‘Side eye’, ‘drip’, ‘npt’…Come parlano i giovani di oggi?

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linguaggio

Un piccolo viaggio nello slang dei giovani di oggi

Ecco le parole più trend (e quelle uscite di moda)

LECCO – Iniziando la chiacchierata con Clementina, 15 anni (anzi, una 08, come dicono i ragazzi della sua età), ho dovuto subito affrontare una prima, grande verità: il mio linguaggio da ‘giovane’ 33enne di giovanile ha ben poco. “Sono proprio una boomer”, dico un po’ sconsolata. Lei mi corregge subito: “In realtà boomer non si usa più”.

Il gergo dei giovani è sempre esistito ma proprio perché utilizzato dagli adolescenti, muta in fretta. Ho dovuto prenderne atto confrontandomi con Clementina che, vedendomi spaesata dopo due frasi, si è gentilmente offerta di aiutarmi ad orientarmi nello ‘slang’ di oggi. E’ stata una lezione tosta, non lo nego. Dopo tre parole già ero in difficoltà: “Non ho capito, ma ‘cute’ si usa ancora per dire che una cosa è carina o no?” “Assolutamente no!” “Ma lo dice sempre la Ferragni” ribatto io, “quelli della mia età mica seguono la Ferragni, non è così di moda”. Chissà se la sentisse, penso io, sorridendo.

Mentre parlavo con Clementina ho preso appunti, decisa a trasformare questa piccola lezione in un articolo da pubblicare proprio nei giorni in cui a Lecco si tiene il Festival della Lingua Italiana. Per ricordare che sì, l’italiano va tutelato, ma nel ‘calderone’ della nostra lingua rientra inevitabilmente anche lo slang dei giovani, fatto di un vocabolario originale e a volte incomprensibile, ma che a suo modo racconta “un’epoca” e i suoi cambiamenti. E chissà che magari questo piccolo vademecum non aiuti quelli che hanno qualche anno in più ad avvicinarsi alle giovani generazioni e a capirle, senza giudicarle.

ll gergo fuori moda…

La mia ‘insegnante’ ha subito precisato quali sono i termini ‘fuori moda’ (che io, ovviamente, pensavo fossero ancora correnti). Sono principalmente parole inglesi, utilizzate nei trend sui social, che i giovani ‘italianizzano’. ‘Boomer’ (persone non giovani e che fanno cose da vecchi), ‘cringe’ (imbarazzante), ‘cute’ (carino), ‘diabla o chica mala’ (cattiva ragazza), tutti da depennare: “Oggi è cringe dire cringe, se qualcuno lo dice o lo scrive ci imbarazziamo” mi spiega. Non si usa più tanto nemmeno ‘ghostare’ (ignorare qualcuno, es ‘quel ragazzo mi ha ghostato’, ha smesso di scrivermi/cercarmi), shippare (vedere bene insieme due persone, es ‘shippo un botto Matteo e Giovanna) e ‘crush’ (cotta, infatuazione), anzi, in questi casi si è tornati all’italiano, e non è l’unico caso, scopro con stupore. Anche ‘trash’ è passato di moda: “Io e le mie amiche diciamo che è brutto, disgustoso”.

Anche nello scritto alcune cose non si usano più: bandite tutte le abbreviazioni che, ricordo, andavano di moda quando facevo io il liceo ‘nn’ per ‘non’, ‘pk’ al posto di ‘perché’, ‘tt’ invece che ‘tutto’, ‘bn’ al posto di ‘bene’. Si salvano  invece quelle derivanti dall’inglese, come ‘k’ al posto di ‘ok’, ‘fr’ per ‘for real’ (davvero).

…e il gergo di moda

Arriviamo al cuore della lezione, le parole di moda. Il primo termine che mi appunto è ‘drip’ (che spacca, che è figo), riferito ad un outfit, accessorio, vestito: “Quanto drippa quella collana!”. Ma di moda tra i giovani oggi c’è anche ‘fare side eye’, letteralmente ‘occhio laterale’. “Quando qualcuno fa un commento inopportuno io e la mia amica ci scambiamo un’occhiata – mi spiega Clementina – se poi la cosa è proprio evidentemente fuori luogo o sbagliata lo diciamo ad alta voce, sospirando’. ‘Snitchare’ è un altro termine utilizzato significa ‘fare la spia, l’infame’. Un’altra sigla utilizzata dai giovani è npt, tradotto: ‘No parla tanto’, derivata direttamente da una canzone del rapper Baby Gang. C’è poi ‘dissing’. Questa la so, penso: “Fare dissing, cioè battibeccare – dice Clementina – per esempio io disso spesso con mia sorella” dice. Scopro poi che si usa ancora ‘maranza’ per indicare i ‘tamarri’.

Arriviamo poi all’età anagrafica: ho scoperto che gli adolescenti di oggi tra coetanei si definiscono con le ultime due cifre dell’anno di nascita: “Io sono 08, mia sorella 012” mi spiega Clementina. “Io cosa sono, nove zero?” chiedo, “No, si dice così per quelli nati dal 2000, prima no… è una cosa dei giovani”. ‘Capito? Dei giovani’ mi ripeto mentalmente.

Prima di congedarmi passiamo brevemente in rassegna anche l’uso dei social e della messaggistica, un altro mondo sconfinato in cui decido di non entrare, almeno per il momento. La lezione è stata utile ma mi sento un po’ frastornata. Nel salutare Clementina le chiedo se ‘bella zio’ si dice ancora. Pare proprio di no: “Ciao bro, ciao amo, noi ci salutiamo così”. Ne prendo atto, la risposta alla fine me l’aspettavo.

A scuola

Ma è vero che i giovani non sanno più esprimersi in italiano? Ho fatto questa domanda ad una docente che insegna alle superiori, per dare voce anche alla controparte scolastica. “Forse sono stata particolarmente fortunata con i miei studenti ma mi sento di rispondere di no, non è vero che non sanno esprimersi in italiano – risponde -. Fuori da scuola i giovani parlano la loro lingua, così come facevano quelli della mia generazione, ma in classe sanno che è diverso, hanno cioè la competenza di adeguare il linguaggio al contesto“.

Qualche scivolone capita, soprattutto nell’esposizione orale fanno più fatica a non usare i termini che usano quotidianamente – continua la docente – per esempio ricordo che una volta una ragazza durante l’interrogazione di storia aveva detto ‘A una certa scoppiò la guerra’. Un’altra cose che ho notato è che i ragazzi nel parlare hanno completamente sostituito l’articolo indeterminato (un-una) con l’aggettivo dimostrativo (questo, questa), cioè non dicono ‘Ho incontrato una persona’ ma ‘Ho incontrato questa persona’. C’è infine un uso improprio di ‘piuttosto che’ ma non mi sento di farne una questione generazionale dal momento che si sente dire ovunque, da tutti”.

“Sicuramente il lessico dei giovani si è impoverito, anche perché leggono meno, una gran parte del loro linguaggio è legato all’inglese – continua la professoressa – ma nel complesso penso che i ragazzi di oggi non siano veramente come vogliono farli apparire: aggressivi, svogliati e poveri di linguaggio. Certamente l’uso dei social, per quello che vedo, aumenta un’aggressività che sembra quasi doverosa da manifestare nei confronti degli interlocutori, ma i giovani sanno ancora adeguare il linguaggio al contesto e questa, ripeto, è una competenza importante”.