ABBADIA – Via i sigilli, la casa della tragedia si è riaperta mercoledì mattina a circa due settimane dalla notte dell’uccisione del piccolo Nicolò Imberti, solo per permettere agli inquirenti di compiere i rilievi e ricostruire le tutte le fasi dell’orribile accaduto.
Intorno alle 11, una squadra della Scientifica dei carabinieri di Lecco ha raggiunto l’abitazione della frazione di Novegolo, insieme al comandante della stazione di Mandello, il maresciallo Francesco Minniti, in attesa dell’arrivo del sostituto procuratore Cinzia Citterio e dell’anatomopatologo Paolo Tricomi, già incaricato dell’autopsia sul corpo di Nicolò.
Saranno loro a dover fare luce sulla morte del bimbo, ucciso con un colpo di forbice dritto al cuore dalla madre Aicha Coulibaly intorno alle 3 del 25 ottobre scorso. Ora la 25enne è in carcere a Como e dopo essersi rifiutata di rispondere alle domande del magistrato, ora il suo avvocato potrebbe chiedere una perizia psichiatrica.
Nel frattempo la pista degli inquirenti si starebbe dirigendo verso una possibile gelosia della donna nei confronti del compagno Stefano Imberti, noto idraulico del paese. Una gelosia che quella dannata notte potrebbe aver prima provocato un litigio tra i due, sfociato poi nell’uccisione del piccolo Nicolò. Per questo nei prossimi giorni saranno passati al setaccio il telefonino e l’Ipad della giovane ivoriana, per trovare riscontri a questa tesi.
Mercoledì mattina anche Stefano Imberti ha varcato la soglia della casa di via Giordanoni, per recuperare effetti personali suoi e di Sara, la secondogenita della coppia, nata nemmeno un anno fa e risparmiata dalla furia della madre.
Giunto con il furgone della ditta poco prima di mezzogiorno, Imberti non ha voluto rilasciare alcuna dichiarazione: “Non è il momento” sono le uniche parole che ci ha riferito.