L’Enpa: “I Comuni lecchesi rinuncino alla mattanza delle nutrie”

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    NUTRIA (1)LECCO – Ancora una volta le nutrie tornano nell’occhio del ciclone, additate come le cause del dissesto idrogeologico e degli ingenti danni all’agricoltura e la Regione, ancora una volta, adotta il provvedimento giudicato sbagliato dall’ENPA nella gestione del problema: abbattimento con ogni metodo, in ogni luogo ed in ogni tempo.

    Una possibilità che avrebbe attirato l’attenzione anche degli amministratori dei Comuni lecchesi tanto che il sindaco di Brivio, Ugo Panzeri, nei giorni scorsi ha riferito alla stampa di valutarne l’applicazione.

    “Le nutrie, al pari di moltissimi animali alloctoni (dal gambero della Louisiana al parrocchetto dal collare), sono state immesse nell’ambiente italiano a seguito di fughe e rilasci dagli allevamenti di animali da pelliccia, in cui si produceva la pelliccia di “castorino” e si sono riprodotte colonizzando il territorio di mezz’Europa – spiega l’Enpa – In Italia il fenomeno non è stato affrontato quando gli esemplari erano pochi e si vorrebbe risolvere il problema ora, con un’immotivata strage che sarà foriera solo di maltrattamenti agli animali, senza una risoluzione del problema. Nel nostro paese l’unico successo delle campagne di eradicazione compiuto su animali superiori risulterebbe essere soltanto quello ottenuto sul ratto nero sull’Isola di Montecristo, mentre tutte le altre attività di contenimento di animali autoctoni ed alloctoni si sono rivelati non solo inutili, ma hanno in alcuni casi prodotto un aumento della popolazione selvatica, come peraltro dimostra ampiamente il fallimento dei piani di contenimento delle cornacchie, una strage che è servita solo ad uccidere piccoli di rapaci notturni che usavano i nidi abbandonati dalle cornacchie grigie, specie in aumento”.

    ENPA lombardo valuterà se ricorrere contro questa legge che “non privilegia i metodi ecologici, aprendo la mattanza con tutte le armi possibili, comprese balestre, archi, pistole e addirittura con le carabine ad aria compressa, strumento quest’ultimo certamente inidoneo a provocare una morte indolore e rapida per l’animale”.

    “In questo modo – spiegano dall’ente protezione animali – si darà il via libera a un ingente speco di risorse pubbliche che non potranno portare alla risoluzione del problema, come è stato ampiamente dimostrato in altri paesi europei. Peraltro l’abbattimento delle nutrie non rappresenta una novità in quanto già negli anni scorsi era stato attuato con piani di eradicazione miseramente falliti. I soldi che saranno impiegati in questi piani di abbattimento, inutili e crudeli, avrebbero potuto essere usati per la tutela delle arginature fluviali e dei canali, limitando l’impatto della nutria sulle colture agricole”.

    ENPA ricorda comunque che la nutria, pur non essendo più tutelabile attraverso la legge sulla protezione della fauna omeoterma (legge 157/92) resta sempre tutelata dall’articolo 544 bis e ter del Codice Penale che sanziona il maltrattamento degli animali.

    Per questo l’ENPA si renderà parte diligente, anche attraverso le proprie Guardie Zoofile, nel segnalare all’Autorità Giudiziaria tutti i casi di maltrattamento che dovessero essere accertati durante le attività di contenimento previste dalla legge regionale.

    Inoltre, l’Ente animalista nei giorni scorsi ha scritto al presidente dell’Anci, Piero Fassino, ricordando che il tema della gestione delle varietà selvatiche ritenute problematiche è trattata all’art.19 della legge 157/97 “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per la regolamentazione dell’attività venatoria”, identifica regioni e province – e mai i comuni – come responsabili dell’attuazione delle misure e delle procedure da attuare per limitare i presunti danni.

    “L’ordinanza contingibile e urgente, secondo la cristallizzata giurisprudenza in materia, specifica che il ricorso a tale strumento è da considerarsi extrema ratio, quando i mezzi ordinari si palesino come insufficienti ed inadeguati – conclude l’Enpa – È necessario accertare la sussistenza di una situazione di effettivo pericolo di danno grave ed imminente per la incolumità pubblica, non fronteggiabile con gli ordinari strumenti di amministrazione attiva, a seguito di approfondita istruttoria con adeguata motivazione circa il carattere indispensabile degli interventi immediati ed indilazionabili: l’accertamento, cioè, deve fondarsi su prove concrete e non su mere presunzioni (ex multis: C.d.S. sent. 4968/2012, 5361/2012, 6366/2007, 868/2010, TAR Campania sent. 2266/2012)”.

    “In queste ordinanze – denuncia l’Enpa – non si esplicitano le ragioni per cui i mezzi ordinari utilizzati sarebbero inadeguati, nessuna istruttoria viene citata, né prova concreta è viene offerta. Così come non si esplicitano pareri scientifici, l’obbligatorio parere dell’ISPRA, censimenti, metodi non cruenti adottati caso per caso”.