LECCO – La sua pena avrebbe dovuto concludersi nel 2024, ma già a settembre potrà essere libera Sonya Caleffi, l’infermiera “killer” ritenuta responsabile della morte di cinque anziani pazienti ricoverati all’ospedale di Lecco, dove la donna, di origini comasche, prestava servizio.
La sua condanna è stata scontata di tre anni d’indulto e di un anno di riduzione per ogni anno di buona condotta: quattordici anni di pena in tutto quelli scontati dalla donna che era stata arrestata nel 2004. Ai tempi aveva 34 anni, ne avrà 48 quando varcherà le porte del carcere, a settembre.
La notizia della sua prossima scarcerazione ha avuto eco anche sulle cronache nazionali e il programma La Vita In Diretta vi ha dedicato un servizio, con un collegamento andato in onda quest’oggi, mercoledì 11 luglio, da Lecco e da Dervio, per intervistare la famiglia di una delle vittime dell’infermiera, Maria Cristina, uccisa con un’iniezione di aria poco dopo il suo arrivo in ospedale di Lecco.
“Aveva 99 anni e 11 mesi, avrebbe presto compiuto i cento anni – ha ricordato la nipote Ester – mi è rimasta in mente l’antipatia di quell’infermiera, la sua freddezza, quando è entrata in camera ci ha subito chiesto di uscire, dicendo di dover fare delle medicazioni”.
Ma è stata proprio la figlia dell’anziana a notare un gesto che è rimasto indelebile nella sua memoria: “Ha appoggiato una grossa siringa al polso di mia madre, poi mi ha lanciato una sguardo, come di sfida. Non potevo immaginare quello che aveva in mente”.
Cinque minuti sola nella stanza con la vittima, l’infermiera pratica cinque iniezioni, poi esce chiedendo l’intervento dei colleghi. “Ha lasciato la stanza sporca del sangue di mia nonna ed era come infastidita di aver sporcato la sua uniforme – ricorda la nipote – il medico poco dopo ha dichiarato il decesso, nessuno in quel momento ha saputo darci alcuna spiegazione”.
Solo qualche giorno dopo, Sonya Caleffi viene arrestata e oltre alla morte dell’anziana di Dervio gli vengono attribuiti altri quattro omicidi ed altri due tentati.
Durante i 14 anni di detenzione, aveva già goduto di alcuni permessi di uscita dal carcere: nel 2010 si era sposata con un detenuto conosciuto durante l’attività svolta a San Vittore.