Caso Unipol: condannato Berlusconi, indignata l’on. Brambilla

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LECCO – Un anno di reclusione: il processo Unipol, sulle intercettazioni telefoniche pubblicate da Il Giornale relative all’oramai nota telefonata tra Fassino e Consorte (“abbiamo una banca?”), è giunto stamane a conclusione con la pesante condanna nei confronti dell’ex premier Silvio Berlusconi per concorso in rivelazione di segreto d’ufficio.

Insieme al Cavaliere è stato giudicato il fratello Paolo Berlusconi, condannato anch’esso dal tribunale di Milano a due anni e tre mesi di reclusione per lo stesso reato, assolto invece per le accuse di ricettazione e millantato credito. In ogni caso, le accuse a carico di Silvio e Paolo Berlusconi dovrebbero andare in prescrizione dalla seconda metà settembre, difficile quindi che si riesca a celebrare l’appello.

I giudici  hanno stabilito anche un risarcimento di 80 mila euro che i fratelli Berlusconi dovranno versare a favore dell’ex segretario dei Ds Piero Fassino, che si era costituito parte civile. “E’ sempre più chiaro che vi è un tentativo di eliminazione di Silvio Berlusconi per via giudiziaria, essendo fallito quello per via elettorale e democratica. Il Pdl reagirà con tutta la forza di cui dispone per difendere la democrazia italiana” ha spiegato l’ex premier ai giornalisti dell’Ansa.

Sdegnata anche l’ex ministro Michela Vittoria Brambilla, che ha commentato con amarezza la sentenza: “In un Paese dove di regola le intercettazioni finiscono sui giornali a tempo di record, e certamente non perché i giornalisti le rubano ai magistrati, una delle rare condanne per rivelazione di segreto d’ufficio è inflitta a… Silvio Berlusconi, peraltro in base a un quadro probatorio insufficiente e contraddittorio. Credo che si sia passato veramente il limite. I magistrati di rito ambrosiano se ne facciano una ragione: sconfiggere un avversario politico è possibile solo sul terreno della politica. La giustizia è un’altra cosa”.