Io non l’avrei intitolato così. È vero che Belle è uno dei personaggi più importanti di tutta la vicenda. Ma è anche vero che la voce narrante principale è Lavinia.
Belle e Lavinia, quindi. Due donne a confronto e in opposizione. La prima nera e schiava nell’America di fine Ottocento. La seconda bianca e padrona.
Il titolo originale, The kitchen house – difficile da tradurre in italiano – si apre su un mondo più vasto, quello della casa cucina abitata dagli schiavi neri che hanno un lavoro privilegiato – quale è, infatti, la fatica di servire nella casa padronale paragonata allo sforzo fisico nei campi? Nella casa cucina si aggirano tutti i personaggi che renderanno la vicenda unica.
Il romanzo incomincia dalla fine, nel 1810, con una scena fortemente drammatica, quando Lavinia arriva vicino alla grande quercia vede un corpo che pende da un ramo. Ma è solo alla fine che scopriremo chi è stato impiccato.
Il mondo di Belle è un romanzo femminile – Attenzione! Non ho detto femminista! – che mostra i soprusi che le donne (nere o bianche che fossero) hanno dovuto sopportare. In una società dominata dall’uomo bianco perfido, sleale e senza scrupoli, le voci di queste donne soggette a umiliazioni fisiche e psicologiche si fanno sentire sempre di più con una sola grande speranza: quella di essere riscattate.
Non solo! Non va assolutamente sottovalutato il personaggio di Meg, coetanea di Lavinia: non svolge un ruolo determinante nella storia, ma la sua passione per la botanica, la consapevolezza della propria superiorità intellettuale, la risolutezza nel sostenere il suo diritto all’autodeterminazione ne fanno una inaspettata antesignana del femminismo novecentesco.
La piantagione dove si svolge la nostra storia, infine, è una piccola società a sé stante, un luogo collocato in un tempo per noi troppo lontano: la solitudine, la partecipazione obbligata alla vita degli altri, rende questo libro uno spaccato della società dell’epoca.
Detto così, Il mondo di Belle (primo romanzo di Kathleen Grissom) può apparire uno dei tanti che hanno denunciato l’istituto della schiavitù negli USA; eppure non è così scontato come si potrebbe pensare.
È un romanzo ben scritto, con un doppio registro di linguaggio, e molto appassionante. Da leggere tutto d’un fiato.
Titolo originale: The Kitchen House
Editore: Neri Pozza
Pagine: 413
Prezzo: 18 €
Trama.
1790. Lavinia ha sette anni quando, coi genitori e il fratello più grande, lascia l’amata Irlanda e si imbarca su una nave diretta in America. Durante il lungo e faticoso viaggio i genitori muoiono. All’arrivo in Virginia suo fratello subisce la sorte riservata a numerosi orfani irlandesi partiti per cercare fortuna nel Nuovo Mondo: viene venduto dal Comandante della nave a una famiglia. A Lavinia spetta, invece, un destino diverso.
Il Comandante la conduce a casa sua, una magnifica casa padronale situata in una piantagione, e la consegna alla famiglia degli schiavi addetti alle cucine. Unica bianca in quel mondo, Lavinia viene di fatto adottata dai servitori neri: Mama Mae, Papa George, Dory, Ben, le gemelle Beattie e Fanny, che hanno la sua stessa età, e Belle, un’attraente, giovane donna, figlia illegittima del Comandante, che si prende maternamente cura di lei.
Lavinia cresce come una servetta ignara dell’abisso che separa le due razze. La sua famiglia di schiavi la ama e la tratta come una vera figlia. Finché è una bambina, Belle le cela opportunamente le verità del suo mondo: le lunghe assenze del Comandante, la dipendenza della padrona dal laudano, le punizioni inferte da Rankin, il sorvegliante violento e razzista. Le tace opportunamente che in Virginia chiunque abbia la pelle nera può essere picchiato, violentato, venduto e torturato nello stesso tempo. Le nasconde il fatto che lei ama Ben, ma che non può vivere con lui poiché, in quanto schiava, è soggetta a violenze, gravidanze indesiderate e soprusi di qualsiasi natura senza poter proferire parola.
Recensioni sulla schiavitù negli Stati Uniti: L’ultima fuggitiva – Lincoln
Francesca Numerati