OLGINATE – Riceviamo e pubblichiamo l’intervento dell’agronomo Giorgio Buizza sulla questione dell’abbattimento dei sei cedri dell’Himalaya nel parco dell’ex municipio di Olginate.
“La natura costruisce, l’uomo distrugge. Non lamentiamoci se il mondo va a rotoli o se viene a mancare l’ossigeno. Ciascuno ha le sue modeste e particolari responsabilità che unite alle responsabilità altrui, fanno in modo che le condizioni di vita si indirizzino verso un miglioramento o un peggioramento. I cedri di Olginate, grandi, imponenti, storici, visto che hanno accompagnato le vicende della comunità locale per circa 120 anni, non sono cose banali, scarti di vivaio, piante decrepite e oramai a fine carriera, pronte a cadere e a far danni. L’amministrazione con una operazione dettata da ingiustificata paura vuol far passare i suoi cedri come oggetti qualunque che hanno svolto la loro funzione e che possono ormai essere considerati inutili. Non sono classificabili “Monumentali” ai sensi della normativa vigente, non sono negli elenchi del Ministero, ma sono pur sempre esemplari di grande valore botanico, storico, culturale che “monumentali” potrebbero diventare in futuro grazie all’apporto e agli sforzi di manutenzione e conservazione in continuità con ciò che le generazioni passate hanno attuato e che la generazione presente potrebbe continuare ad attuare guardando al domani.
Un cedro di 120 anni, viste anche le condizioni reali, non è “vecchio” ma “adulto” ed è nel pieno del suo vigore vegetativo, nonostante le dimenticanze, i muretti, le cancellate, i marciapiedi, i rami caduti. Ipotizzare che anche questi cedri muoiano o si schiantino è legittimo, ma si deve ipotizzare anche quando potrebbe avvenire: tra 10, 30, 50, 100 anni? Chi si prende la responsabilità di decretare la morte anticipata di questi esemplari vegetali ponendo fine ad una loro azione positiva che potrebbero continuare a svolgere per altri decenni? Mentre si facevano due guerre mondiali i cedri sono stati lì a fare ombra alla scuola del paese al Municipio. Mentre gli stradini asfaltavano e allargavano la strada e realizzavano il marciapiede e la recinzione i cedri sono stati lì, zitti a subire le angherie di muretti e recinzioni costruiti sopra le loro radici che, fortunatamente hanno continuato a esistere e a lavorare, sotto terra, all’insaputa di quelli che ora vorrebbero segarli.
Ammesso e non concesso che esista un pericolo imminente, il Sindaco dovrebbe ordinare di sbarrare la strada e impedire il transito, non solo pedonale ma anche veicolare. Perché questa soluzione non viene adottata? Evidentemente il pericolo, posto che esista, non è così pressante. Forse ci sono situazioni di dubbio, che andrebbero verificate con esami un po’ più dettagliati e circoscritti rispetto ad una semplice valutazione da terra. 40 o 50 anni fa il gestore di queste piante ha deciso, sempre per ragioni di presunto pericolo, di tagliare le punte dei cedri pensando con questo di raggiungere un maggiore livello di sicurezza. Oggi queste pratiche sono sconsigliate perché sono proprio le punte di sostituzione, sorte dopo il taglio, che possono costituire le principali situazioni di criticità.
Qualora qualche situazione critica ci fosse veramente, si potrebbe porvi rimedio con le tecniche e le modalità più opportune (diradamenti, sfoltimenti della chioma, consolidamenti delle branche più esposte o più pesanti, ecc.) cosa che gli arboricoltori sanno fare benissimo e con buoni risultati, senza snaturare né alterare le sagome delle piante, senza capitozzare, e senza trasformare i fusti in grandi attaccapanni. L’aspetto più deleterio di questa vicenda è che la motivazione addotta per dichiarare la pericolosità è la vicinanza degli alberi alla sede stradale. E tutti gli alberi che fiancheggiano le nostre strade fuori dal Comune di Olginate? E gli alberi piantati vicino alle recinzioni che ornano i giardini privati? Che ne facciamo? Tutto da buttare per una presunta (e non accertata) pericolosità?
E’ veramente strano che un “dottore delle piante” curi le piante segandole. E’ ancor più strano che gli amministratori, a fronte di valutazioni superficiali e per certi versi infondate, cavalchino la situazione avallando le scelte prospettate in modo superficiale per tacitare le proprie paure. Ne va del patrimonio pubblico, che non è dei soli cittadini olginatesi ma che è di tutta la popolazione, dentro e fuori dai confini comunali. La motosega al piede dovrebbe essere l’ultima spiaggia, ma proprio l’ultima, visto che ci possono essere molteplici fasi intermedie rappresentate da cure, manutenzioni, consolidamenti a scopo conservativo, aventi la finalità non di far campare gli alberi 6 mesi o un anno in più, né di fare accanimento terapeutico, ma per garantirne la dignitosa ulteriore crescita per ulteriori decenni e mantenere la memoria storica e raggiungere la “monumentalità” ufficiale, in grado di richiamare sul posto visitatori e turisti alla stregua di una mostra permanente di opere d’arte.
Certo bisogna avere la sensibilità e la volontà di farlo. Significa dare continuità agli sforzi e alle attenzioni fornite dagli amministratori del passato conservando una prospettiva verso il futuro. Segare le piante e semplificarsi la vita è facile, ma va a danno di tutti i cittadini attuali e futuri e cancella con un paio di giornate di lavoro spettacolare un pezzo di storia della Comunità”.
Giorgio Buizza