LECCO – Francesco Locatelli, per lunghi anni primario dell’Ospedale di Lecco alla guida del reparto di Nefrologia e Dialisi dal 1973 al 2011 e attualmente attivo all’interno dell’Asst in qualità di collaboratore scientifico, è stato nuovamente chiamato a prendere parte il prossimo ottobre a San Diego, in qualità di relatore, al celebre Congresso della Società Americana di Nefrologia, il più prestigioso meeting mondiale di esperti in ambito nefrologico.
In quell’occasione, l’ex primario interverrà con un aggiornamento sul tema “anemia ed infiammazione e possibilità terapeutiche nei pazienti con insufficienza renale”.
“Dal punto di vista della cura della patologia dell’insufficienza renale sono stati fatti enormi progressi” – spiega il Prof. Locatelli, che oltre all’intensa attività clinica-assistenziale e all’insegnamento come docente presso l’Università di Milano e Brescia ha dedicato anche all’attività di ricerca buona parte della sua lunga carriera – “Ogni anno, circa 170 pazienti per milione di abitanti vanno in dialisi. Se fino a 20 anni fa l’età media di questi era inferiore ai 50 anni, oggi abbiamo superato la soglia dei 70, e questo è stato reso possibile grazie a capacità di diagnosi più precoci, all’aumentata sensibilità nei confronti della prevenzione e ad un’attività di ricerca che ha portato nel tempo a cure sempre più efficaci”.
In questo contesto – come spiega Locatelli, che del reparto di Nefrologia e Dialisi di Lecco è stato il fondatore realizzando la dialisi nei centri satelliti di Merate, Bellano e Oggiono, la dialisi Peritoneale, e iniziando persino un’attività di trapianto di rene – l’Ospedale Manzoni è stato a lungo ed è tutt’ora centro di riferimento di molti settori della ricerca italiana e si colloca nei primi posti delle classifiche mondiali, come testimoniano le recenti classifiche dell’Università di Baltimora. Si tratta di risultati prestigiosi – sottolinea il professore – ottenuti grazie alla grande collaborazione di tutta l’equipe medica ed infermieristica e alla lungimiranza di vari amministratori in più di quarant’anni di attività.
“La possibilità di impiegare farmaci innovativi e mirati ha migliorato decisamente la qualità di vita dei pazienti, facendo la differenza tra quello che possiamo considerare ‘vivere’ e ‘sopravvivere’ – spiega Locatelli – Una delle complicanze dei pazienti con insufficienza renale, ad esempio, è che essi diventano progressivamente anemici a causa della ridotta produzione renale di eritropoietina, una proteina prodotta naturalmente dai reni, la cui funzione è quella di stimolare il midollo osseo a produrre globuli rossi. Prima, per contrastare questo problema ci si affidava alle trasfusioni, ma da circa 20 anni sono subentrati i farmaci a base di eritropoietina e questo ha decisamente cambiato la vita dei pazienti che prima si sentivano costantemente stanchi”.
L’insufficienza renale è una patologia in costante aumento, per via del progressivo invecchiamento della popolazione e dell’aumento dell’obesità e del diabete, che complica il decorso di altre malattie come le malattie cardiovascolari e che può essere prevenuta grazie all’esercizio fisico moderato, la corretta alimentazione, il controllo del peso e della pressione e l’abolizione del fumo.
La patologia renale può manifestarsi tardi, al punto in cui la funzione dei reni è ormai prossima a cessare ed è ormai necessario pensare al trapianto o alla dialisi. In entrambi i casi, si tratta di scelte che oltre ad incidere notevolmente sulla vita del paziente hanno un impatto profondo anche sui costi per il sistema sanitario nazionale. “La scelta di impiegare terapie anche molto costose, oltre ad essere la migliore per la qualità di vita dei pazienti, risulta essere quindi anche la più vantaggiosa in termini di valutazione costi-benefici ”, conclude Locatelli.