Il lavoro? E’ fuori provincia per un giovane lecchese su tre

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Nella mappa: gli spostamenti dei giovani lecchesi che trovano lavoro (in giallo), in rosso i giovani lavoratori che invece ‘importiamo’ da altri territori

 

LECCO – Il lavoro? E’ fuori provincia per tanti giovani lecchesi: il 40% circa degli occupati tra i 15 e i 29 anni nel 2016 risultava infatti aver trovato un impiego oltre i confini provinciali. La percentuale si abbassa solo lievemente (36%) considerano la fascia dei pendolari tra i 20 e i 24 anni.

Emerge dalla ricerca realizzata dal Gruppo Clas in collaborazione con l’Osservatorio Economico Provinciale della Camera di Commercio di Lecco e Lariodesk. Complessivamente si parla di ben 5800 giovani, fino ai 29 anni, che risiedono sul territorio lecchese ma che lavorano altrove (contro i 9.800 che invece lavorano in provincia).

Dove? E’ l’area metropolitana di Milano ad attrarne il numero maggiore, circa 1900, segue Monza con 1500 giovani lecchesi assunti dalle imprese brianzole, 800 nel comasco, 500 in provincia di Bergamo, infine 300 tra Sondrio e la Valtellina. Altri 800 hanno trovato lavoro in zone differenti da quelle adiacenti alla nostra provincia.

I tipi di impiego che con maggiore intensità trovano occupazione fuori Lecco sono riconducibili a figure di alta professionalità (high skill), che rappresentano circa il 42% degli impieghi acquisiti dai giovani lecchesi fuori provincia, in aumento significativo rispetto al passato (il dato era al 35% nel 2010).

Tabella: la quota di occupati che lavora fuori Lecco per età

Non mancano le assunzioni di artigiani o di operai specializzati (24,5%), di operatori alle macchine di produzione (30,6%), nel settore del commercio e dei servizi (27,3%) di imprenditori e dirigenti (25,6%).

Le statistiche relative ai titoli di studio più richiesti in Lombardia aiuta ad orientarci verso le necessità delle aziende: tra i laureati spiccano gli indirizzi economici, seguiti da quelli ingegneristici, medici e giuridici, tra i diplomati quelli legati alla finanza e amministrazione, meccanica e meccatronica, licei e turismo.

Del resto, il fabbisogno espresso dalle aziende lombarde per i prossimi anni (2017-2021) riguarda soprattutto l’ambito tecnico e amministrativo, (22,7% le richieste per professioni tecniche, 19,1% professioni dirigenziali, 18,8% professione dei servizi, 10% professioni impiegatizie).

Nel mondo della scuola lecchese, intanto, subiscono un leggero calo i diplomati (2.860 nell’anno scolastico 2016-2017 contro i 2960 dell’anno precedente). Resta consistente la quota dei liceali (51,4% dei quali il 38,8% ha scelto l’indirizzo scientifico) mentre aumenta quella dei diplomati negli istituti tecnici (34,8% di cui il 34,6% in ambito amministrativo) al contrario si riduce il numero di quanti hanno concluso il percorso di qualifica negli istituti professionali (13,5%).

Quali lauree e diplomi più richiesti in Lombardia

 

Due diplomati su tre scelgono di andare all’università, ovvero il 63% dei giovani lecchesi in uscita dalle scuole superiori. Quali lauree? La maggior parte degli studenti sceglie un percorso di ingegneria (13,4%), di economia (12,5%), o in ambito politico-sociale (10%), sanitario (9,6%) e giuridico (8,5%).

Non tutti troveranno lavoro in provincia di Lecco. “Il flusso di laureati – spiegano i ricercatori del Clas – si presenta decisamente superiore alle necessità dichiarate della aziende, è un’offerta sovrabbondante rispetto ad una domanda più limitata da parte di imprese e istituzioni pubbliche”, 1200 in più rispetto alle richieste del mercato.

Situazione opposta, invece, per i diplomati “che non risultano sufficienti a soddisfare il fabbisogno professionale delle imprese. La domanda è più ampia dell’offerta disponibile nel locale mercato del lavoro”. La differenza tra i diplomati lecchesi e le necessità delle imprese ammonterebbe a circa 1.140 posti nel 2016.

Non è un caso che ci siano anche dei flussi ‘in entrata’ su Lecco, seppur inferiori alle uscite: importiamo circa 400 lavoratori dall’area milanese, 1200 dal monzese, 500 dalla bergamasca, 700 dalla provincia di Como e 400 dalla quella di Sondrio, mentre altri circa 800 da altre zone ancora.