(S)Punti di Vista. Uno sguardo letterario su Pioverna e Orrido di Bellano

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RUBRICA – Carissimi lettori, bentrovati! Oggi vi propongo uno sguardo letterario sul torrente Pioverna e sull’Orrido di Bellano.

Il Pioverna è un corso d’acqua definito “contrario” in quanto il suo corso procede da sud verso nord; nasce dalla Grigna Settentrionale a 1.800 metri di altezza, attraversa praticamente tutta la Valsassina (in località Tartavalle forma la famosa cascata) per poi gettarsi nel lago all’altezza di Bellano; prima di sfociare le sue acque si incanalano nel famoso Orrido, spettacolo naturale raggiunto ogni anno da numerosi visitatori.

Forse non tutti sanno che Pioverna e Orrido sono stati oggetto di attenzioni letterarie; oggi vi propongo la descrizione che ne fanno lo scrittore Antonio Balbiani (Bellano 1838-1889) ed il poeta Giovanni Berchet vissuto a cavallo fra il 1700 ed il 1800.

Il primo dedica l’incipit del romanzo “Lasco il bandito della Valsassina” proprio al torrente dipingendone il corso e l’impetuosità:

“Ma torniamo a Bellano dove alle sciagure del Bargello e dell’esattore s’alleava un più terribile devastatore: la Pioverna. Scendendo dal monte Corneto, quanto è lunga la Valsassina da presso Introbio fin sotto a Taceno con ruinoso corso discorre, dopo aver accresciute le sue acque coi torrenti: Valle di Cremeno, Bobbia, Acquaduro, Troggia e Freggerola, finché si è aperto in profondissimi valloni a viva forza un letto, le cui alpestri e ripide sponde vietano quasi del continuo il potervisi valicare. Ma, giunte sopra Bellano, le rupi si restringono e per poco combaciano, senonché dal sommo all’imo le diparte una fenditura, intorno a duecento piedi profonda, su i cui margini è gettato un ponticello di pietra che congiunge la strada che mette alla Valsassina. Il rabbioso diuturno rodimento dell’acqua ha tagliato di tal guisa l’altissimo scoglio che mostra scabre e nude le ingenti sue spalle tranne dove qua e là vagamente le ammantano gli spinosi acanti e lunghi grappoli di pallida edera. Ma il fiume che, pel fesso della rupe, aperto si è il varco, molti obliqui seni o molti altri orridi anfratti ha scavato nel grembo e nel fondo di essa, e colà dentro vorticose giransi le onde e crucciose latrano in modo, che il domicilio della Notte e il ricovero quivi diresti essere della Paura. E poi che dai tetri baratri fuori  è sbucato il torrente, precipitoso gettasi al basso, grandissimo fragore menando” (Lasco il bandito della Valsassina sessant’anni dopo I promessi sposi, romanzo storico per Antonio Balbiani, Busi Marco editore in Cologno Monzese- tutte le citazioni virgolettate di questo articolo sono tratte dal testo qui indicato, n.d.s.).

Sia quella di Balbiani che quella di Berchet sono descrizioni che pongono l’accento sull’impetuosità del torrente e sulla spaventosità del luogo.

Così lo dipinge il poeta:

“…… Oh! Mira come
Dall’alpestre ciglion Cerca il torrente
L’onda del Lago, e giù per la scoscesa
China a gran salti furiando, l’aere
Fiocca di sprazzi e di muggiti assorda,
Pari all’ira dè tuoni. Orrendo é il Loco;
E dritto è ben se il Volgo Orrido il noma”.

Ai lettori che si fossero eccessivamente “spaventati” giova ricordare che la descrizione di Balbiani è antecedente al 1816 allorquando un’enorme scheggia di pietra si staccò dal monte “e schiacciò sotto di sè il ponticello che ad essa era appeso e a molto sole permise il varco negli antri scavati ove prima regnavano le tenebre”.

Giovanna Samà

 


 

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