Appuntamento stasera, lunedì 7 aprile, alle 20.45
Lo scrittore presenterà il suo libro intitolato “L’inno di Mameli: un canto di pace”
MERATE – La Bamp (Biblioteca Alfonso Mandelli Pagnano) ospiterà stasera, lunedì 7 aprile, alle ore 20.45 Massimo Castoldi, autore del libro “L’inno di Mameli: un canto di pace” (Ed. Saggine).
Nel corso della presentazione, lo scrittore ripercorrerà il rapporto conflittuale degli italiani
col proprio inno nazionale “sintomo evidente della relazione difficile, spesso imbarazzante,
con la propria storia e soprattutto con quella più recente, di un popolo che ancora oggi
stenta a riconoscere il filo rosso che lega le nostre battaglie risorgimentali all’antifascismo,
alla Resistenza e ai principi fondamentali della nostra Carta costituzionale”.
Fin dal suo primo apparire l’inno di Mameli ha conquistato gli italiani, che subito lo hanno
riconosciuto e sentito come espressione autentica del loro desiderio di unità e libertà.
Vicende storiche e un linguaggio di non immediata comprensione hanno poi contribuito a
oscurarne il messaggio di pace e di fratellanza, che lo distingue da altri inni più celebrati, a
cominciare dalla Marsigliese.
Il libro di Massimo Castoldi accompagna alla scoperta del significato autentico del testo, liberandolo dalle incrostazioni del tempo. Restituisce le prime redazioni autografe e a stampa e porta alla luce il ricchissimo patrimonio di fonti che lo hanno nutrito, svelando l’intreccio di ispirazioni e suggestioni, colte e popolari, celate nei suoi versi. Scritto a Genova nel 1847 sotto l’influsso di ideali mazziniani e repubblicani – e presto musicato da Michele Novaro –, seguì il suo giovane autore sulle barricate delle Cinque giornate di Milano, fino alla morte nella difesa della Repubblica romana del 1849.
Cantato dai Mille di Garibaldi, celebrato da Carducci e Pascoli, fu ammirato da Verdi e da
Toscanini. La monarchia gli preferì la Marcia reale e il primo fascismo lo mise al bando,
salvo poi strumentalizzarne alcuni versi in direzione violenta e xenofoba. Parte della
Resistenza lo fece proprio. Nel ’43 fu cantato dai confinati a Ventotene, mentre andavano
verso la nave che ridava loro la libertà, e in questo spirito fu proposto come inno nazionale
all’indomani del referendum da cui nacque la Repubblica. Era però una disposizione
provvisoria. E nel secondo dopoguerra, tra individualismo crescente e perdita di sentimenti
collettivi, periodicamente l’inno fu al centro di critiche, dibattiti e appropriazioni maldestre.
Parodiarlo era diventato un vezzo di una parte della cultura di sinistra, cantarlo sull’attenti
una consuetudine diffusa dell’estrema destra. Non è un caso se si è dovuto aspettare il
2017 perché fosse ufficialmente riconosciuto come inno nazionale: la storia della ricezione dell’inno di Mameli è anche e soprattutto la storia della controversa relazione degli italiani con l’idea di patria.