L’omicida di Salvatore De Fazio in Tribunale di fronte al Gip
“Ero arrabbiato, quando ho sparato volevo uccidere”
LECCO – “Quando ho sparato volevo uccidere Salvatore De Fazio”. E’ una confessione piena quella di Stefano Valsecchi, autore della sparatoria avvenuta ad Olginate lo scorso 13 settembre. Questa mattina, giovedì, il 54enne è comparso di fronte al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecco Paolo Salvatore. Affiancato dal suo legale, Marcello Perillo, l’uomo ha ammesso le sue responsabilità confessando di essere l’autore dell’omicidio di Salvatore De Fazio, padre di famiglia di 47 anni, e del grave ferimento del fratello, Alfredo, ricoverato in ospedale a Varese.
Sono circa le 11 di domenica 13 settembre quando Valsecchi scopre che uno dei suoi figli si trovava ricoverato in ospedale dopo una rissa avvenuta durante la notte a Olginate. “Ero arrabbiato – ha raccontato al giudice – mio figlio era finito in ospedale con la mandibola rotta dopo una lite con un figlio di De Fazio, non ci ho più visto, volevo chiarimenti forti”. Solo due settimane prima, come appreso, i due genitori si erano incontrati in seguito ad una rissa sempre tra i rispettivi figli. In quell’occasione era stato il figlio di Salvatore De Fazio ad avere la peggio (un occhio nero, come appreso).
Dopo l’episodio i due uomini si erano dati appuntamenti in piazza a Calolzio per chiarirsi: “Il mio cliente – ha specificato l’avvocato Perillo – si era scusato con De Fazio dicendo che avrebbe parlato col figlio dicendogli di smetterla di dare fastidio a Olginate”. Un chiarimento pacifico insomma. La notte tra il 12 e il 13 settembre però i ragazzi hanno un altro screzio. I motivi sembrano futili, ‘roba da bar’, commenta il legale. Michele Valsecchi, il figlio 25enne di Stefano, finisce in ospedale con una mandibola rotta, ferito da un pugno del figlio di De Fazio. Quando Valsecchi lo viene a sapere la rabbia inizia a montare: “A quel punto – ha detto al giudice – cercavo chiarimenti forti”.
E’ un intermediario anonimo a mettere in contatto Valsecchi con i De Fazio: “Alle 13.10, dopo pranzo, stavo guardando la tele quando ricevo una chiamata in cui mi veniva detto di farmi trovare per le 13.30 a Olginate di fronte alla chiesa. Ero spaventato – ha raccontato – temevo ci fossero più persone ad aspettarmi, non solo i De Fazio. Così ho preso la pistola”. L’arma, come spiegato, sarebbe stata trovata tempo prima in un cantiere.
Armato, il 54enne si reca così all’appuntamento: “Sono andato con l’idea di ammazzarli di botte – ha detto al giudice – quando sono arrivato c’erano solo Alfredo e Salvatore De Fazio, avevano un atteggiamento arrogante, ci siamo presi subito. Alfredo mi ha strattonato per la maglietta, c’è stata una colluttazione, poi ho tirato fuori la pistola e ho sparato”. Un colpo ad Alfredo, tre-quattro a Salvatore. Il primo alla schiena, l’ultimo allo zigomo destro. “Volevo ucciderlo” ha detto al giudice, ma nessun ‘colpo di grazia’: “Anche i presunti testimoni oculari – ha precisato il legale difensore – hanno parlato di colpi ravvicinati, non distanziati”.
Dopo la sparatoria Valsecchi è tornato alla sua auto, ha fatto retromarcia, si è fermato a guardare il corpo (“era in una pozza di sangue, volevo vedere se fosse morto” ha detto al Gip) e poi si è allontanato, sbarazzandosi dell’arma del delitto gettandola nel fiume. Nessuna domanda su dove l’uomo abbia trascorso la latitanza fino a lunedì scorso quando l’uomo ha deciso di costituirsi ai Carabinieri. Al termine dell’interrogatorio di garanzia, durato circa un’ora e mezza, Valsecchi è stato scortato in carcere.
Il suo avvocato, Marcello Perillo ha dichiarato: “Il mio cliente ha ammesso tutto, confessando una versione dei fatti vera, reale e credibile. Si è anche detto dispiaciuto, ma in quel momento, come ha dichiarato lui stesso, aveva il veleno nel sangue. Non invocheremo la legittima difesa e nemmeno l’incapacità momentanea di intendere e di volere. Lui ha confessato di aver portato la pistola perché aveva paura, ha anche confessato di voler fare del male ai De Fazio per quanto accaduto al figlio. La nostra linea di difesa sarà morbida e delicata, ricordiamoci che c’è una famiglia, con anche un minore, che ha perso il padre” ha concluso.