento che previene il dolore al risveglio, non si usano oppiacei come la morfina e i suoi derivati, si riducono allo stretto indispensabile le infusioni di liquidi durante e dopo la chirurgia sapendo che il paziente ne ha assunti per bocca fino a due ore prima dell’anestesia e ne assumerà due ore dopo il risveglio.

L’utilizzo di questo protocollo consente al paziente di raggiungere i criteri di dimissibilità in soli tre-quattro giorni rispetto agli abituali sei.

“Mi sono occupato delle basi fisiopatologiche di questo approccio negli ospedali dove ho lavorato precedentemente, Niguarda e Desio – afferma Andrea Costanzi, Direttore della Chirurgia Generale meratese, che ha all’attivo sei pubblicazioni scientifiche sull’argomento e il premio della European Association of Endoscopic Surgery al congresso di Ginevra del 2010 – Nel corso della mia attività ho studiato la riduzione dello stress chirurgico a cui è sottoposto il paziente, che è misurabile con il dosaggio di alcuni mediatori chimici dell’infiammazione, come la PCR e le Interleuchine, che nei nostri studi sono risultati significativamente più bassi nei pazienti che seguivano il protocollo rispetto a quelli che non lo seguivano”.