Appalti pilotati in Sanità, indagato l’ex assessore Boscagli

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L'ex assessore regionale Giulio Boscagli

LECCO – E’ di nuovo bufera sulla sanità lombarda e questa volta nell’occhio del ciclone ci è finito anche l’ex assessore regionale Giulio Boscagli, indagato insieme ad altre 15 persone in un’inchiesta su corruzione e pilotaggio di gare pubbliche, condotta dalla Digos di Lecco.

Un’indagine aperta nell’aprile del 2009, grazie alla segnalazione del capogruppo regionale della Lega, Stefano Galli, all’epoca dei fatti vice presidente della 3° Commissione Sanità della Regione Lombardia, che si è presentato in Questura a Lecco denunciando un tentativo di corruzione nei suoi confronti.

Da qualche tempo, il consigliere leghista stava subendo il pressing del conte missagliese Alberto Uva, anch’esso tra le fila della Lega e ai tempi consulente dell’ex guardasigilli Roberto Castelli, affinché “ammorbidisse” il percorso di un progetto “Tv Sanità” di informazione negli ospedali proposto da “Multimedia Hospital”, l’azienda amministrata dall’imprenditore Bruno della Negra (anch’esso come Uva indagato per corruzione e turbata libertà degli incanti) e di cui era socio il conte brianzolo. Per convincere Galli, Uva era arrivato ad offrigli una mazzetta da 15 mila euro.

Fallito il tentativo con il consigliere regionale, il “nobile” faccendiere ha proseguito nel suo intento, trovando nell’Azienda Ospedaliera di Vimercate la capofila del proprio progetto al quale avrebbero poi aderito altri 26 ospedali lombardi esclusi quelli di Lodi, Treviglio, Como e Desenzano. Un piano avrebbe fruttato un milione di euro all’anno per otto anni alla “Multimedia Hospital”, azienda che secondo gli inquirenti aveva già promesso di ringraziare i propri interlocutori con mazzette e benefici in termini di carriera.

Le attività d’indagine, dapprima coordinata dalla Procura di Lecco ed in seguito da quella milanese, ha portato a scoprire un secondo filone d’inchiesta riguardo a all’aggiudicazione di contratti di brokeraggio di assicurazione delle Aziende Ospedaliere; è qui che compare il nome di Boscagli, insieme a quello del direttore della Sanità lombarda, Carlo Lucchina.

Protagonista è sempre il conte Uva, che avrebbe agito in contatto con Lucchina e Andrea Gennari, broker della società Marsh Spa, attuando un contratto assicurativo con l’ospedale di Mantova, gestito dal direttore generale Stucchi Luca; al momento del rinnovo dell’assegnazione tutto viene però bloccato da Lucchina: il motivo, secondo quanto emerso dalle indagini, la designazione da parte di Boscagli di un’azienda differente dalla Marsh, la G.B.S., definita nelle intercettazioni come “politicamente più vicina”.

Il direttore Stucchi sarebbe stato più volte incontrato da Lucchina e dall’ex assessore lecchese e dal capogruppo Pdl, Paolo Puccitelli Valentini, per essere convinto della bontà dell’operazione. Alla fine, si sarebbe giunti all’accordo di formare una joint venture tra le due società, facendo saltare l’iniziale bando di gara per farlo aggiudicare a queste ultime.

Partendo da Mantova, come azienda sanitaria capofila, il contratto sarebbe stato poi proposto agli altri 30 ospedali lombardi, ma contatti si stavano già sviluppando in Piemonte, in Liguria, Veneto, Abruzzo, Lazio e Sicilia. “Ne sarebbe derivato un profitto enorme – ha spiegato il capo della Digos di Lecco, Domenico Nera – circa 600 mila euro su Mantova, ma il triplo su aziende ospedaliere più grandi”.

Le indagini si sono chiuse con una lista di 15 indagati, tra questi anche i vertici degli ospedali di Vimercate e Desio, il direttore Maurizio Amigoni, Cristina Clementi e Patrizia Pedrotti con l’accusa di turbata libertà degli incanti. Lo stesso addebito è rivolto a Boscagli, Lucchina e Puccitelli.

LA REPLICA DI  GIULIO BOSCAGLI

“Sono totalmente estraneo ai fatti contestati. Non ho mai organizzato ne tanto meno favorito incontri relativamente ai fatti contestati. Sono, quindi, fiducioso anzi certo che la magistratura chiarirà la mia totale estraneità.”