Metastasi, i familiari di Trovato: “La verità su Mario e la 046”

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La pizzeria 046

martello giudiceLECCO  – Una normale pizzeria, con normali frequentatori e un normale guadagno, spesso affollata nei weekend: è stata descritta così la Pizzeria 046 di Via Pasubio a Lecco dai testimoni chiamati quest’oggi in aula per il processo “Metastasi” che vede imputati Mario Trovato, Saverio Lilliu, Antonello Redaelli, Massimo Nasatti, Antonino Romeo (ancora detenuti), Claudio Crotta e l’ex sindaco di Valmadrera Marco Rusconi.

“Covo” della presunta locale lecchese affiliata alla ‘Ndrangheta capeggiata, sempre secondo l’accusa, da Mario Trovato, fratello del boss ergastolano Franco Coco Trovato, la pizzeria era stata aperta nel dicembre 2005 e intestata ai figli di Mario, Giacomo e Stefania Scianna Trovato, ma vi aveva trovato lavoro tutta la famiglia: gli altri due figli Rolando e Franco, i genitori e lo zio Rosario, detto Sarino.

Un modo per riconciliarsi, dopo le vicende che avevano scosso la famiglia con l’arresto di Mario, come raccontato dal figlio Giacomo Trovato, il primo ad essere ascoltato per la difesa Trovato, rappresentata dal legale Marcello Perillo.

Arrestato nel dicembre 2006 nell’ambito della maxi inchiesta “Oversize”, Giacomo Trovato era uscito dal carcere nell’aprile 2011 per essere quindi ri-arrestato nell’ottobre scorso e condannato definitivamente all’ergastolo per l’omicidio in concorso con ignoti dell’ex pugile Francesco Durante (leggi articolo).

 “Papà era uscito dal carcere e avviare un’attività ci era sembrata una buona idea per stare tutti insieme e rasserenarci” ha raccontato in aula Giacomo Trovato che ha quindi descritto il funzionamento della pizzeria. “Io e Scianna, soci al 50%, ci occupavamo dei rapporti coi fornitori e stavamo in cassa ma quando mi hanno arrestato le mie mansioni sono passate ai miei fratelli. Mio zio Rosario faceva le pizze ma lo aiutavano anche i miei genitori. Mio papà faceva un po’ di tutto, dalle pulizie alle pizze alla cucina all’aiuto in sala. Nei weekend la pizzeria era più frequentata e ci avvalevamo di dipendenti a chiamata”.

Riguardo agli imputati, in gabbia col padre, Giacomo Trovato ha dichiarato di avere buone conoscenze poiché tutti frequentatori della pizzeria: “Di solito venivano la sera, a volte insieme, a volte soli o con le proprie famiglie. Di tanto in tanto si organizzavano delle mangiate in compagnia, e venivano anche venti persone”. Fra queste emersi i nomi di Ernesto Palermo e Claudio Bongarzone ma anche di altri avventori come i fratelli Fumagalli e Luigi Isimbaldi.

 

La pizzeria 046
La pizzeria 046

 

Un contesto definito conviviale e soprattutto normale, con la tavolata preparata tra gli altri tavoli del locale, occupati dai clienti: nessuna disposizione fissa dei posti, nessun argomento strano (ignota la natura della DBM Electronics di Bongarzone e Crotta così come il progetto Lido di Parè) e nessun prezzo di favore: “Quello che mangiavano pagavano – ha sottolineato Giacomo su richiesta del difensore – magari si faceva qualche sconto, alla fine ci conoscevamo ed erano clienti abituali, ma tutti hanno sempre pagato tutto.”

Le stesse circostante sono state descritte da Luigi Isimbaldi, amico di Mario Trovato dai tempi del liceo, frequentatore della 046: “Capitava che ci trovassimo insieme a fare l’aperitivo al Napoleon – ha raccontato – e poi andavamo a mangiare la pizza. A volte eravamo una bella compagnia, a cena si beveva qualcosa e si parlava del più e del meno, calcio, barzellette, si sghignazzava parecchio. Era tutto normale”.

In aula anche il fratello di Mario Trovato, Rosario, incensurato. Pizzaiolo di professione era stato assunto dal nipote Giacomo in occasione dell’apertura della 046 dove veniva retribuito con regolare busta paga (1500-1600 euro lo stipendio medio mensile). Anche la sua testimonianza ha tratteggiato in maniera pulita l’attività del fratello e della pizzeria: “Mario arrivava in pizzeria al mattino presto per le pulizie, poi aiutava in cucina, a pranzo serviva in sala e la sera andava via verso le dieci, un po’ prima della chiusura. Non gestiva la cassa ne i soldi, quello lo facevano Scianna e Giacomo, Mario non si interessava di queste cose”.

Chiamata a testimoniare infine la compagna di Mario Trovato, Alexandra Ivashkova, coimputata insieme ad altre undici persone nel secondo filone del processo Metastasi, in corso presso il Tribunale di Milano. Diverse le accuse che a vario titolo pendono su di loro, tra le quali concorso nei reati di riciclaggio, trasferimento fraudolento di beni e impiego di denaro e beni di provenienza illecita.

Nel corso della deposizione la donna ha parlato del suo rapporto con Mario, incalzata dalle domande degli avvocati Perillo e Saporiti (quest’ultima parte civile) e del Pubblico Ministero Bruna Albertini.

Dal “Petit Cafè”, bar in Via Risorgimento comprato dalla coppia per farla lavorare, all’acquisto di macchine di lusso, la Ivashkova ha quindi descritto la giornata tipo di Mario Trovato (sveglia presto, un po’ di corsa o allenamento in palestra, quindi in pizzeria a lavorare, una pausa al pomeriggio e di nuovo in pizzeria fino alle dieci), tratteggiando il compagno come un uomo preso dal lavoro, che se impegnato non rispondeva al telefono e, dal punto di vista economico, non troppo benestante: “Mario aveva i soldi necessari per vivere” ha dichiarato. Tant’è che, come raccontato, la costosa Mercedes acquistata nel 2011 – dal valore di 31.900 euro – era stata pagata per la maggior parte coi suoi risparmi e tra i passatempi dei due non c’erano viaggi in posti esotici o gite fuori porta in lussuosi hotel: “Siamo stati tre volte in Calabria per trovare i suoi parenti – ha ricordato la donna – e spesso uscivamo a cena ma in ristoranti di suoi amici, nulla di particolare”.

Un quadro discordante, quello emerso nell’udienza di giovedì, con quanto sostenuto dall’accusa. Ancora due le udienze in calendario prima della pausa estiva, nel corso delle quali sarà la volta degli altri testimoni della difesa. Quindi, a settembre, sarà la volta dell’esame degli imputati.