Appollaiati sul ramo, due gufi guardavano una lepre correre nel campo. – “Povera lepre”, disse un gufo, “non ha nemmeno il coraggio di tornare nella sua tana” – “Perché?”, domandò l’altro – “Perché ha paura” – “Paura di entrare in casa sua?” – “La lepre è fatta così”, replicò il gufo che aveva parlato per primo, “vive sempre nel terrore, e ora che l’autunno cambia il colore delle foglie e le stacca dai rami, essa non osa nemmeno guardarle; scappa di qua e di là, terrorizzata da questa pioggia di colori” – “Ma allora è vile!” – “Certo. E a forza di correre finirà in qualche tagliola, o sotto il tiro dei cacciatori”
Con queste parole il grande Leonardo da Vinci descrive la Lepre (lepus europaeus), un roditore piuttosto comune nel nostro territorio che non è difficile osservare nei campi incolti principalmente durante le prime ore del mattino.
In realtà la timidezza, ovvero la sua proverbiale pavidità, è la sua principale arma di difesa insieme alla potenza delle sue zampe posteriori che le permettono di raggiungere i 70 km/h nelle fase più concitate della corsa.
Come facilmente intuibile il senso più sviluppato della lepre è l’udito che, grazie alle orecchie particolarmente grandi (lunghe fino a 15 cm), è in grado di cogliere persino il rumore delle foglie che si staccano dai rami come dicono i gufi saputelli della novella leonardesca.
L’udito, unito a un olfatto anch’esso particolarmente acuto, permette alla lepre di cogliere anche il minimo segnale di pericolo e di darsela a gambe con una frenetica corsa fatta di lunghi balzi e continui cambi di direzione per sfuggire ai predatori. La lepre infatti occupa un gradino piuttosto basso della catena alimentare costituendo un succulento pasto per tanti predatori tra cui il lupo, la volpe, la faina, e i grossi rapaci diurni e notturni.
La lepre è un mammifero di taglia media con un peso che varia da 3 a 6 kg; la lunghezza del corpo è circa pari a 60-70 cm, con un codino lungo fino a 10 cm.
Di abitudini prevalentemente notturne o crepuscolari, vive generalmente solitaria o in coppia ed è legata al suo territorio che marca costantemente mediante le secrezioni di numerose ghiandole odorifere, soprattutto delle ghiandole anali e facciali.
La lepre è erbivora e mangia erbe varie: trifoglio, erba medica, fieni, frutta, semi, ghiande, germogli di cereali, ecc.
Leonardo da Vinci però nella sua novella dimostra di non conoscere fino in fondo le abitudini della lepre: infatti la sua tana non è posta in gallerie (come accade invece per i conigli selvatici) ma preferisce utilizzare come ricovero, chiamato “covo”, un avvallamento che prepara raspando il terreno con gli arti anteriori e al quale dà la forma con la pressione del corpo durante il riposo.
Qui trascorre la maggior parte della giornata, stando accucciata sulle zampe posteriori.
Esistono diverse sottospecie di lepre. Sulle nostre montagne è abbastanza comune la Lepre bianca o lepre variabile (Lepus timidus) caratterizzata da una pelliccia bianca in inverno, per meglio mimetizzarsi nella neve.
In estate la lepre variabile muta il pelo che assume un colore grigio.
Francesco Renzi
www.francescorenzi.com
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