Incredibilmente bello! Probabilmente uno dei libri più belli che abbia letto negli ultimi tempi.
E non è un caso che le varie critiche letterarie gli conferiscano quattro se non addirittura cinque stelle!
Mi ha colpito soprattutto una cosa. Il libro inizia in una maniera per evolvere in tutt’altra storia. Una storia incredibile che il lettore non si aspetta. Una storia fondata sull’amore, sul ricordo, sul rimpianto, sulla solidarietà. È la storia personale di una donna, legata in modo stranamente magico e tragico alla vita di altre donne.
“Finché le stelle saranno in cielo io amerò te”. Parole evocative – e a volte un po’ retoriche – che lasciano presagire il lieto fine, in cui l’amore fa da padrone; una promessa eterna come le stelle che sono in cielo e che risplendono sugli innamorati. Ma ciò che rende il tutto ancora più incredibile è che sullo sfondo si sono la seconda guerra mondiale e l’Olocausto. Com’è possibile amare e avere ancora speranza in un simile contesto? È questo che la Harmel vuole dimostrarci.
Bisogna dare importanza del passato e del ricordo, bisogna essere in grado di lasciare aperta la porta del cuore, senza lasciarsi sopraffare dagli eventi negativi, bisogna credere che non è mai troppo tardi per essere felici e per ricominciare a vivere.
Finché le stelle saranno in cielo è un vero e proprio inno all’amore e ai valori, all’uguaglianza razziale e religiosa, alla necessità di conoscere gli errori del passato per costruire un futuro migliore, lasciando un’eredità di conoscenza e sapere, perché è dagli sbagli che si può imparare e migliorare.
Questo è un romanzo che non si legge, ma si divora tutto di un fiato: le emozioni certamente non mancheranno. La Harmel è riuscita a colpire diritto al cuore, con eleganza e tanto amore.
Curiosità. Al termine del romanzo c’è un’intervista rilasciata dall’autrice che spiega come le sia venuta in mente l’idea per Finché le stelle saranno in cielo. Ella afferma di avere sempre avuto un profondo interesse per l’Olocausto: fin da quando, da ragazzina, ha letto il Diario di Anna Frank. Dopo il 2002 aveva vissuto a Parigi e le capitò un libro intitolato Il diario di Hélène Berr: Hélène viene definita, dai più, come l’Anna Frank francese. Da questi testi, e da altri relativi alla persecuzione degli ebrei e all’aiuto dei musulmani (aspetto storico poco noto), attinge la Harmel: in un lavoro di ricostruzione dei fatti e degli eventi durato per anni, fino alla completa stesura dell’opera.
Trama. Dopo anni di matrimonio ora Hope si trova ad affrontare un divorzio, con una figlia adolescente che non ne vuole sapere della separazione dei genitori e riversa su di lei tutta la sua rabbia. Come se non bastasse, la pasticceria ereditata dalla sua famiglia – l’unica cosa che davvero le appartiene – sta rischiando di chiudere definitivamente. Era stata sua nonna Rose a trasmetterle l’amore per i dolci.
Così Hope decide di fare visita all’unica persona in grado di trovare sempre il giusto rimedio ai problemi: sua nonna. Nella casa di riposo in cui è ricoverata, Rose combatte ogni giorno la sua personale battaglia contro l’Alzheimer che le sta portando via la memoria, e quella è forse l’ultima occasione per rivelare a sua nipote il segreto che ha gelosamente serbato per anni.
Una sera Rose porge alla nipote una lista di nomi chiedendole di andare a Parigi a cercare quelle persone per sapere cosa sia loro successo.
Hope, inizialmente turbata e sconvolta, decide di realizzare l’ultimo desiderio della nonna. Proprio a Parigi, tra Place des Voges e le piccole viuzze del Marais, tra la vecchia Sinagoga e Rue des Rosiers, Hope incontra Alain, l’unico dei fratelli di Rose sopravvissuto all’Olocausto (creduto morto in campo di concentramento), l’unica persona in grado di darle delle risposte e mettere ordine nel passato della sua famiglia. Un passato cui appartiene anche Jacob, il grande amore di cui Rose non ha mai parlato a nessuno. Trovarlo prima che sua nonna se ne vada, sarà l’obiettivo principale di Hope.