Mughini show a Leggermente, tra ‘900, giovani e comunicazione

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LECCO – Giunto in città par presentare il suo ultimo libro, “Addio gran secolo dei nostri vent’anni”, il noto opinionista ed ex giornalista ha intrattenuto i presenti con la sua solita ironia e il sarcasmo che da sempre lo contraddistinguono: un monologo a tutto tondo sul Novecento e sul presente, con tutti i pregi e i difetti del caso.

“E’ un libro scritto da uno che ormai ha i capelli bianchi – ha esordito Giampiero Mughini, presentando il suo nuovo lavoro – scritto da uno nato e plasmato dal Novecento, un secolo con due guerre mondiali, due crimini politici come il nazismo e il comunismo, una guerra fredda, il muro di Berlino e tanti altri conflitti: il Novecento, però, è stato anche il secolo che ha inventato nuovi linguaggi e risorse che oggi abbiamo a disposizione, dal computer alla televisione”. “Il mio – ha proseguito Mughini – è quindi un libro su un secolo pieno di cambiamenti, in cui rifletto e racconto alcuni aspetti del Novecento, anche se manca il capitolo su Steve Jobs, che pure ha inventato strumenti con cui l’umanità ha fatto balzi in avanti verso il progresso: non sarei stato capace di scriverlo, perché sono di una generazione diversa, che nutre un amore quasi erotico per la cultura cartacea”.

“Oggi invece – ha affermato Mughini – dobbiamo fare i conti con un secolo diverso, che ha subito profondi mutamenti, dalla paura dell’Islam post 2001 alle promesse straordinarie di un paradiso possibile fatte dalla società occidentale nel secondo dopoguerra, che oggi non possiamo più permetterci: quattro settimane di ferie, posto fisso assicurato, pensione pagata, sanità pubblica sono concetti che non esistono più”. “Per anni – ha continuato il noto opinionista – siamo stati plasmati dalla curvatura mentale del Novecento che ci diceva che saremmo andati sempre più avanti, con più roba a nostra disposizione; siamo figli dell’idea che prima o poi tutto si aggiusta, ma da un po’ di anni a questa parte non è più così: alcuni mestieri, come il professore di scuola, non esistono più, ormai si è verificata una rottura con il Novecento e la sua mentalità”.

“Una situazione del genere – ha osservato Mughini, andando a toccare un altro tema forte dell’incontro – rende difficile il dialogo tra generazioni diverse; personalmente mi sento a disagio con i giovani, ci stiamo incontrando in uno dei periodi peggiori della nostra storia, un periodo in cui ogni cosa dura il tempo di un click: quanto è durata la morte di Mennea? Non più di 24 ore, perché viviamo in un mondo che sta perdendo il contatto con la memoria e la consapevolezza”. “Per chi come me ha visto nascere il terrorismo e ha vissuto la violenza – ha spiegato ancora lo scrittore – esiste una memoria che non si cancella, siamo stati vaccinati contro ogni tipo di violenza: a me infastidisce anche solo un spintone, eppure in tv e sui social network imperano la religione dell’insulto e della violenza”. “Tuttavia – ha proseguito Mughini nel suo discorso – l’apologia delle facce nuove a tutti costi non mi piace: l’idea della rottamazione è servita a Renzi per farsi largo in campo politico, ma non è che in Parlamento al posto di Veltorni sia arrivato Michelangelo, anzi: l’idiota grillina che si è rifiutata di stringere la mano a Rosy Bindi andava condannata, perché non ha rispettato prima di tutto le idee, magari anche non condivisibili, di una persona che però ha un’esperienza e un bagaglio storico maturato nel tempo”.

Secondo l’autore, infatti, “tra le risorse di una società ci sono anche i talenti e le esperienze accumulate dalle generazioni precedenti: quando incontravi Pajetta sapevi di avere davanti uno che aveva passato dieci anni di carcere fascista, così come Andreotti capiva un tuo discorso da una sola parola: i grandi protagonisti del Novecento si formavano e si modellavano con la grande storia, non certo con i tweet di oggi!”.  “Dobbiamo capire che siamo tutti nella stessa barca – ha auspicato Mughini – e che sferrarci calci e pugni a vicenda non porta da nessuna parte. Onestamente non capisco fino in fondo questo tiro al bersaglio sulle carte d’identità: per fortuna fino ad oggi abbiamo avuto un presidente della repubblica che con i suoi 87 anni è stato il nostro baluardo, anche perché con la nostra democrazia siamo in una nave pericolante: la nostra non è affatto la democrazia migliore e queste ultime elezioni sono la cosa peggiore che poteva capitare a una nave pericolante”.

“In questa staffetta generazionale – ha concluso Mughni – credo che i libri terranno botta, ma con un ruolo di nicchia: oggi il 70% degli italiani non è in grado di comprendere a fondo un articolo di giornale e chi compra sei libri all’anno è considerato un lettore forte. Siamo di fronte a un cambiamento antropologico: il computer non va totalmente contro i libri, basti vedere lo splendido rapporto che c’è tra carta e comunicazione digitale in fatto di vendite online, però è anche vero che sul pc si leggono articoli non più lunghi di due pagine e persino le notizie politiche si fanno tenendo conto dei tweet: ricordiamoci soltanto che non è che siccome clicco, allora esisto!”