LECCO – Prosegue il tour di Day Hospital, la rubrica di Lecco Notizie dedicata al mondo della sanità alla scoperta dei reparti dell’ospedale Manzoni di Lecco. Lasciata la Radiologia (vedi articolo), ci spostiamo nella struttura complessa di Chirurgia Vascolare guidata dal dott. Giovanni Lorenzi.
Un reparto che ogni anno esegue tra i 350 e i 400 interventi chirurgici, prendendo in cura pazienti affetti da alterazioni nel sistema arterioso o venoso, che si tratti di pericolosi aneurismi o delle più innocue ma diffusissime varici delle gambe.
“Per il 90% della nostra attività ci occupiamo di patologie delle arterie – spiega il primario – molto più gravi rispetto alle malattie che intaccano le vene e purtroppo in crescente diffusione”.
Due le principali tipologie di patologie per le quali i sei medici del reparto si trovano con più frequenza ad operare: da un lato l’aterosclerosi, che tende ad ostruire le arterie compromettendo il regolare flusso sanguigno, dall’altro l’aneurisma che progressivamente dilata le arterie provocandone la rottura e quindi l’emorragia.
Se in quest’ultima patologia entra in gioco anche una predisposizione congenita del paziente, nell’aterosclerosi influiscono sensibilmente le abitudini di vita dell’individuo:
“Fumo, cattiva alimentazione, diabete, pressione alta sono tutti fattori che vanno ad incidere sulla malattia – sottolinea il dott. Lorenzi – Una patologia che colpisce più gli uomini ma negli anni anche numero di donne sta aumentando, perché anch’esse stanno acquisendo quei vizi una volta per lo più maschili. Gran parte dei pazienti ha un’età superiore ai 60 anni, ma gli eccessi fanno ammalare prima chi è predisposto. Per questo la chirurgia è solo una fase della cura e bisogna intervenire sui fattori di rischio, perché se noi medici operiamo ed una volta dimesso il paziente prosegue nei suoi comportamenti, facciamo un gesto inutile”.
Cento i casi di aneurismi, in particolare all’aorta addominale e toracica, operati dal team della Chirurgia Vascolare del Manzoni; altrettante anche le operazioni per le stenosi della carotide, ovvero il restringimento delle arterie carotidi che portano il sangue al cervello e che può generare l’ictus. Sono invece 150 i casi malattie arterie delle gambe, molto pericolose per i pazienti diabetici.
“Il nostro approccio è quello di utilizzare sempre più procedure mini-invasive, endovascolari, meno rischiose per il paziente ed ugualmente efficaci. La tecnica endovascolare non aggredisce l’arteria ammalata con incisioni, così come è per la chirurgia tradizionale, ma le raggiunge con minime incisioni o addirittura attraverso punture di un’arteria più lontana e più piccola; attraverso di questa si inseriscono dei cateteri, che vengono portati all’interno del vaso ammalato e lì vengono rilasciate endoprotesi, che come molle si espandono all’interno delle arterie malate, oppure con ‘stent’, che allargano le arterie ristrette così come fanno anche i cardiologi per le coronarie”.
Una presa in carico globale del paziente, con i suoi problemi e i suoi fattori di rischio che, come spiegato dal primario, fa del paziente vascolare un paziente cardiovascolare:
“Non di rado chi ha arterie malate nelle gambe o nelle carotidi ha anche il cuore malato. Per questo è necessario un approccio globale e sinergico: spesso ci troviamo ad operare con cardiochirurghi per correggere sia malattie delle coronarie che delle carotidi allo stesso tempo”.