
LECCO – Hanno incontrato Ance e prefetto, invitando l’associazione datoriale al rinnovo del contratto collettivo territoriale oltre che di quello nazionale, e spiegando al prefetto le ragioni che hanno spinto al proclamare le sciopero per il prossimo 18 dicembre: i sindacati degli edili si preparano alla mobilitazione che coinvolgerà anche gli addetti nel lecchese.
“Il mancato rinnovo dei contratti ricade sui lavoratori per un importo non indifferente. Non solo – spiega Giuseppe Cantatore di Fillea Cigl – il contratto genera certamente un aumento salariale ma è un momento anche per dare delle regole di cui il settore ha estrema necessità”.
Un comparto, quello dell’edilizia, che si è trasformato, riferiscono i sindacati, la crisi lo ha cambiato, oggi ci sono meno addetti e “richiede una riorganizzazione che tuteli sia i lavoratori che le stesse imprese”.
“La crisi non può essere una scusa per non parlare di rinnovo contrattuale, anche perché oggi il settore dopo anni – prosegue Cantatore – sta iniziando a stabilizzarsi, lo vediamo nei cantieri aperti. Il problema è chi ci lavora e come ci lavora”.
Secondo i dati della Cassa Edile, a settembre del 2017 sul lecchese risultavano operative 608 imprese e 2357 addetti. “Se facciamo il calcolo, si avrà una media di quattro lavoratori per azienda – segnala Silvio Baita della Cisl – non ci sono più le aziende strutturate di una volta, il mondo dell’edilizia è sempre più frammentato”.
“Spesso e volentieri troviamo lavoratori autonomi, che di fatto figurano come imprese individuali, ma il più delle volte sono le imprese a licenziare i propri dipendenti proponendo una collaborazione diversa, da esterni – denuncia Cantatore – è lavoro ‘grigio’, a cottimo e a costi più bassi ma la qualità offerta non può essere quella di un’impresa strutturata” e al calcolo sfuggono tutti questi piccoli artigiani.
“Pseudo aziende – le definisce Ivano Altomare della Feneal Uil – che fanno concorrenza sleale alle imprese che faticano a stare sul mercato mettendo in regola i propri dipendenti e dovendo affrontare ribassi importanti nell’accaparrarsi i lavori. Tutto questo spesso a discapito della sicurezza. Oggi il settore è in ripresa, sopratutto nelle nuove costruzioni”.
La soluzione proposta dai sindacati è quella di un contratto unico per il cantiere. “Assistiamo ad una fuga dal contratto edile, al contrario viene utilizzato quello per il settore metalmeccanico, del commercio e del settore florovivaista – dice Silvio Baita – evidente che così si fa per una riduzione dei costi. Si è chiesto che ci sia un contratto unico di cantiere, quello edile, per un motivo di regolarità e sicurezza, perché formazione e informazione non sono contemplati in altri contratti. Sulla regolarità c’è molto da fare, a partire dai lavoratori a partita Iva. C’è anche un ritorno al lavoro nero e una società civile deve porsi il problema di contrastare il fenomeno”.

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