Escursionisti avventati, il soccorso sul Due Mani mette in luce il problema

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Dopo il lockdown, in aumento gli interventi per comportamenti imprudenti

“Sempre più gente inesperta che non ha idea del contesto in cui si sta muovendo. Si affidano allo smartphone senza pianificare nulla”

LECCO – Non si sono resi conto di ciò che stavano affrontando, del contesto in cui erano, del meteo avverso, della neve che li avrebbe messi in difficoltà, di non essere adeguatamente attrezzati. Non si sono resi conto di non sapere dove si trovavano, dove stavano andando e men che meno di aver messo a repentaglio la propria vita. Le uniche informazioni in loro possesso erano il racconto di un amico dell’escursione fatta a settembre e le indicazioni fornite dal loro smartphone: “Bivacco Locatelli a un’ora di cammino”.

Sembra assurdo ma è quello che è successo lunedì scorso a un gruppo di cinque ventenni milanesi che, intorno alle 4 di mattina, sono stati costretti ad allertare i soccorsi perché bloccati sulla cresta del Monte Due Mani, sopra Ballabio. Arrivati a Lecco col treno intorno alle 20, non essendoci più bus, sono saliti a piedi a Ballabio dopo aver impostato sul telefonino la loro meta. Erano male equipaggiati, alcuni avevano ai piedi delle semplicissime sneakers (scarpe basse da passeggio). Negli zaini giusto un sacco a pelo e l’occorrente per passare una nottata di festa al Bivacco Locatelli in cima al Due Mani. Peccato che, a causa del repentino calo delle temperature dei giorni precedenti e del maltempo, le montagne fossero di fatto in condizioni invernali. Non si sono nemmeno preoccupati di guardare il meteo che, dopo una breve tregua, stava volgendo di nuovo al brutto.

Soccorso Alpino
Soccorso Alpino. Da sinistra: Luca Vitali presidente regionale del Soccorso Alpino Speleologico Lombardo; Marco Anemoli, Delegato della XIX Lariana; Massimo Mazzoleni capo stazione di Lecco; Giorgio Molteni vice capo stazione di Lecco

Il resto è storia nota: l’elicottero che non può raggiungerli a causa del maltempo, le squadre di soccorso che li rintracciano via terra e li portano in salvo. A parte uno, con un principio di ipotermia, nessuno di loro si rende conto di quello che hanno rischiato. Nemmeno a valle, al sicuro, qualcuno pensa che quella “gita” avrebbe potuto costargli la vita. Sembra incredibile, ma l’episodio nasconde un problema più grande. Abbiamo cercato di approfondire la questione con i vertici del soccorso alpino: Luca Vitali, presidente regionale; Marco Anemoli, Delegato della XIX Lariana; Massimo Mazzoleni e Giorgio Molteni, capo stazione e vice capo stazione di Lecco che lunedì sono intervenuti.

Una foto dell’intervento sul due mani di lunedì scorso

“Purtroppo sta diventando un grosso problema: la vicinanza con una metropoli come Milano e il suo hinterland sta portando sulle montagne persone che non conoscono minimamente il contesto in cui si stanno muovendo. Con il lockdown e la riapertura di molte seconde case anche nelle nostre zone, questo problema si è acuito. Basti pensare che nel 2020, con tre mesi di blocco totale e gli impianti sciistici chiusi in anticipo, avremmo dovuto assistere a una diminuzione sensibile degli interventi, invece sono cresciuti rispetto al 2019. La riscoperta dei nostri territori ha portato in montagna gente inesperta. Accanto a ciò si aggiunge il “problema mediatico”: ci sono mille siti e pagine social che pubblicizzano gite, escursioni in notturna, passeggiate sulla neve facendo passare il messaggio sbagliatissimo che qualsiasi uscita è semplice, senza alcuna distinzione“.

