Gli ultimi casi di violenza in città hanno sollevato l’attenzione dell’opinione pubblica lecchese sul tema della sicurezza, nei luoghi e nelle strade del capoluogo. Un problema reale? I dati delle denunce parlano di un calo dei reati (leggi qui), le statistiche sono un dato oggettivo ma la percezione dei cittadini talvolta è diversa e da più parti è stato invocato il bisogno di maggiore sicurezza. Lecco è una città sicura? Dopo aver rivolto la domanda al vicesindaco (qui l’articolo) lo abbiamo chiesto al questore Filippo Gugliemino.
“In linea di massima ritengo che Lecco sia una città sicura. I dati ufficiali delle attività e delle denunce ricevute dalle forze dell’ordine, riferiti al solo capoluogo nel mese di luglio, parlano di 17 furti in abitazione, 7 furti su auto in sosta, 11 furti in esercizi commerciali, per una città di 50 mila abitanti sono statistiche tranquillizzanti. Inoltre si registra un calo di reati questi primi sei mesi dell’anno rispetto agli ultimi sei mesi del 2016. Dovrebbe allarmarci di più il fenomeno delle truffe e delle frodi informatiche, che sta seriamente aumentando e che è insidioso, seppur meno eclatante dei reati predatori”.
Sicurezza reale e percepita, da cosa dipende quest’ultima e come far sentire più sicuri i cittadini?
“Il concetto di sicurezza percepita ha un significato psicologico, incide l’incertezza del futuro, la crisi economica, la società che cambia e genera un senso di fastidio e insofferenza, l’incognita del nuovo. I dati obiettivi ci dicono che non è sempre il nuovo o il diverso a commettere reati. L’ultimo grave episodio in centro Lecco è stato compiuto da due italiani in danno ad un cittadino di origine straniera. Delinquenza del luogo, quindi, lo dico senza polemizzare ne generalizzare. Esiste un problema di sicurezza urbana riferita a danneggiamenti, all’ubriachezza molesta, rispetto ai quali il sindaco ha emesso un’ordinanza per rendere più incisivo il sistema di sicurezza”.
La sensazione è che però molti reati siano legati agli stranieri, è un’impressione realistica o è un ragionamento di ‘pancia’ ?
“Il dato è realistico ma dobbiamo fare un distinguo tra il fenomeno migratorio che stiamo vivendo in questi anni e la delinquenza di soggetti non italiani. Detto questo, il fenomeno va analizzato nelle sue sfaccettature. Sullo spaccio di stupefacenti per esempio, un’ultima operazione della Squadra Mobile ha consentito l’arresto di spacciatori magrebini, gli acquirenti erano tutti italiani, questo reato sussiste in quanto c’è una domanda e un’offerta”.
Quello che preoccupa però sono i piccoli reati, le aggressioni, per esempio nella zona della stazione e sui treni…
“I treni oggi sono delle città viaggianti, la ricetta può essere quella di aumentare le misure di sicurezza passive, non si può pensare di militarizzare ogni stazione, possibile invece munire ogni treno di un sistema di videosorveglianza, è già così sui nuovi convogli. Se ci fossero telecamere su tutti i treni, molti fenomeni, come le aggressioni e gli imbrattamenti, si ridurrebbero e potremmo assicurare alla giustizia i responsabili, nel caso dei vandalismi anche far pagare dal punto di vista economico chi cagiona danni”.
Le telecamere quindi sono utili?
“Indubbiamente, certo comportano una compressione del diritto alla riservatezza e ci vuole grande attenzione nella gestione dei dati sensibili, come i volti delle persone, le targhe delle auto… La tracciabilità delle targhe installata a Lecco consente di avere un sistema integrato che per noi è veramente prezioso, la pattuglia può intervenire dove è necessario e quanto è necessario”.
Avete un numero di agenti sufficiente a Lecco? Quante pattuglie ogni giorno si muovono in città?
“Prima di assumere l’incarico a Lecco ho conosciuto altre realtà della Lombardia e non solo. Lo dico con assoluta serenità, i numeri sono adeguati in relazione alla popolazione residente e alle problematiche esistenti. Lo affermo guardando alla sola Polizia di Stato, ricordiamo che in Provincia ci sono 15 stazioni dei Carabinieri, la Guardia di finanza, la Polizia Stradale. Indicativamente, insieme ai carabinieri, riusciamo a vigilare il capoluogo con tre pattuglie per turno di lavoro”.
Accennava al Daspo urbano, il provvedimento adottato dal sindaco Brivio nelle scorse settimane. Crede sia utile a Lecco?
“Probabilmente si, tant’è vero altri Comuni vicini lo hanno adottato sulla falsa riga di Lecco, come a Como per esempio. La cosiddetta legge Minniti prevede una serie di misure, nel caso di violazione di alcune norme, il sindaco può adottare un foglio di via che deve essere convalidato nelle 48 ore successive, in caso di reiterata violazione, il questore può adottare il divieto di accesso ad alcuni luoghi della città. Ancora casi del genere non ce ne sono stati, vero invece che abbiamo adottato il tradizionale foglio di via obbligatorio dal Lecco per i due soggetti arrestati dopo i fatti di via Bovara. La novità viene invocata spesso dall’opinione pubblica, ma non è la panacea di tutti i mali. Per i gravi reati le misure già ci sono e vengono utilizzate”.
Un provvedimento più deciso, nei casi riguardanti i soli stranieri, sono le espulsioni. Sono efficaci?
“Dobbiamo distinguere tra l’ordine di allontamento, che è un atto amministrativo e spesso, va detto, non viene eseguito dai cittadini extracomunitari, e l’accompagnamento ai Centri di Espulsione. Di questi ormai ne sono rimasti in pochi in Italia, il più vicino è a Torino. Funzionano nei casi particolari, di soggetti con già precedenti penali destinatari di un accompagnamento coatto alla frontiera e del rimpatrio nel paese di origine. Il discorso non vale per i richiedenti asilo finché non è stata dinegata la protezione internazionale”.
Si riscontrano più reati in città o sul territorio provinciale?
“I dati simili in proporzione alla popolazione residente, non ci sono zone con una maggiore concentrazione di reati ed anche per la provincia, così come per Lecco, si è verificato un calo delle denunce nei primi sei mesi dell’anno”.
Merito anche del lavoro delle forze dell’ordine nell’assicurare alla giustizia i responsabili dei crimini. Spesso i processi si concludono con l’accertamento delle responsabilità, condanne accompagnate però anche dalla sospensione della pena. Il cittadino resta con l’amaro in bocca di fronte a queste sentenze, non fa rabbia anche a voi che perseguite i reati? Crede servano leggi più severe?
“Noi svolgiamo le funzioni di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria, quest’ultima coordinata dalla Procura della Repubblica, il cittadino viene valutato in giudizio, l’attività del Pm è valutata dal Gip, siamo in uno Stato di diritto e il sistema legislativo in Italia è ampio e adeguato. Non credo manchino le leggi in Italia, il problema a volte è applicarle. Un grande investigatore diceva che se le indagini sono fatte bene si può arrivare fino in Cassazione ad avere la condanna dell’indagato”.