Soccorritori in azione sul Due Mani

Quella del Due Mani, di per sé, non è un’escursione difficile almeno nella stagione estiva: “Se conosci il sentiero e sali dal versante giusto, se non parti alla sera, se non sali con il brutto tempo, se sei attrezzato e preparato fisicamente, allora è una escursione semplice. Loro hanno ‘scelto’ uno degli itinerari più impegnativi e non solo non erano attrezzati per un’escursione sulla neve, ma nemmeno per un’escursione ‘tradizionale’. Abbiamo anche cercato di capire perché abbiano scelto proprio il Due Mani in una stagione che non è ancora ‘stabile’. Ci hanno spiegato che alcuni amici erano saliti a settembre e han detto loro che era bellissimo, perciò hanno guardato su Google e gli è sembrata una cosa normalissima. Nemmeno la pioggia e la neve li ha fatti desistere: gli abbiamo chiesto perché non si fossero fermati alla prima baita che hanno incontrato e se non avessero pensato che stavano facendo qualcosa di molto rischioso, ma ci hanno risposto che guardando Google mancava solo un’ora di cammino e davano il bivacco aperto. Posto che non spetta a noi dare giudizi perché il nostro compito è intervenire in caso di bisogno, ci preoccupa che episodi del genere accadono sempre più spesso”.

Solo una buona dose di fortuna e l’intervento dei soccorsi hanno consentito di riportare a casa tutti sani e salvi: “Ci chiediamo cosa sarebbe successo se si fossero trovati in una zona dove non c’è campo, la gente non ci pensa ma in montagna non è raro che possa capitare. Hanno seguito quello che gli diceva lo smartphone senza guardare la realtà che avevano intorno e, purtroppo, non è la prima volta che ci capita: gente che si infila in situazioni di pericolo solo perché segue il telefonino senza capire dove effettivamente sta andando. Un altro problema è che, sempre più spesso, si pensa che basta chiamare i soccorsi e arriva l’elicottero: è vero nella maggior parte dei casi, ma se non c’è la possibilità di avere l’elicottero perché le condizioni meteo non lo permettono vuol dire che già di partenza la situazione è più critica e poi i tempi si dilatano. I tecnici devono raggiungere a piedi chi ha bisogno, devono stabilizzarlo e poi c’è la discesa che, nel caso di utilizzo della barella, richiede ancora più tempo. Un intervento che con l’elicottero si risolve in 20 minuti, in un caso del genere richiede 5 o 6 ore, oltre all’impiego di 7/10 uomini, sempre non ci sia un ferito da portare in barella”.

Il lavoro di volontariato del soccorso alpino sta diventando sempre meno un aiuto a alpinisti/escursionisti in difficoltà, ma un’assistenza a chi va in montagna in modo sconsiderato. E’ solo questione di cultura? “Purtroppo stiamo sempre più assistendo a una frequentazione della montagna che manca delle regole basilari, a partire da un concetto banale come quello di portare a valle i rifiuti. Sicuramente non c’è una soluzione semplice. Forse sarebbe utile partire dalle scuole per fare cultura e raggiungere più persone possibile. La realtà è che oggi andiamo a prendere tantissime persone che non hanno la minima idea delle situazioni in cui si infilano”.

soccorso alpino

Lo “sfogo” post lockdown ha segnato un aumento sensibile di questi casi, unito a un utilizzo sbagliato di social e internet. Posto che la montagna è bella perché è un luogo da vivere in libertà, c’è una soluzione per evitare interventi dettati dalla totale inesperienza? “Forse oggi sono venuti a mancare dei riferimenti che una volta erano più presenti. Ognuno, nel rispetto dei propri ruoli, a partire da soccorso alpino, Cai, istituzioni, media, ecc… è chiamato a contribuire a una diffusione della cultura della montagna. Prevenzione e informazione sono due degli scopi principali del soccorso alpino. A tal proposito vogliamo ricordare a tutti il progetto Sicuri in Montagna, un’idea, un impegno culturale, un laboratorio permanente per conoscere meglio e far apprezzare l’ambiente montano frequentandolo in ragionevole sicurezza. Sul sito www.sicuriinmontagna.it è possibile trovare informazioni utili per affrontare la montagna con consapevolezza”.